È accusato di corruzione internazionale Indagato Scaroni, capo dell'Eni Una tangente da 197 milioni ad autorità algerine Gli sviluppi dell'inchiesta sulle tangenti pagate dalla Sapiem alle autorità algerine per ottenere l'appalto per la costruzione di otto gasdotti e impianti di trattamento di Gpl rischiano di travolgere l'intero vertice Eni. Il 7 febbraio scorso su ordine dei procuratori milanesi Fabio De Pasquale, Giordano Baggio e Sergio Spadaro, anche il nome di Paolo Scaroni, il boss piazzato da Berlusconi nel 2005 a capo dell'Eni, è finito nel registro degli indagati con l'accusa di corruzione internazionale. Nelle stessa giornata la Guardia di Finanza ha perquisito gli uffici di Scaroni a Roma, la sua casa di Milano e gli uffici dell'Eni a San Donato. Scaroni, che guadagna uno stipendio da nababbo vicino ai 5 milioni di euro all'anno, non è nuovo a questo tipo di pratiche corruttive. La sua carriera comincia come manager nella società di ingegneria Techint. Nel 1992 viene arrestato con l'accusa di aver pagato tangenti al Psi per ottenere un appalto Enel. Nel 2002 sempre Berlusconi lo nomina a capo dell'Enel e poi nel 2004 lo nomina anche cavaliere del lavoro. Insieme a Scaroni risultano indagati anche altri 7 dirigenti del colosso energetico italiano partecipato al 30% dallo Stato. Si tratta di Pietro Varone, Antonio Vella e Nerio Capanna, dirigenti Saipem, e i vertici che si erano già dovuti dimettere a dicembre: l'ex ad Pietro Tali, l'ex direttore finanziario Alessandro Bernini e l'ex dirigente Tullio Orsi. Indagato anche Farid Bedjaoui a capo della società di Hong Kong Pearl Partners Limited che, secondo le ricostruzioni dei magistrati, ha raccolto prima del 2009 una maxi tangente da 197 milioni di euro da pagare a varie autorità algerine in cambio di una commessa (8 contratti in tutto tra il 2007 e il 2009) da 11 miliardi di dollari assegnati alle società italiane. In particolare per la costruzione del gasdotto Medgaz e del progetto Mle che Saipem sta realizzando in joint venture con la Sonatrach, l'azienda statale algerina dell'energia. Gli inquirenti ipotizzano che Scaroni già nel 2007 avesse partecipato almeno a due incontri con l'intermediario Bedjaoui a Parigi. Altri incontri tra Bedjaoui, Varone, Bernini e esponenti di società algerine sarebbero avvenuti all'Hotel Bulgari di Milano. E ciò fa pensare che ci siano stati altri versamenti, che i 197 milioni scoperti fino ad oggi siano solo la punta di un iceberg e che l'ammontare delle tangenti sia ben più alto e possa raggiungere cifre astronomiche. Del resto non è certo la prima volta che Saipem è al centro di fatti di corruzione inerenti le commesse estere. È in corso a Milano un processo per corruzione internazionle che riguarda le attività della società in Nigeria. L'Eni è la diciassettesima azienda del mondo ed è la prima impresa italiana. Si occupa di petrolio, gas ed energia. Lavora in 85 paesi, impiega 79 mila addetti e ha 100 miliardi di fatturato annuo. Con Shell, Exxon, Bp, Chevron, Total e Gazprom si spartisce il mercato dell'energia che è capace di determinare le scelte politiche di governi e stati. L'inchiesta, avviata quattro anni fa, parte dalla Nigeria, da una joint venture, la Tskj, nata per lo sfruttamento di gas nel paese africano. Per garantirsi l'appalto, Saipem tra il 1994 e il 2004, versa 182 milioni di tangenti a politici locali. Da qui, i magistrati si concentrano sul ruolo dei "local agent", figure che medierebbero con i potenti locali per il buon esito degli affari. Dalla Nigeria, l'obiettivo si sposta in Iraq, Azerbaijan, per finire all' Algeria. In questi mesi, attraverso rogatorie internazionali e interrogatori, i pm si convincono di aver individuato responsabilità via via sempre maggiori su chi ha avvallato questo "sistema". Gli inquirenti ritengono che Bedjaoui sia proprio "il contatto che si occupava di distribuire il denaro versato da Saipem a titolo di corruzione". 27 febbraio 2013 |