Duetto tra i due aspiranti premier Intesa Fini-Veltroni sulle "riforme" Fare un pezzo di strada insieme aspettando la sfida che li potrebbe vedere contrapposti nella corsa per Palazzo Chigi nella stagione del "dopo Prodi-Berlusconi". È quanto si stanno ripromettendo di fare il neopodestà di Roma Walter Veltroni e il leader di AN Gianfranco Fini, ossia, nientemeno che gli allievi, rispettivamente, del segretario del PCI Enrico Berlinguer e del fucilatore di partigiani e fondatore del MSI (erede del partito fascista) Giorgio Almirante, ovviamente nel più totale disprezzo della pregiudiziale antifascista. Il terreno di dialogo: le "riforme", da quella elettorale a quella costituzionale, con le quali inoculare un'ulteriore dose di presidenzialismo nella ormai moribonda repubblica parlamentare per affossarla definitivamente. Un tema caro a entrambi i protagonisti e sul quale le convergenze sono molte di più che le differenze. Tant'è che durante le feste di natale Veltroni e Fini si erano contattati e trovati d'accordo nell'organizzare un convegno per il 30 gennaio a Roma con il quale riprendere il filo della controriforma costituzionale stoppata dal referendum dello scorso giugno e lanciare la proposta comune che prevede riforma elettorale e "ritocchi" alla Costituzione. All'organizzazione ci ha poi pensato la fondazione Nuova Italia di Gianni Alemanno (AN), con una tavola rotonda espressamente dedicata alla riforma elettorale "da fare insieme", a cui hanno preso parte, tra gli altri, anche Vannino Chiti (DS) e l'ex ministro degli Interni, Giuseppe Pisanu (FI). Alla prova dei fatti, il feeling tra i due c'è, eccome se c'è. Strette di mano, sorrisi, riconoscimenti reciproci, scambi di applausi e di cortesie, stanno a dimostrare l'affiatamento della "strana" coppia. Su tutto è emerso in maniera univoca l'interesse comune di salvare il bipolarismo. "A Fini e a me - esordisce Veltroni - non ci può essere rimproverato di aver cambiato idea, perché è dal '93 che siamo convinti che il Paese ha bisogno di una democrazia in cui sono i cittadini a scegliere il governo". Entrambi dunque pensano a un rafforzamento del premier e a un drastico ridimensionamento del potere di ricatto dei piccoli partiti. "Un Paese moderno ha bisogno di una democrazia che decida: non è virtuoso un Paese - sostiene Veltroni - nel quale partiti del 2% possano essere arbitri del governo". Quanto al sistema elettorale se Veltroni si fa sponsor del sistema comunale (il maggioritario a doppio turno), ossia di quella che è stata definita la riforma del "sindaco d'Italia", il neofascista Fini fissa i paletti sostenendo che il "sistema che si sceglie dipende da come si attribuisce il premio di maggioranza. L'ipotesi di turno unico o doppio turno è collegabile, più che alla propensione degli elettori di centrodestra o centrosinistra ad andare a votare al secondo turno, a come si assegna il premio di maggioranza, che è fondamentale per la governabilità". Un altro punto fondamentale che accomuna Fini e Veltroni è la necessità di accompagnare la riforma elettorale con una modifica costituzionale che rafforzi il ruolo del premier. Fini infatti non crede "all'opportunità di una riforma elettorale senza un parallelo intervento sulla forma di governo". Veltroni concorda: "C'è bisogno della legge elettorale ma anche di innovazioni costituzionali". La sponda la fa il ministro Chiti che riferisce circa la disponibilità a "circoscritte innovazioni costituzionali". Ma è Veltroni a mandare in brodo di giuggiole la platea di ex missini quando, per allontanare da sé le voci di "inciucio" tra i due aspiranti premier, sostiene che il tema della riforma elettorale, di una democrazia dell'alternanza va affrontato fuori dallo schema "destra-sinistra" ma "da italiani. "Cerchiamo per una volta di guardare realisticamente agli interessi nazionali - afferma Veltroni -. Non deve sorprendere che persone di differenti schieramenti abbiano a cuore gli interessi nazionali. Negli Stati Uniti è così, sono in primo luogo americani. Prima della durezza del confronto programmatico viene l'interesse generale del Paese". Del resto che Veltroni abbia fatto breccia nei cuori degli ex missini, in particolare a Roma, non è un mistero per nessuno, visto che si guadagna da mesi paginate elogiative del Secolo d'Italia sulle mille iniziative culturali della città. Tanto che qualcuno al convegno, osservando gli scroscianti applausi del pubblico a Veltroni commentava: "Walter ha problemi con i compagni, mica con i camerati". Quel che emerge chiaro è che in attesa del 2011, un rinnegato del comunismo e un neofascista si stanno tirando la volata a vicenda, per affermarsi alla leadership dei rispettivi schieramenti e battere sul tempo eventuali candidati. 28 febbraio 2007 |