Al referendum sul famigerato patto fiscale imposto dalla Ue In Irlanda vota solo la metà dell'elettorato "Il popolo irlandese ha inviato un risoluto messaggio al mondo, dimostrando che questo è un paese seriamente intenzionato a superare le difficoltà economiche", ha affermato il primo ministro Enda Kenny commentando i risultati del referendum dell'1 giugno sul nuovo patto fiscale imposto dall'Unione europea (Ue) approvato dal 60,4% dei votanti contro il 39,6% di no. Governo di Dublino e Ue hanno tirato un sospiro di sollievo per un risultato incerto nei sondaggi e a fronte della consultazione del 2008 che aveva bocciato il Trattato di Lisbona; approvato solo nell'ottobre 2009 al secondo tentativo. Il messaggio lanciato dal popolo irlandese però non è esattamente quello richiamato dal primo ministro a fronte di una diserzione delle urne di metà dal corpo elettorale. In valori assoluti il 60% dei sì vale il 30%, come dire che neanche un elettore irlandese su tre ha approvato il famigerato Fiscal Pact. La metà degli elettori ha disertato le urne e quasi un altro 20% ha detto di no fra i quali una buona parte della base laburista e dei giovani. In particolare sono stati gli elettori delle città che hanno detto no al Fiscal Pact mentre il sì ha prevalso nelle campagne; nella capitale Dublino la bocciatura è prevalsa nei quartieri operai mentre l'accordo è passato nei quartieri borghesi. La bocciatura del patto fiscale europeo in Irlanda non ne avrebbe bloccato l'attuazione dato che per la sua approvazione è sufficiente l'approvazione di 12 dei 17 paesi dell'eurozona. Ma sarebbe stato un segnale forte contro la cura di lacrime e sangue imposta dai governi europei per far pagare la crisi economica alle masse popolari. Avrebbe anche privato l'Irlanda della possibilità di accedere ai fondi d'emergenza della Ue quando nel 2013 scadrà il pacchetto di misure di soccorso da 85 miliardi di euro già stanziate per salvarla dalla bancarotta. Questo è stato l'argomento principale usato dal vasto fronte del sì che comprendeva sia il governo che il maggiore partito d'opposizione e il primo ministro Enda Kenny, alla guida di un governo di coalizione Fine Gael-Labour, ha ripetuto per tutta la durata della campagna elettorale che il patto doveva essere approvato "se non vogliamo fare la fine della Grecia". Dal 2008, dall'inizio della crisi, il governo ha tagliato il bilancio statale di oltre 24 miliardi di euro ma il deficit invece di ridursi è praticamente raddoppiato fino a quasi 25 miliardi di euro, il debito ha raggiunto livelli italiani pari al 120% del prodotto interno lordo (pil) e la disoccupazione è schizzata al 15%, pari a 500 mila lavoratori. E non sarà l'applicazione del patto fiscale a raddrizzare il bilancio nazionale, trascinato verso la bancarotta dalla crisi economica. 4 luglio 2012 |