Spalleggiata dagli Usa di Obama Israele minaccia di attaccare l'Iran "La possibilità di un attacco militare all'Iran è ormai più vicina a essere realizzata di quanto non lo sia il ricorso all'opzione diplomatica", affermava il 3 novembre scorso il presidente israeliano Shimon Peres; "a quanto pare - sottolineava il leader sionista - l'Iran si avvicina alle armi nucleari. Nel tempo che resta dobbiamo esigere dai paesi del mondo di agire, e dire loro che devono rispettare gli impegni che hanno assunto, e far fronte alle loro responsabilità, sia che si tratti di sanzioni severe sia che si tratti di una operazione militare". La minaccia di un attacco all'Iran da parte degli imperialisti sionisti arrivava nel crescendo di una campagna di Tel Aviv contro il governo di Teheran spalleggiata dall'alleato imperialista americano. I due Nobel per la pace Peres e Obama dirigevano all'unisono un coro bellicista cui si associava perlomeno l'inglese Cameron. Il riferimento di Peres alle armi nucleari iraniane era supportato dall'uscita pilotata delle prime notizie sul rapporto dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea), annunciato per l'8 novembre, che sostiene l'esistenza di "elementi credibili" sul fatto che Teheran conduce ricerche per ottenere "ordigni nucleari". Il governo iraniano, accusa il rapporto, "potrebbe aver pianificato e avviato sperimentazioni preparatorie che sarebbero utili nel caso in cui volesse condurre un test per un ordigno nucleare". Le fonti che hanno passato gli "indizi schiaccianti e convergenti", tra i quali foto dei satelliti spia, ai tecnici dell'agenzia diretta dal giapponese Yukiya Amano sono i servizi segreti dei paesi occidentali. E tanto basterebbe per renderli quantomeno dubbi. Il governo iraniano ha definito il rapporto Aiea di "scarso spessore" e "inaffidabile", basato tra l'altro su documenti vecchi di quasi dieci anni. Il ministro degli Esteri della Repubblica islamica, Ali Akbar Salehi, ribadiva che per l'Aiea "la questione del nucleare iraniano non è tecnica o legale, ma interamente politica. Se l'Agenzia la affrontasse da un punto tecnico o legale, allora dovrebbe dire che tutto è trasparente". Sulle anticipazioni del rapporto Aiea si era basata la campagna di stampa in Israele per sollecitare l'appoggio all'intervento militare già deciso a Tel Aviv. Il 6 novembre Peres tornava all'attacco: "l'Iran è il principale pericolo sia per Israele che per il mondo intero perché è sempre più prossimo a dotarsi di armamenti nucleari". Il primo ministro Benjamin Netanyahu ripeteva che l'opzione militare era l'unica in grado di fermare il programma nucleare iraniano. Una iniziativa per la quale agli inizi di novembre gli aerei israeliani si sono addestrati assieme ai caccia della Nato di stanza a Decimomannu, in Sardegna. L'esercitazione denominata Vega 2011, ha visto caccia israeliani, italiani, tedeschi e olandesi esercitarsi ad "attacchi a lungo raggio", come quelli necessari per colpire l'Iran. A sostegno delle posizioni belliciste dei sionisti si schierava anche la Gran Bretagna di Cameron. Il 3 novembre diversi quotidiani inglesi riportavano dichiarazioni del tipo : "il ministro della Difesa britannico ritiene che gli Stati Uniti possano decidere di far progredire i piani per un attacco missilistico mirato a qualche impianto chiave in Iran. I funzionari britannici dicono che, se Washington dovesse spingere oltre, cercherà e ricercherà un aiuto militare britannico per qualsiasi missione, [...] I pianificatori militari britannici stanno esaminando dove meglio schierare le navi della Royal Navy e i sottomarini equipaggiati con i missili cruise Tomahawk nei prossimi mesi." Sta di fatto che Obama non stava a guardare e avviava la macchina militare americana basata sui due gruppi navali nel Golfo Persico e nell'Oceano Indiano. Per non parlare della cooperazione tra i servizi di Washington e Tel Aviv nella guerra cibernetica per sabotare gli impianti di arricchimento iraniani, così come nell'assassinio di diversi scienziati nucleari iraniani negli ultimi anni. La principale preoccupazione, avvertivano da Washington, derivava dall'eventualità di non essere avvertiti preventivamente nel caso in cui Israele attaccasse l'Iran. Nei progetti della Casa Bianca non è escluso un attacco militare all'Iran, quantomeno per "dare una lezione" al governo iraniano che si oppone alle politiche imperialiste e sioniste nella regione. L'amministrazione Usa ha moltiplicato gli sforzi per attaccare Teheran nell'ultimo periodo, a partire dalle accuse lanciate lo scorso 11 ottobre contro un fantomatico piano iraniano di uccidere l'ambasciatore dell'Arabia saudita a Washington tramite sicari reclutati tra narcotrafficanti messicani. A distanza di un mese non sono ancora uscite prove serie di tale congiura, anzi alcune indagini hanno rivelato il ruolo ambiguo dell'agente-informatore dei servizi che ha scoperto il complotto e perfino un consigliere del governo saudita si è detto scettico sulla veridicità delle accuse. Eppure per Obama il piano era "senza dubbio" da ricondurre agli iraniani e agli alti responsabili del governo di Teheran e quindi era necessaria una risposta, non esclusa quella militare. A fine ottobre il sottosegretario al tesoro David Cohen girava per le capitali europee per sostenere la necessità di nuove sanzioni all'Iran raccogliendo poche adesioni. I sospetti sul programma militare iraniano non sono mai stati provati e l'Aiea continua ad avere accesso agli impianti atomici iraniani. L'Iran non ha obbedito al Consiglio di sicurezza dell'Onu, che gli aveva intimato di sospendere l'arricchimento dell'uranio perché ne aveva pienamente diritto, come previsto dal Trattato di non proliferazione, cui aderisce. Al contrario di Tel Aviv che oggi si erge a giudice e boia, che ha sviluppato il proprio arsenale nucleare in piena illegittimità ma nessuno osa contestarglielo. Figurarsi l'Aiea il cui rapporto cade, guarda caso, come il cacio sui maccheroni per rilanciare le accuse all'Iran. All'offensiva di Tel Aviv e Washington cercava di porre un freno la Francia, che a partire dalla guerra alla Libia vuol dire la sua nell'area Mediorientale. Il 7 novembre il ministro degli Esteri Alain Juppè, affermava che l'eventuale attacco militare al'Iran potrebbe creare una "situazione totalmente destabilizzante nella regione". Anche il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, affermava che "non ci può essere alcuna soluzione militare al problema del nucleare iraniano", "la nostra posizione su questo punto è ben nota, sarebbe un errore molto grave, dalle conseguenze imprevedibili". Le stesse cose che aveva detto prima dell'aggressione imperialista alla Libia cui Mosca ha assistito senza batter ciglio. 9 novembre 2011 |