In 19 città Un milione di israeliani nelle piazze contro il governo e per la giustizia sociale Lo scorso 7 agosto almeno in almeno 250 mila avevano partecipato alle manifestazioni contro il caro vita, per chiedere affitti più bassi, salari minimi più alti, scuole gratuite che si erano svolte in molte città del paese; era stata la più grande manifestazione fino allora registrata in Israele. La protesta era proseguita nei giorni successivi con manifestazioni nelle città più piccole, si era interrotta ma solo momentaneamente a fine mese in corrispondenza della rappresaglia nazista su Gaza decisa dal premier Benyamin Netanyahu e aveva ripreso fiato in preparazione di una nuova grande manifestazione programmata per il 3 settembre. Quando al grido di "il popolo richiede giustizia sociale", un milione di manifestanti ha riempito le piazze di 19 città; oltre 400 mila solo a Tel Aviv, molto partecipate anche le manifestazioni a Gerusalemme e a Haifa. La protesta sociale più massiccia nella storia di Israele ha visto protagonisti non solo attivisti politici ma soprattutto giovani e anziani, studenti, lavoratori, intere famiglie, tanti con le magliette con disegnata una casa quale simbolo della lotta contro il caro alloggi. Per ore le piazze delle città hanno risuonato di canti e degli slogan del movimento, con in primo luogo "Dimissioni, dimissioni", rivolto al governo Netanyahu. La protesta era partita a fine giugno per iniziativa di decine di giovani, gli indignati israeliani, che piantavano le tende a Tel Aviv, lungo Boulevard Rotschild, protestando per il caro affitti. Una protesta che si è allargata in poco tempo per rivendicare più fondi per case, istruzione, salute e ha messo in difficoltà il governo di Netanyahu che dopo la manifestazione dei primi di agosto ha incaricato una commissione di economisti di raccogliere le richieste dei manifestanti. Alcune richieste sono arrivate alla commissione ma il governo si è limitato solo a promettere investimenti a favore di alloggi, istruzione e salute ma non ha fatto nulla. Le tendopoli allestite a Tel Aviv e nelle altre grandi città sono state smontate ma la protesta non è finita, anzi ha preso forza con le manifestazioni del 3 settembre dove nelle piazze è echeggiata la richiesta di dimissioni del governo. Gran parte del bilancio statale è dedicato alle spese militari per garantire l'occupazione dei territori palestinesi e combattere la resistenza, per finanziare la costruzione e la protezione delle colonie che rafforzano l'occupazione nella Cisgiordania; una priorità per i governi di destra come per quelli di "sinistra". Una questione importante con la quale inevitabilmente il movimento di protesta, sviluppato finora sulla base di rivendicazioni sociali, dovrà fare i conti. 7 settembre 2011 |