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Ottantotto anni fa inviati da Mussolini, oggi da Berlusconi: i militari italiani tornano in Libia
L'Italia di Berlusconi e Napolitano bombarda la Libia
Primo passo per rioccupare l'ex colonia assieme agli altri aggressori imperialisti
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Subito dopo quelli di Gran Bretagna e Francia anche il governo italiano ha annunciato che invierà "consiglieri militari" in Libia. L'annuncio è stato fatto il 20 aprile dal ministro della guerra, il fascista La Russa, dopo la visita a Roma del presidente del Consiglio nazionale di transizione libico (CNT), Mustafà Abdul Jalil, dove ha incontrato Berlusconi e Napolitano per chiedere un maggior impegno dell'Italia a sostegno dei ribelli nella guerra per sconfiggere le truppe di Gheddafi. Richiesta subito accordata dai due con l'impegno a inviare soldati italiani sul terreno, anche se con l'etichetta di istruttori militari; e anche, come è stato annunciato solo dopo qualche giorno, a partecipare ai bombardamenti della Nato.
Che possa trattarsi di un primo passo che ricorda sinistramente altri precedenti storici, come per esempio l'avvio della guerra nel Vietnam, è stato messo in evidenza da alcuni parlamentari britannici, e anche il ministro degli esteri russo Lavrov ha ammonito i tre governi europei sul rischio di escalation militare rappresentato dall'invio di istruttori militari: "In altri casi - ha detto - tutto è iniziato con l'invio di consiglieri militari, poi le cose si sono protratte per anni, con centinaia di migliaia di morti da entrambe le parti". Un ammonimento a cui hanno sembrato far subito eco le minacce del sanguinario dittatore Gheddafi a "l'Italia, la Gran Bretagna, la Francia e gli altri Stati neocrociati (che) devono stare attenti alle conseguenze di una simile decisione"; il quale ha anche fatto sapere che "tutti i cittadini, uomini e donne, hanno ricevuto armi per fermare l'invasione dei terroristi".
Nel dare l'annuncio il ministro La Russa ha cercato palesemente di minimizzare la gravità e l'impatto della decisione di inviare militari italiani in Libia, per la prima volta dopo la fine della dominazione coloniale fascista del Paese africano. Infatti ha farfugliato che questi "non hanno niente a che vedere con i consiglieri militari, e non saranno carabinieri, visto che devono aiutare un esercito. Sono semplicemente degli istruttori, cioè delle persone che danno nozioni di come un soldato deve muoversi e deve usare gli strumenti a sua disposizione". Alzi la mano chi ci ha capito qualcosa. Poi per confondere ulteriormente le acque ci ha aggiunto la ripetizione dell'ipocrita posizione del governo secondo cui "noi continueremo a mettere a disposizione degli alleati le nostre sei basi dove sono presenti circa 200 aerei della coalizione, ma non bombarderemo: i nostri aerei volano per mettere in sicurezza i bombardieri degli alleati azzerando i radar del regime". Azzerandoli con cosa? Ad ogni modo sono bastati pochi giorni per far cadere anche quest'ultima foglia di fico, quando il neoduce ha annunciato giusto in coincidenza con il 25 Aprile di aver accolto l'appello di Obama affinché anche l'Italia partecipi a pieno titolo ai bombardamenti della Nato sulla Libia. Decisione che il PD, per bocca di Bersani, si è detto subito disponibile ad appoggiare in parlamento, e che il nuovo Vittorio Emanuele III, l'interventista Napolitano, si è compiaciuto di definire "uno sviluppo naturale".
Sia l'invio di militari italiani sul territorio libico sia la decisione di bombardare quel Paese rappresentano un fatto di una gravità e pericolosità senza precedenti da almeno ottantotto anni a questa parte, cioè da quando nel 1923 Mussolini vi inviò un corpo di spedizione, agli ordini del generale Bongiovanni e con l'ordine esplicito di "pestar sodo", per riprendere il pieno controllo italiano della Tripolitania e della Cirenaica che si era allentato negli anni successivi alla prima guerra mondiale, dopo la conquista coloniale giolittiana del 1911-12.
Per domare la rivolta e la guerriglia delle tribù senussite le truppe fasciste non esitarono ad applicare la politica della "terra bruciata", deportando intere popolazioni e ricorrendo a massicci bombardamenti aerei, anche con l'uso di gas proibiti dalla convenzione di Ginevra. Con la nomina del generale Badoglio a governatore unico della Libia nel '28 e le feroci campagne militari del generale Graziani, successivamente nominato anche governatore, incarico poi passato al gerarca Italo Balbo, Mussolini ordinò di stroncare definitivamente e con ogni mezzo la resistenza del popolo libico: dai bombardamenti indiscriminati sulla popolazione alle deportazioni di massa, dai campi di concentramento all'incendio dei raccolti e i massacri del bestiame per affamare la popolazione, dall'avvelenamento dei pozzi ai massacri di intere tribù sospettate di aiutare gli insorti.
Secondo la ricostruzione degli storici in undici anni di repressione fascista la popolazione libica diminuì di circa 83.000 unità, di cui 20.000 fuggiti in Egitto e 63.000 morti per la guerra, la prigionia e le deportazioni. Un vero e proprio genocidio, sempre nascosto dalle autorità e nei resoconti ufficiali fino a non molti anni fa. Si pensi anche solo al film "Il leone del deserto", che narra le gesta dell'eroe libico Omar Al-Mukhtar, che guidò la resistenza popolare contro le truppe fasciste e fu fatto impiccare da Graziani su ordine diretto di Mussolini: il film è del 1981 ma in Italia ne è stata proibita la proiezione in pubblico con un divieto durato fino al 2009.
È questo il terribile bilancio della dominazione coloniale del fascismo in Libia, e sulle cui orme si va ad inserire direttamente l'Italia imperialista del nuovo Mussolini, Berlusconi e del nuovo Vittorio Emanuele III, Napolitano.
28 aprile 2011
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