Un progetto riformista e anticomunista che vuole rilanciare la fallimentare "democrazia partecipativa" delle giunte antipopolari Bassolino e Iervolino
Il "Laboratorio Napoli e della costituente dei beni comuni" di De Magistris e Lucarelli è una trappola per ridare credibilità alle amministrazioni della "sinistra" borghese
Il PMLI propone, in alternativa, il socialismo e le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo

"È partita da Napoli la rivoluzione politica dei beni comuni e della democrazia partecipativa": con queste tronfie e roboanti parole il 1° luglio scorso il neoassessore Alberto Lucarelli ha annunciato, dinanzi ad alcune centinaia di persone riunite nell'antisala dei baroni del Maschio Angioino, la nascita del progetto "Laboratorio Napoli e della Costituente dei bene comuni". Il 6 luglio si è svolta la prima assemblea con una bassa partecipazione (poco più di un centinaio di persone per lo più appartenenti all'entourage della giunta) presso la municipalità di Scampia, da sempre luogo simbolo del degrado sociale (segno che le masse hanno accolto con freddezza l'annuncio del disegno della giunta).

Il "Laboratorio Napoli e della Costituente dei beni comuni": organizzazione e obiettivi
Lucarelli ha esordito affermando che "il modello che seguiamo è quello definito dalla convenzione di Aarhus (legge dello Stato dal 2001) con cui l'Ue prevede che i cittadini partecipino alla determinazione delle politiche ambientali, non solo alle fasi di proposta o controllo". "Ma noi - ha sottolineato - pensiamo a qualcosa di più della democrazia partecipativa. Si può definire democrazia deliberativa e a Napoli verrà estesa non solo ai temi ambientali ma a tutte le tematiche locali. Verranno istituite - ha spiegato ancora - dodici consulte, una per ciascun assessorato, autogestite dai cittadini ma in contatto on line tra loro e con l'assessorato, ciascuna consulta avrà più tavoli tematici e dalle consulte verranno proposte delibere per l'assessore competente. La Giunta deve attenersi al deliberato, oppure argomentare la scelta differente. Questo processo si chiude ancora all''assemblea del popolo', con un giudizio politico sull'operato degli assessorati e della giunta nel suo complesso. Ne immagino 2-3 in un anno".
Lucarelli spiega che "questa trasformazione passerà attraverso forme sperimentali di governo pubblico partecipato: i soggetti che si iscriveranno alle consulte, siano essi singoli cittadini, associazioni, reti o comunità, avranno un ruolo centrale nella determinazione delle proposte e nel processo decisionale che ne seguirà. Saranno informati nella fase iniziale del processo decisionale nelle diverse aree tematiche in modo adeguato, tempestivo ed efficace".

Illusioni ed inganni controrivoluzionari e anticomunisti
Quello del "nuovo laboratorio politico" voluto e propugnato dall'assessore Lucarelli non è altro che l'ennesimo inganno che rilancia le vecchie parole d'ordine riformiste tipo 'democrazia partecipata', 'bilancio partecipato', 'nuovo municipio', al solo scopo di tenere legato l'elettorato di sinistra alle istituzioni rappresentative borghesi. Questa linea sarebbe, secondo quanto afferma il professore borghese, non solo la soluzione al "deficit" di democrazia esistente in città, ma addirittura lo strumento per iniziare a costruire "un nuovo mondo". Al punto che lo stesso parla addirittura di 'rivoluzione': "è una rivoluzione perché così si va a destrutturare il concetto di diritto pubblico che prevede finora un processo decisionale ottocentesco, la finzione giuridica dello stato borghese per cui la sovranità appartiene al popolo ma la esercita qualcun altro a suo nome". Sempre nella presentazione del progetto riformista, Lucarelli parla di una dimensione addirittura 'comunista' del laboratorio: "oggi affermiamo una quarta dimensione quella partecipativa che si può affermare solo se passa una categoria giuridica nuova, quella dei beni comuni, una dimensione comunista, in grado di uscire dalla strettoia dei regimi proprietari pubblici o privati, dall'accentramento decisionale, dalle politiche sociali calate dall'alto e dallo sfruttamento sui beni pubblici e privati".
Si è di fronte, invece, ad un progetto controrivoluzionario e anticomunista che ricalca quello del "Cantiere del nuovo municipio" e della "Associazione rete del nuovo municipio" che, tra il 2002 e il 2003, sull'onda del primo Forum sociale mondiale di Porto Alegre del 2001, promosse, con tanto di statuto, un largo movimento, tra i cui fondatori c'era anche il kennediano Walter Veltroni, con amministratori locali, associazioni, movimenti, intellettuali che, ispirandosi ai principi di una propria "Carta d'intenti", intese "promuovere il coordinamento dell'azione delle amministrazioni locali con associazioni e movimenti; definire, anche su scala sovracomunale, strategie unitarie di intervento; promuovere laboratori sperimentali e istituti di Democrazia partecipativa sullo sviluppo locale autosostenibile". Il "Laboratorio Napoli e della Costituente dei bene comuni" non è altro che una rimasticatura, riveduta e corretta, di quel progetto che fallì miseramente nel giro di qualche anno portando solo acqua al mulino della "sinistra" borghese.
L'inganno si perfeziona con la parola d'ordine della "tutela dei beni comuni" come "categoria inclusiva e collettiva in contrasto con i principi escludenti, individualistici e borghesi della proprietà".
Dunque la giunta De Magistris va ad aggiungersi ad un vecchio e sovra-saturo settore della storia, quello di chi ricerca una impossibile "terza via" per cambiare, dall'interno, nella "legalità", e in modo indolore, il marcio, odioso e recessivo, sistema capitalistico; in questo caso con la ricetta maldestra di una "tutela dei beni comuni" ancora tutta de definire, se si esclude il solo avvio del processo di ripubblicizzazione dell'Arin (l'azienda di risorse idriche partenopea). Del resto a sgomberare il campo da ogni ipotetico equivoco circa la visione strategica che anima la nuova giunta era stato lo stesso neosindaco, novello S. Antonio, quando nel discorso inaugurale, aveva voluto tranquillizzare tutto l'ambiente: "a Palazzo S. Giacomo non sono arrivati i Soviet".

Una trappola per ridare credibilità alla "sinistra borghese", ai revisionisti vecchi e nuovi e ai trotzkisti
Questo "laboratorio politico" non rappresenta affatto un'alternativa alle istituzioni locali borghesi: si tratta solo di una "nuova" strategia riformista tutta interna al sistema capitalistico dominante. La premessa di questa strategia già la dice lunga sulla sua reale natura riformista, al punto che essa viene presentata dai suoi sostenitori come la risposta alla crisi di legittimità e credibilità della democrazia borghese. Le teste d'uovo della Giunta De Magistris sanno benissimo che occorre recuperare il malcontento che serpeggia tra le masse popolari napoletane soprattutto a sinistra e nei quartieri popolari. Ma dimenticano che si tratta di un progetto fallimentare fin dalla sua genesi, atteso che già alcune amministrazioni, tra cui quella partenopea guidata dalla democristiana Iervolino e quella capitolina guidata dal rinnegato del comunismo Veltroni, avevano introdotto una delega al "bilancio partecipato'', ma, in entrambi i casi, gli assessori di Rifondazione Comunista, rispettivamente Raffaele Tecce a Napoli e Luigi Nieri a Roma hanno miseramente fallito. Il vero ma inconfessabile obiettivo della suddetta novità non è perciò quello di "ri-consegnare'' (e quando mai l'avrebbero avuto?) "il potere decisionale a chi vive il territorio'', né di "sperimentare forme di democrazia diretta'', come sostengono i trotzkisti e i movimentisti sponsor del "bilancio partecipato''. L'obiettivo è di contribuire a ridare credibilità (e voti dagli astensionisti di sinistra) alle varie amministrazioni. Questa operazione serve quindi a provare a drenare il dilagante astensionismo di sinistra, determinato dalla scollatura fra l'elettorato di sinistra e le istituzioni borghesi, che è divenuta così profonda da provocare terremoti politici e perdita di governi persino nelle roccaforti della sinistra borghese.

Il socialismo rimane l'unico vero "altro mondo possibile" per la classe operaia e le masse sfruttate e oppresse
La proposta storica dei marxisti-leninisti è quella di dare una qualificazione politica ed organizzativa alle masse astensioniste attraverso la creazione, a partire dai singoli quartieri, di autentici governi popolari. Per trasformare l'astensionismo generico in astensionismo organizzato, in astensionismo politicamente qualificato dal punto di vista anticapitalista, antiparlamentare, antistituzionale e antigovernativo  abbiamo proposto di creare ovunque le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo costituite dalle Assemblee popolari e dai Comitati popolari. È questa la proposta rivoluzionaria che il PMLI rivolge a tutto l'elettorato di sinistra. Studiandola attentamente sarà evidente che organizzazione, metodo ed obiettivo strategico sono diametralmente opposti, assolutamente alternativi e inconciliabili con il modello di "democrazia partecipativa" della giunta De Magistris.
Dunque nessuna collaborazione e alleanza organica e stabile sono possibili con la nuova giunta e con i suoi laboratori borghesi. Ciò non esclude che ci possono essere delle convergenze su questioni concrete a favore delle masse napoletane. Intanto condanniamo senza mezzi termini la tremenda ondata repressiva in città, con la militarizzazione del territorio, la polizia municipale intenta a sgomberare immigrati e ambulanti da piazza Garibaldi anche con l'uso di gas urticanti, come denunciato da alcuni consiglieri comunali della lista 'Napoli Tua' di De Magistris, l'ultimo fatto vergognoso della cacciata di decine di famiglie povere da via Neghelli nel quartiere di Fuorigrotta.

Conclusioni
Il progetto "Laboratorio Napoli e della Costituente dei bene comuni" non è altro che una sirena diretta a recuperare la forte crisi di consensi e di credibilità delle istituzioni rappresentative borghesi fra l'elettorato di sinistra. Svanita l'illusione degli anni trascorsi del "buon governo" delle cosiddette "giunte rosse", verificato nella pratica il "centro-sinistra" nel governo di migliaia di città, province e regioni, nonché al governo centrale, la scollatura fra l'elettorato di sinistra e le istituzioni borghesi è divenuta così profonda da provocare il terremoto politico di Napoli, con una percentuale storica e senza precedenti di lettori (pari alla metà della popolazione) che ha disertato le urne, ha lasciato la scheda in bianco o la ha annullata.
Il Laboratorio dà potere consultivo alle masse, ma in ultimo deciderà solo la giunta, la quale non può essere mai revocata se non rispetta i programmi e le votazioni popolari, ma anzi starà comodamente sulle sue poltrone, spargendo nuove illusioni tese a rafforzare le istituzioni rappresentative borghesi, rilegittimandole e offrendo loro una nuova credibilità. Si tratta solo di pseudo democrazia.
Questa strategia della giunta dello "sceriffo" De Magistris va rigettata in toto, infine, perché tenta di ricondurre e ingabbiare su un terreno istituzionale borghese i movimenti noglobal, per la pace, antiberlusconiani che sono esplosi in questi anni, disperderli in mille rivoli localistici, impedirne lo sviluppo su un terreno anticapitalista e antimperialista. Per noi marxisti-leninisti l'unico vero "altro mondo possibile" per la classe operaia e le masse sfruttate e oppresse rimane e rimarrà sempre il socialismo e non i "laboratori" della "sinistra" borghese.

Cellula "Vesuvio Rosso" di Napoli del PMLI
Napoli, 25 settembre 2011

28 settembre 2011