L'obiettivo delle dimissioni di Berlusconi è giusto, ma qual è la via per realizzarlo? Da alcune settimane si vanno moltiplicando e intensificando nel Paese le iniziative e le manifestazioni pubbliche che hanno in comune la richiesta delle dimissioni del premier Berlusconi: dalla manifestazione al PalaSharp di Milano convocata da Libertà e giustizia, alla manifestazione di Arcore organizzata dal "Popolo viola" e dalla "Rete viola"; dal movimento delle "casseruole" partito da Firenze ed estesosi via via ad altre città, alla travolgente ondata di manifestazioni di domenica 13 febbraio, che ha coinvolto un milione di persone in prevalenza donne, ma con la partecipazione anche di molti uomini, in oltre 200 piazze italiane e in tante altre parti del mondo. Queste iniziative di lotta, cresciute in maniera esponenziale nell'arco di poche settimane sulla spinta di un ormai dilagante e incontenibile sdegno per la vergogna in cui il neoduce ha precipitato il Paese con i suoi scandali e per la devastazione economica, sociale e istituzionale portata dalla sua politica di governo, dimostrano che la forza c'è per cacciarlo via e dare una svolta radicale alle cose. C'è la forza e c'è anche la volontà cosciente, come si è visto nella grande giornata di lotta del 13, il cui successo e la cui carica politica antiberlusconiana sono andati molto al di là delle stesse intenzioni, aspettative e parole d'ordine delle organizzatrici del comitato "Se non ora quando?", facendo apparire la caduta del nuovo Mussolini un obiettivo a portata di mano. Ma al tempo stesso queste iniziative di lotta in larga parte esplose spontaneamente e dal basso pongono anche degli interrogativi che vanno sciolti, perché se è vero che il loro obiettivo comune e conclamato è quello delle dimissioni di Berlusconi, è vero anche che non c'è altrettanto accordo e chiarezza nel movimento sulla via e sulle parole d'ordine per realizzarlo. In particolare c'è il forte rischio, come accadde per il movimento dei "girotondi" durante il secondo governo Berlusconi, che la "sinistra" borghese liberale, compresi i trotzkisti, riesca a deviarlo dalle piazze verso la via giudiziaria o parlamentare-elettorale. Vie del tutto illusorie e inconcludenti, come dimostra l'esito delle precedenti inchieste e sentenze riguardanti il neoduce, che egli riesce sempre a schivare e aggiustare a suon di avvocati che sfruttano tutti i trucchi offerti dalle leggi e facendole rifare di sana pianta se necessario, e come dimostra altresì la sconcia ma proficua incetta di voti nel serbatoio inesauribile di deputati corrotti e corruttibili che gli permette di farsi ancora beffe dei vani tentativi dei partiti di opposizione di farlo cadere attraverso colpi di palazzo in parlamento. Vie che in ogni caso sono troppo lente rispetto all'urgenza di buttarlo giù per fermare la sua macelleria politica, sociale e istituzionale che sta devastando il Paese. I veri crimini di Berlusconi Questo è il punto. Berlusconi va abbattuto per i suoi crimini politici, sociali e istituzionali, i tanti già commessi e quelli che si propone ancora di realizzare. Ma la "sinistra" borghese di tutto lo accusa meno che di quelli. Il liberale Bersani, per esempio, chiede le sue dimissioni in nome dell'articolo 54 della Costituzione, perché non rappresenta "con onore" le istituzioni, e su questa parola d'ordine, perché "ha disonorato l'Italia e ha smesso di governare", ha promosso la raccolta di firme per supplicarlo di dimettersi. Ma in che cosa si contrappone nella sostanza la politica del PD a quella del governo, per quanto riguarda la politica economica liberistica, le "riforme istituzionali", la politica estera, ecc.? Forse che non si è schierato anch'esso dalla parte del nuovo Valletta, Marchionne, e contro la Fiom? Forse che non si vanta di essere più "coraggioso" di Berlusconi in fatto di privatizzazioni e liberalizzazioni? È forse contrario a controriforme costituzionali come il federalismo, il presidenzialismo, il monocameralismo, la separazione delle carriere dei magistrati perseguite dalla destra neofascista e leghista? E forse che non appoggia fattivamente la politica estera militare interventista ed espansionista delle ipocrite "missioni di pace" che violano spudoratamente l'articolo 11 della Costituzione? Ecco perché il liberale Bersani preferisce accusare Berlusconi per il suo comportamento immorale piuttosto che per i suoi misfatti politici, arrivando al punto di liquidare come solo "fumo negli occhi", gettato per distrarre l'opinione pubblica dai suoi scandali e guai giudiziari la gravissima modifica dell'articolo 41 della Costituzione e gli altri provvedimenti ultraliberisti varati dall'ultimo Consiglio dei ministri. Mentre il rinnegato D'Alema si concentra esclusivamente sull'aspetto secondario della "ricattabilità" del premier, chiamandolo invano a rispondere davanti al Copasir che presiede, e mentre l'altro rinnegato Violante si spinge addirittura ad attaccare la procura di Milano accusandola di violare la privacy dei cittadini, e via di questo passo. Non meno inconsistenti e fuorvianti sono le tesi cavalcate dai trotzkisti. Si vedano per esempio certi interventi su il manifesto, come quello sul rapporto tra sesso e potere dello psicanalista Massimo Recalcati ("L'osceno godimento del tiranno"). Oppure il "dibattito" che sulle pagine di Liberazione ha preceduto le manifestazioni del 13 febbraio, animato da un editoriale in chiave marcatamente femminista di Anita Sonego che protesta perché "nessun compagno, partendo dai nostri dirigenti", sia intervenuto sugli scandali di Berlusconi; ma non per parlare di questi, bensì "parlando di sé, della propria maschilità, della formazione avuta e del nesso tra maschilità e forza, dominio/potere... Sì, anche dominio perché le scelte politiche fatte e che si continuano a fare anche dalla sinistra di alternativa, non offrono alcun indizio di messa in discussione del 'dominio maschile'". Accuse a cui tenta di replicare un intervento di Raul Mordenti, altrettanto fuorviante per altri versi, perché da una parte nega il contagio del maschilismo berlusconiano anche tra "i compagni", ma dall'altra riduce Berlusconi a "un settantacinquenne malato di mente" le cui perversioni sessuali sono da considerare il suo peggior crimine per "la ferita inferta al nostro immaginario collettivo e al nostro vivere associato". Fortemente influenzato dal femminismo borghese appare poi il manifesto del comitato "Se non ora quando?" per la convocazione delle manifestazioni del 13, di tono volutamente apolitico, e che non chiedeva le dimissioni di Berlusconi (come invece poi è successo dappertutto), ma si limitava sostanzialmente a circoscrivere la protesta alla pur importante ma non certo sufficiente difesa della "dignità delle donne" offesa dalla "ripetuta, indecente, ostentata rappresentazione delle donne come nudo oggetto di scambio sessuale offerta da giornali, televisioni, pubblicità". Operazioni elettoraliste e parlamentariste Quanto al rischio di strumentalizzazione in chiave parlamentarista-elettoralista del movimento antiberlusconiano, esso traspare evidente nell'operazione del PalaSharp di Milano sponsorizzata dal magnate De Benedetti e dal giornale di sua proprietà La Repubblica per portare acqua al mulino dell'esausta e smarrita "sinistra" parlamentare, presente in sala con diversi suoi esponenti di spicco nazionali e locali. E questo soprattutto dopo l'intervento di Roberto Saviano, acclamato come il vero leader in pectore del "centro-sinistra" capace di guidarlo alla riscossa su Berlusconi. Non a caso Il Fatto Quotidiano del 6 febbraio ha salutato la sua "investitura" col titolo in prima pagina: "Saviano, nascita di un leader". Ma non è solo la "sinistra" borghese di matrice liberale e azionista come quella rappresentata da De Benedetti e il suo gruppo editoriale ad auspicare la sua discesa in campo per prendere la testa del movimento antiberlusconiano. C'è anche quella di matrice trotzkista, come si può vedere dalla lunga e accorata lettera aperta che Paolo Flores d'Arcais gli rivolge su Il Fatto Quotidiano del 9 febbraio, in cui chiede all'autore di Gomorra di capeggiare "liste di società civile" capaci di recuperare i voti dei milioni di astensionisti di sinistra: "Sei pronto - scrive infatti Flores a Saviano - a usare tutta la tua influenza presso i partiti della sinistra, perché tanto scempio non si ripeta? Perché accettino con pari dignità nell'alleanza tutte le liste di società civile, comprese quelle che scioccamente vengono gratificate di 'giustizialismo' e di 'girotondismo'"? E che dire del leader del movimento "Uniti contro la crisi" del Nord-Est, il trotzkista Luca Casarini, che su il manifesto del 10 febbraio, nell'annunciare la partecipazione alle manifestazioni del 13 febbraio, teorizza l'inevitabile sbocco elettoralista e parlamentarista del movimento antiberlusconiano scrivendo: "Non si tratta di voler fare tutto da sé - il rapporto complesso tra tumulto e democrazia perfino l'Egitto ce lo mostra - ma di costringere partiti e politica a diventare altro, uno spazio percorribile del comune politico invece che 'organizzazione privata'". Per non parlare della Federazione della sinistra trotzkista, che nel suo manifesto per la raccolta di firme (ancora!) per chiedere a Berlusconi di dimettersi e andare subito al voto, proclama a chiare lettere che "è necessario costruire subito un fronte tra il centrosinistra e tutte le forze di sinistra, per sconfiggere Berlusconi e dar vita a una maggioranza che ripristini le regole della democrazia costituzionale: la Repubblica fondata sul lavoro". Quindi anche per tutti questi falsi comunisti, incluso a maggior ragione il trotzkista liberale e cattolico Vendola, la soluzione consisterebbe nell'utilizzare la forza del movimento per sostituire Berlusconi con un altro "governo Prodi". Se non addirittura, come propongono Bersani e D'Alema, un governo di "emergenza" che includa gli stessi fascisti ripuliti di FLI, l'UDC e, se ci stesse, anche la Lega dandogli in pasto il federalismo. Ma se ciò potrebbe anche liberare il Paese da Berlusconi non lo libererebbe però dal berlusconismo, così come la caduta di Craxi non ha fermato l'avanzare del regime neofascista programmato dalla P2. Abbattere Berlusconi e il berlusconismo Le dimissioni di Berlusconi sono un obiettivo giusto e urgente da realizzare, ma occorre anche fare tabula rasa di tutte le leggi e le "riforme" neofasciste, liberiste, antipopolari e razziste che costui ha inferto al Paese, altrimenti la sua politica di macelleria economica, sociale e istituzionale e il regime neofascista, presidenzialista, federalista, interventista, razzista e xenofobo continueranno sotto altre forme e altri governi, della destra o della "sinistra" borghese che siano. Per questo è necessario che Berlusconi cada non per via giudiziaria o elettorale-parlamentare, ammesso che sia realisticamente possibile, ma per mano delle stesse masse popolari attraverso la lotta di piazza, affinché non si ripeta lo scenario del '92-94 quando la caduta della prima repubblica e di Craxi, con le masse ridotte a comparse, aprì semplicemente la strada alla nuova marcia su Roma del cavaliere piduista. Un nuovo 25 Aprile quindi si impone per abbattere il nuovo Mussolini, senza paura di dover ricorrere alla forza della piazza per conseguire questo imprescindibile obiettivo. Per questo non vanno demonizzate le lotte anche dure a cui devono ricorrere a volta le piazze per farsi sentire, purché siano azioni di massa e non di piccolo gruppo, come hanno fatto gli studenti che hanno assediato e attaccato il parlamento a dicembre e i giovani antifascisti davanti alla villa di Arcore-succursale di Palazzo Chigi, due palazzi individuati rispettivamente e giustamente dai manifestanti come un mercato di corruzione politica e come la tana del neoduce Berlusconi. E questo checché ne dica il pennivendolo de La Repubblica Francesco Merlo, che ha tuonato di sdegno contro l'assedio "intollerabile" all'abitazione del premier qualunque fossero le ragioni degli assedianti. Avanti perciò con la mobilitazione nelle piazze fino alla cacciata del neoduce. Che tutti gli antifascisti facciano pressione sulla Cgil e sui "sindacati di base" affinché proclamino lo sciopero generale di 8 ore con manifestazione nazionale sotto Palazzo Chigi. Uniamoci tutti, senza distinzione ideologica, politica, partitica, culturale, sociale e religiosa per abbattere il nuovo Mussolini, Berlusconi, che ha restaurato il fascismo e fatto a pezzi la Costituzione antifascista. 16 febbraio 2011 |