Nell'ambito del riuscito sciopero generale promosso dai sindacati non confederali e della mobilitazione studentesca da parte di Uds, Udu e collettivi Lavoratori e studenti in tante piazze contro la finanziaria e il governo Prodi Sciopero e manifestazione dell'Università e della ricerca organizzati da Cgil, Cisl e Uil. Epifani: "Il primo sciopero contro il governo dell'Unione". Presidiata la casa di Prodi Il PMLI presente a Torino, Milano, Padova, Bologna, Firenze, Roma, Cassino, Napoli, Benevento, Bari, Lecce e Palermo. Grave intimidazione poliziesca a un simpatizzante di Frosinone del PMLI Il 17 novembre 2006 la contestazione contro la Finanziaria e contro il governo di "centro-sinistra" dell'economista democristiano Prodi è echeggiata da un capo all'altro della Penisola. Oltre un milione e mezzo di lavoratori hanno risposto allo sciopero generale indetto da Cub-RdB, Usi Ait, Confederazione dei Cobas, Slai Cobas, Unicobas, A.L. Cobas, Usi e altre sigle minori e circa 350 mila hanno manifestato in una trentina di piazze italiane "contro la legge finanziaria, lo scippo del Tfr, la legge 30 e il pacchetto Treu" e per rivendicare "la redistribuzione del reddito, la difesa e il rilancio del sistema previdenziale pubblico e dello stato sociale, per salari europei, rinnovi contrattuali veri, lavoro stabile e tutelato e diritto al reddito, contro la guerra, per il taglio drastico delle spese militari". 250 mila studenti medi e universitari sono sfilati in corteo in tutto il Paese (erano indette circa 100 manifestazioni) mobilitati dall'Uds, Udu e collettivi. Differenti le impostazioni tra una piazza e l'altra, unico invece il filo conduttore politico che le caratterizza: la mancata abrogazione delle cosiddette "riforme" Moratti e una finanziaria che non piace né a chi già non credeva nei "governi amici", né a chi si era illuso che questo esecutivo avrebbe segnato subito la sua discontinuità col governo del "centro-destra". Mentre in occasione dello sciopero dei lavoratori dell'università e della ricerca scientifica promosso da Cgil, Cisl e Uil oltre 20 mila hanno sfilato per la capitale in quello che lo stesso Epifani è stato costretto ad ammettere "è stato il primo sciopero contro questo governo" e contro una "finanziaria senz'anima". Come e più di quanto era avvenuto durante la memorabile manifestazione del 4 novembre contro la precarietà, la contestazione di massa da sinistra al governo Prodi sta prendendo corpo tra le larghe masse lavoratrici e popolari, come mai era avvenuto durante gli altri governi di "centro-sinistra". Il successo dello sciopero e delle manifestazioni indette dai sindacati non confederali, andato oltre ogni aspettativa e che ha avuto anche l'adesione della componente Fiom di diverse Rsu (tra cui quella della Innse, Fin.Al e Ferrari) e di molti iscritti ai sindacati confederali, ha dimostrato quanto vasto sia il malumore e il dissenso tra i lavoratori verso questa Finanziaria che "premia solo i padroni di Confindustria e le missioni di guerra" e contro una politica economica e sociale di stampo liberista che non si differenzia in niente da quella imposta dal precedente governo Berlusconi e dalla casa del fascio. Tutti uniti per protestare contro una Finanziaria che taglia i servizi pubblici (scuola e sanità in primo luogo) e i fondi ai Comuni, che allarga e generalizza il precariato nella scuola eliminando le graduatorie permanenti e immettendo a ruolo un numero risibile di insegnanti rispetto a quanti ne hanno diritto, che stabilizza solo 8 mila dei 350 mila precari della Pubblica amministrazione, che aumenta le spese militari e per le missioni di guerra, nonché i finanziamenti alle scuole private. Particolarmente riuscito lo sciopero nella scuola dove studenti, precari, insegnanti, personale Ata e immigrati sono sfilati nei cortei con striscioni, slogan e parole d'ordine per chiedere la fine delle politiche liberiste, l'abrogazione della Legge 30, del pacchetto Treu, delle leggi Moratti e Zecchino su scuola e Università, e della Bossi/Fini (e la chiusura dei CPT), la stabilizzazione dei lavoratori precari ed esternalizzati, il ripristino della scala mobile, la difesa delle pensioni e del TFR contro ogni scippo, il taglio delle spese militari e la loro riconversione in spese sociali, il ritiro delle truppe da tutti i fronti di guerra e il diritto di assemblea nei luoghi di lavoro a tutte le lavoratrici/ori. Le manifestazioni più significative - Roma, Milano, Torino, Napoli, Bologna, Genova, Catanzaro, Palermo - hanno visto una rilevante presenza di lavoratori precari, ma anche della sanità, degli enti locali, della giustizia. In molte città nei cortei organizzati dai sindacati non confederali sono confluiti quelli degli studenti medi e universitari. Il PMLI ha partecipato ai cortei di Torino, Milano, Padova, Bologna, Firenze, Roma, Cassino (Frosinone), Napoli, Benevento, Bari, Lecce e Palermo e di cui si dà conto nelle cronache pubblicate nelle pagine successive. Il Partito è stato ovunque accolto in maniera calorosa dai manifestanti e dalle organizzazioni sindacali presenti e il rapporto con i lavoratori è stato sempre improntato alla massima unità di classe. Da sottolineare la grave intimidazione poliziesca che ha coinvolto un simpatizzante della provincia di Frosinone del PMLI che è stato identificato da un agente in borghese appena iniziata la diffusione de Il Bolscevico. A Milano in 20 mila sono sfilati in corteo dietro tre squali di cartone (Confindustria, governo e vertici confederali) datati 1993 in riferimento al famigerato accordo di quella data. Ieri per la battaglia contro il taglio della scala mobile, e oggi contro lo scippo del Tfr, il precariato, il famigerato "cuneo fiscale" che dà soldi solo ai padroni. Forte l'adesione dei lavoratori della funzione pubblica, scuola, Inps, poste, sanità, vigili del fuoco, energia, dei precari della Croce rossa, degli enti locali di Varese, Lodi, Brianza e Milano. Ma ci sono anche le tute blu dell'Ansaldo, Innse, Marcegaglia, come pure la Slai dell'Alfa Romeo. A Torino oltre 20 mila lavoratori e studenti hanno animato il corteo giunto in piazza Castello a cui ha partecipato anche una forte delegazione del movimento No-Tav. Partecipato corteo a Bologna dove è stata peraltro presidiata la casa di Prodi. Altre soste, il corteo le ha fatte sotto le finestre della Cgil in via Marconi, in aperta polemica con la politica cogestionaria e collaborazionista dei sindacati confederali, davanti alla Sala Borsa eletta "simbolo della precarietà" e sotto le Due Torri dove è stato calato uno striscione con la scritta "No alle spese militari". A Napoli un grande corteo si è snodato per le vie del centro per confluire in piazza Matteotti. Tra gli striscioni c'erano quelli dei lavoratori Fiat, nonché di Alenia, Avio, Ferrero e del trasporto pubblico. In 25 mila hanno sfilato nel corteo della capitale, dove una selva di striscioni segnalava la presenza delle categorie più disparate. Oltre ai più radicati comitati del pubblico impiego e della scuola, della sanità e del trasporto pubblico, c'erano i mille volti del precariato dell'industria e dei servizi, dai ragazzi dei call-center ai lavoratori della grande distribuzione, impiegati delle agenzie fiscali, della giustizia e persino della presidenza del consiglio ("col nuovo governo non è cambiato nulla, solo i carichi sono aumentati"). Il successo di questa giornata di lotta ha dimostrato che c'è lo spazio per contrastare a livello di piazza, e da sinistra, le scelte liberiste del governo Prodi e dei suoi sostenitori tra cui si distinguono i vertici dei partiti falsi comunisti come PdCI e PRC. C'è lo spazio per rigettare da sinistra questa Finanziaria di lacrime e sangue. Ma soprattutto ha fatto emergere la grave contraddizione che si sta aprendo tra il governo dell'Unione da una parte e gli operai, i lavoratori, gli studenti, gli anticapitalisti tutti dall'altra. Anche coloro che hanno contribuito ad eleggere questo governo stanno prendendo coscienza della natura borghese e sostenitrice del capitalismo di questo governo che doveva essere "amico". Si stanno rendendo conto che manca la volontà politica di rimuovere il regime capitalista, neofascista, presidenzialista e federalista completato dal neoduce Berlusconi e dalla casa del fascio, e di fare una politica economica e sociale, interna ed estera sostanzialmente diversa da quella della destra. Si tratta di un piccolo passo, ma ancora insufficiente affinché il proletariato riacquisti la coscienza di classe perduta nel tempo a causa della decomunistizzazione, della deideologizzazione, delle illusioni elettorali, parlamentari, riformiste e pacifiste alimentate dalla borghesia e dai revisionisti. Perché ci sia una svolta politica radicale e rivoluzionaria e la lotta di classe compia un salto di qualità, occorre che il dissenso contro il governo Prodi si trasformi in lotta contro il capitalismo e le sue istituzioni e per l'Italia unita, rossa e socialista. Occorre che la parte più cosciente ed avanzata del proletariato si unisca al e nel PMLI, che come si legge nell'''Appello ai fautori del socialismo" lanciato dal compagno Giovanni Scuderi nel corso della recente commemorazione di Mao: "è l'unico partito italiano che, oltre a volere veramente il socialismo, è in grado di risvegliare il proletariato alla lotta rivoluzionaria per la conquista del potere politico e fargli acquisire la sua coscienza di classe". Chi tra i fautori del socialismo "conosce già il PMLI non può far finta che non esista, e seguitare a militare nei partiti e in correnti di partito falsamente comunisti, e magari correre dietro ai trotzkisti dichiarati che si accingono a creare nuovi partiti a sinistra di Rifondazione, vista la poco gloriosa fine governativa che questa ha fatto". 22 novembre 2006 |