L'appetito dei secessionisti e dei frantumatori dello Stato unitario italiano vien mangiando La Lega ora vuole eserciti regionali Di fronte alle critiche la proposta di legge è stata ritirata Prima la "Guardia nazionale padana", poi le ronde di stampo mussoliniano e il progetto mai sopito di trasformare il corpo degli alpini nell'esercito del Nord. Ora, per iniziativa dei deputati fascio-leghisti in commissione Difesa, primo firmatario il bellunese Franco Gidoni, è la volta degli eserciti regionali. L'ennesima iniziativa di stampo fascista e secessionista. Fascista perché ispirata alle milizie mussoliniane, secessionista per il reclutamento su base regionale. I "volontari", si legge nella proposta di legge delle camicie nero-verdi, svolgerebbero attività non solo di "protezione civile", ma anche di "mantenimento dell'ordine pubblico" dotati di "armamento di tipo leggero". Ma c'è dell'altro. I "volontari", addestrati dall'esercito e dai carabinieri, farebbero direttamente capo, da un lato, ai presidenti di regione attraverso venti comandanti regionali e, dall'altro, al Consiglio dei ministri in virtù di un comandante generale. Insomma, ecco concretizzarsi le nuove "forze dell'ordine" del regime neofascista, federalista e presidenzialista. Delle vere e proprie squadracce razziste e xenofobe. Se esistessero già, spiegava infatti il fascio-leghista Gidoni, sarebbero loro ad occuparsi della "sicurezza a Manduria e a Lampedusa", drammatico evento umanitario derubricato a mera questione di "ordine pubblico". La proposta fascio-leghista vedeva levarsi un coro di no, non solo dall'"opposizione" ma pure dagli alleati, per lo stupore delle camicie nero-verdi che ritenevano di non aver fatto altro che replicare una proposta di legge presentata da Edmondo Cirielli, PDL, il 18 febbraio scorso e sottoscritta anche da parlamentari finiani. "Un'idea simile - sbatteva sul muso delle camicie nero-verdi Franco Angioni, ex comandante Nato nel Sud-Europa - l'ebbe Mussolini nel 1924, non vorrei fosse un revival". L'IDV parlava di "follia", i finiani di "sciocchezza", l'UDC di "provocazione" e così via, facendo la gara a chi liquidava la questione il più rapidamente possibile, senza neppure prendersi la briga di avanzare un'analisi e una denuncia politica di rilievo, chiaramente in quanto complici, del regime neofascista. "In ogni Paese, anche il più federalista del mondo, l'esercito non viene mai parcellizzato", faceva sapere da parte sua, da Abu Dhabi, il ministro della Guerra, un conciliante Ignazio La Russa, per il quale, evidentemente, se la Difesa è indivisibile, certo non lo è più altrettanto l'Italia del regime neofascista, prossima a divenire compiutamente uno Stato federale per le esigenze dell'Europa imperialista, dei monopoli nazionali e dei medi e grandi capitalisti del Nord. Esigenze, queste ultime, ben chiare al PD. Per il mostriciattolo neoliberale interveniva nel dibattito Marco Minniti. Intervistato da Il Messaggero, il rinnegato del comunismo criticava gli eserciti regionali fascio-leghisti in quanto, con questi, "come potremmo assolvere all'impegno nelle missioni internazionali?". È evidente che gli eserciti regionali indebolirebbero l'Italia nelle guerre di rapina imperialistiche. Tanto più che "Parigi e Londra hanno avviato da qualche mese una cooperazione rafforzata in tema di difesa". Una cooperazione che ha portato all'attacco congiunto della Libia da parte di Sarkozy e Cameron per assicurarsi il petrolio e il gas libici e legare totalmente a sé il nuovo governo libico, a danno dell'Italia. Per non perdere lo spazio economico, commerciale e politico che l'Italia imperialista si è conquistata in Libia, concludeva Minniti, "dobbiamo muoverci verso un esercito europeo, altro che eserciti regionali". Sarà forse per questo che la proposta di legge sugli eserciti regionali, così come espressa dai fascio-leghisti, è affondata nel giro di una settimana? Per incompatibilità con gli interessi dell'imperialismo italiano? Certo è che il 9 aprile la Lega razzista, xenofoba e separatista rinunciava momentaneamente agli eserciti regionali. "La proposta non è stata capita - concludeva amareggiato Gidoni stesso -, restiamo in attesa che maturino tempi migliori per un sereno confronto". Sfortuna sua e della borghesia in camicia nera, il PMLI vigilerà. 13 aprile 2011 |