Indagato Boni, presidente del Consiglio regionale della Lombardia Tangenti, un milione alla Lega Tanti gli scandali che coinvolgono politici e amministratori del partito di Bossi La giunta Formigoni deve dimettersi Dopo le inchieste giudiziarie che nei mesi scorsi hanno colpito Filippo Penati (PD), Franco Nicoli Cristiani e Massimo Ponzoni (PDL); il 6 marzo la bufera giudiziaria che da diversi mesi scuote il Pirellone ha investito in pieno anche la Lega Nord finita nell'occhio del ciclone di un vorticoso giro di tangenti per oltre un milione di euro. Nel registro degli indagati con l'accusa di corruzione spicca il caporione fascio-leghista Davide Boni, maroniano, attuale presidente del consiglio regionale della Lombardia. Stessa sorte è toccata al capo della sua segreteria, Dario Ghezzi, e a Marco Paoletti, fino a qualche mese fa consigliere provinciale della Lega, poi sospeso e passato al gruppo misto. Tra gli indagati figurano anche l'immobiliarista Luigi Zunino (ex numero uno di Risanamento), Edoardo Sala (ex sindaco di Cassano d'Adda), l'architetto Michele Ugliola e suo cognato Gilberto Leuci. Le indagini L'inchiesta condotta dalla Procura di Milano ha preso il via da un filone di indagine inerente il losco giro di tangenti al comune di Cassano D'Adda dove gli amministratori di Lega e PDL imponevano il pagamento di laute tangenti per accelerare le pratiche, ottenere permessi, modificare i Piani di governo del territorio (Pgt) e favorire gli interessi immobiliari degli imprenditori interessati alla grande speculazione edilizia in diverse aree di Milano e dell'hinterland, soprattutto per quanto riguarda la realizzazione di grossi centri commerciali. Nel maggio 2011 la giunta di "centro-destra" è stata letteralmente cancellata a suon di arresti e perquisizioni. In carcere finiscono fra gli altri l'allora sindaco Edoardo Sala (che si rifiuta di collaborare con gli inquirenti) e l'architetto Ugliola che invece parla e comincia a svelare il losco sistema tangentizio targato Lega Nord. Tra le tante Ugliola racconta di una tangente da 300mila euro per sbloccare la variante al piano regolatore dell'ex area Bucca, dove si progetta l'ampliamento di un supermercato. "Quarantamila più altri ventimila euro in contanti ho provveduto a consegnarli nel luglio 2009 al vice sindaco dell'epoca Ambrogio Conforti - racconta - e all'assessore Marco Paoletti". Boni e Ghezzi, secondo la Procura, "utilizzavano gli uffici pubblici della Regione come luogo d'incontro per raggiungere accordi o per la consegna dei soldi". Uffici che fra l'altro sono stati messi a soqquadro dai militari della Guardia di finanza durante la contestuale perquisizione in Regione. Secondo la ricostruzione del Procuratore aggiunto (Pa) Alfredo Robledo e del Pubblico ministero (Pm) Paolo Filippini, Boni e Ghezzi hanno gestito "affari illeciti" e si sono spartiti le tangenti che l'architetto Michele Ugliola e il cognato Gilberto Leuci hanno concordato con alcuni imprenditori, tra cui Luigi Zunino e F.M. (legato al gruppo Sile Costruzioni). Secondo i Pm "è dimostrato il pieno coinvolgimento" di entrambi nel giro di mazzette, nel quale Ugliola - già coinvolto alla fine degli anni Novanta nella tangentopolì di Bresso - fungeva da raccordo fra il livello locale e regionale. "Un sistema" che, a detta degli investigatori, riguarda anche altri piccoli imprenditori e che ha continuato a funzionare fino a qualche mese fa. A carico di Boni e del suo stretto collaboratore ci sono una serie di interrogatori resi a investigatori e inquirenti dai coindagati, tra cui un paio di verbali della fine dell'anno scorso di Paoletti e dichiarazioni dello stesso Ugliola (il primo a collaborare con i magistrati) oltre a una serie di intercettazioni, tra cui diverse telefonate tra Paoletti e F.M.. Alcuni atti dell'inchiesta sono stati trasmessi per competenza alla Procura di Monza, che indaga sul cosiddetto "sistema Sesto" (in cui è coinvolto anche Penati), perché lo stesso Ugliola avrebbe intrattenuto rapporti con amministratori e imprenditori per progetti a Sesto San Giovanni. Il "sistema Lega" Boni, in particolare, avrebbe ricevuto tra il 2008 e il 2010 (quando era assessore regionale all'Edilizia e al territorio) buste di contanti anche nei suoi uffici in Regione. Mazzette per un totale di oltre un milione di euro, fra soldi promessi ed effettivamente versati, finiti anche nelle mani di Ghezzi e che sarebbero andati non nelle tasche dei due ma - questa è l'ipotesi degli inquirenti - a finanziare in ordine sparso le varie iniziative territoriali e le campagne elettorali e di proselitismo della Lega, attraverso esponenti locali. Non a caso i Pm stanno valutando anche la possibilità di contestare il reato di finanziamento illecito ai partiti. Decisione che sposterebbe l'indagine dalla provincia a livello nazionale sulla base della comprovata esistenza di un "sistema Lega" in cui si fa sempre più consistente l'ipotesi che i soldi delle tangenti drenati sul territorio da Boni&Co finiscono nelle casse di via Bellerio. Insomma un quadro accusatorio che rischia di avere pesanti ripercussioni sul carroccio proprio perché punta il dito contro lo stesso metodo di rastrellamento e di distribuzione delle tangenti in auge durante tangentopoli; quando la Lega urlava "Roma Ladrona" e agitava il cappio in parlamento. In quel periodo infatti il carroccio non aveva ancora affondato le sue luride mani nel potere politico, amministrativo e bancario e recitava la parte del fustigatore di tangentisti. Mentre oggi a vent'anni esatti dall'arresto del mariuolo del PSI Mario Chiesa, la Lega non solo risulta essere il partito più vecchio del parlamento ma addirittura si è trasformata in una vera e propria cosca parlamentare con decine di boss politici e amministratori locali coinvolti nei peggiori scandali degli ultimi 20 anni e si comporta esattamente se non addirittura peggio di tutti gli altri partiti istituzionali infarciti di ladri e corrotti fino al midollo. I "mariuoli" della Lega Nord Tra i tanti, il recente caso del deputato maroniano Gianluca Pini, indagato dalla procura di Forlì per millantato credito in riferimento ai 15mila euro ricevuti da un avvocato che voleva essere certo di superare il concorso per notaio. Poi c'è l'inchiesta della procura di Pavia sulle infiltrazioni della 'ndrangheta al Nord in cui compare il nome di Angelo Ciocca, ex assessore provinciale leghista e consigliere regionale eletto con il record assoluto di preferenze (18mila), in riferimento all'acquisto di un appartamento a prezzo di favore da un avvocato pavese arrestato per concorso in associazione mafiosa in cambio dell'interessamento di Ciocca a fare eleggere un consigliere comunale gradito al legale. Per non dire dei due esponenti leghisti di Castel Mella, nel Bresciano, uno assessore all'Urbanistica e l'altro capo dell'ufficio tecnico comunale, arrestati l'anno scorso e accusati di aver intascato una tangente per facilitare l'insediamento di un centro commerciale. Mentre a Carceri, in provincia di Padova, risulta indagato il sindaco "padano" per bancarotta fraudolenta e falso ideologico: è coinvolto nell'inchiesta sulla holding napoletana di Giuseppe Catapano che acquisiva aziende nel Nordest per farle fallire, svuotarle e realizzare così enormi guadagni illeciti. A Pordenone è finito sotto l'attenzione della Corte dei conti del Friuli-Venezia Giulia il presidente del consiglio regionale ed ex deputato Edouard Ballaman per l'uso privato dell'auto di servizio. Accuse di note spese gonfiate o non giustificate hanno indotto alle dimissioni un altro leghista del Nordest finito indagato, Gianluigi Soardi, sindaco di Sommacampagna (Verona) e presidente dell'Azienda del trasporto pubblico scaligera (indicato dalla giunta Tosi). Sempre nel Veronese, un dirigente storico del Carroccio è finito agli arresti domiciliari perché coinvolto in una faccenda di falsi permessi di soggiorno in cambio di denaro. Di istigazione all'odio razziale deve rispondere un consigliere comunale di Albenga che sulla sua pagina Facebook aveva condiviso frasi ritenute offensive verso gli immigrati e la procura della repubblica di Savona ha aperto un fascicolo a suo carico. Mentre un anno fa il vicesindaco di Arzignano (Vicenza), titolare di un'azienda conciaria, è stato indagato per evasione fiscale totale e distruzione di documenti contabili. Nella medesima operazione fu fatto anche il nome di un senatore leghista, accusato da un faccendiere di essere implicato nella maxi evasione fiscale e di aver alimentato un giro di tangenti. Formigoni dimettiti Non solo. Il leghista Davide Boni è il quarto indagato nell'ufficio di presidenza del consiglio regionale in questa legislatura. Dei cinque componenti originari, eletti il 15 maggio 2010, solo il segretario Carlo Spreafico (PD) non ha ricevuto avvisi di garanzia. Il primo a lasciare l'incarico per motivi giudiziari è stato Filippo Penati (PD), ex sindaco di Sesto San Giovanni, ex presidente della Provincia ed ex capo della segreteria politica di Pier Luigi Bersani, coinvolto nell'inchiesta sul cosiddetto "Sistema Sesto" inerente il colossale giro di tangenti ruotato intorno alla mega speculazione immobiliare delle ex aree industriali della Falck e Ercole Marelli di Sesto San Giovanni e l'acquisizione dell'autostrada Milano-Serravalle da parte della Provincia di Milano. Poi è toccato all'altro vicepresidente: Franco Nicoli Cristiani (PDL), ex assessore all'Ambiente e al Commercio arrestato lo scorso novembre per tangenti. L'ultimo in ordine di tempo a finire in manette è stato Massimo Ponzoni (PDL), che si è costituito lo scorso 17 gennaio, rientrato dall'estero dopo aver saputo che la Procura di Monza aveva emesso un provvedimento di arresto con l'accusa di bancarotta nell'ambito dell'inchiesta sul fallimento della società Pellicano. Non è la prima volta che Boni finisce sul banco degli imputati per tangenti. Quando era presidente della Provincia di Mantova fu coinvolto in un caso analogo: venne condannato a otto mesi in primo grado e poi assolto in appello. Di fronte a tutto ciò appare a dir poco ridicolo l'atteggiamento del governatore Formigoni che, invece di prendere atto della gravissima situazione e rassegnare subito le dimissioni, continua a fare il pesce in barile e parla di singoli casi giudiziari che "attengono a responsabilità personali" per cui "vale il principio della presunzione di innocenza fino a giudizio emesso" e aggiunge che non c'è nessun problema per la giunta della Regione, che "sta ottenendo importanti risultati" e la cui azione "non è sottoposta a giudizio". Mentre la Lega fa quadrato attorno al suo esponente con Bossi che non vuole sentire parlare di dimissioni (infatti Boni non le ha neanche prese in considerazione, si è"sacrificato" solo Dario Ghezzi) e Maroni che aggiunge: "Davide Boni non si tocca, la Lega non si tocca". 14 marzo 2012 |