La Camera approva in modo definitivo la legge sull'arbitrato La controriforma sul diritto del lavoro è una iattura per i lavoratori Cisl e Uil la appoggiano. La Cgil farà ricorso per incostituzionalità. Sacconi: "entro l'anno lo 'statuto dei lavori'" Urge sempre di più lo sciopero generale di 8 ore Alla fine la maggioranza governativa, con l'appoggio dell'UDC di Casini e la complicità dei sindacati collaborazionisti, la Cisl di Bonanni e la Uil di Angeletti, ce l'ha fatta a varare la controriforma iperliberista e neocorporativa del diritto e del processo del lavoro. La Camera, infatti, il 19 ottobre ha approvato il disegno di legge (ddl) lavoro con 310 voti favorevoli, 204 contrari e 3 astenuti, nella stessa forma e negli stessi contenuti che era passato al Senato il 29 settembre. Un mostro giuridico composto da ben 50 articoli e 140 commi che mischia argomenti assai diversi tra loro ma che al suo centro ha appunto una gravissima e devastante controriforma per i lavoratori, in tema di diritto del lavoro, giunto all'approvazione definitiva dopo un lungo iter durato due anni. Queste le tappe principali: il 26 novembre 2009 il ddl lavoro, collegato alla manovra di bilancio viene approvato in Senato, il 28 gennaio 2010 la Camera approva un testo emendato, il 31 marzo 2010 il presidente della Repubblica, con messaggio motivato, rinvia il testo al parlamento indicando alcuni profili incostituzionali in relazione alle norme sulla conciliazione dei controversie del lavoro, il 29 aprile la Camera vota un testo nuovamente emendato, il 29 settembre il Senato elimina gli emendamenti inseriti e vara il ddl che poi sarà quello definitivo messo ai voti alla Camera il 15 ottobre. Questa controriforma che si applica sia nel privato sia nel pubblico, è contenuta in tre articoli della legge: l'art.30 che riguarda la certificazione del contratto di lavoro, l'art.31 che norma la conciliazione e l'arbitrato e l'art.32 concernente le decadenze e le disposizioni in materia di contatto di lavoro a tempo determinato. Molte e tutte negative per la difesa dei diritti dei lavoratori, le modifiche e le novità introdotte. La più grave è senza dubbio quella che di fatto e di diritto rende obbligatorio, preventivo e vincolante il ricorso all'arbitrato e alle commissioni conciliatorie in caso di controversie del lavoro; escluse quelle, per il momento, relative al licenziamento senza "giusta causa". L'aver spostato la richiesta di "scegliere" arbitrato (in gergo, la clausola compromissoria) per conciliare le controversie che potrebbero sorgere in futuro non prima ma dopo la prova e comunque non oltre i 30 giorni dall'assunzione conta poco, il potere di ricatto aziendale rimane molto forte. A seguire, la possibilità per le aziende di imporre al momento dell'assunzione un contratto individuale di lavoro che contenga, oltre il vincolo di ricorre all'arbitrato per comporre eventuali futuri conflitti di lavoro, anche deroghe peggiorative al contratto nazionale, da far certificare agli enti bilaterali e "valido" anche davanti al giudice. C'è poi la norma che permette alle aziende di liquidare con pochi soldi, invece del reintegro nel posto di lavoro, i lavoratori a contratto a termine che in sede giudiziale hanno vinto la causa contro il licenziamento illegittimo. Lo stesso vale nel caso in cui il giudice stabilisce che quel lavoratore, assunto con contratto a progetto, svolge in realtà a tutti gli effetti un lavoro subordinato e continuativo nell'azienda ove è stata impiegato. Infine c'è la doppia decadenza che accorcia drasticamente i tempi massimi stabiliti sin qui nella legge 604/66, in cui il lavoratore può contestare il provvedimento disciplinare, anche quello di licenziamento, tempi limitati a 60 giorni per l'impugnazione scritta e altri 270 per il deposito del ricorso, sia in sede arbitrale che in sede giudiziaria. Scaduti i termini il lavoratore non può più far valere i propri diritti. Checché ne dicano i sostenitori della legge, le "modifiche" introdotte non eliminano affatto i tratti di incostituzionalità già precedentemente denunciati oltre che da Napolitano da centinaia di giuslavoristi e costituzionalisti democratici. In particolare, la violazione dell'art. 24 della Costituzione che stabilisce che "tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi". Un diritto questo fondamentale, inalienabile e indisponibile. Inoltre, ci sono le limitazioni, del tutto incostituzionali, contenute nell'art. 32 della legge che vincola il giudice ad un mero controllo formale sul "presupposto di legittimità" delle clausole generali dei provvedimenti padronali. Passa anche da qui una riduzione degli spazi della giurisdizione e quindi del diritto dei lavoratori alla tutela giudiziaria dei loro diritti. È inammissibile, costituzionalmente parlando, che il giudice sia vincolato, nella sua attività interpretativa, a "certificazioni" stabilite da commissioni di natura privata extragiudiziale. Euforico, manco a dirlo, il ministro del welfare, Maurizio Sacconi, che di questa controriforma è stato il primo autore, che così ha commentato: "C'è stata una convergenza di tutte le organizzazioni sindacali tranne la Cgil. L'arbitrato - detto per equità - si configura come uno strumento in più a disposizioni della contrattazione collettiva" per "semplificare in tempi certi la soluzione del contenzioso in modo da superare la logica del conflitto nei rapporti di lavoro". Ma questo avverrà senza la certezza del diritto e a scapito della parte più debole, ossia i lavoratori, in quanto l'arbitrato decide con "giudici privati" e sulla base dell'"equità" e non a norma di legge. Il ministro ha aggiunto: "Ora il governo proporrà all'esame del parlamento il disegno di legge delega sullo Statuto dei lavori". Come a dire, dopo la controriforma della contrattazione dell'aprile 2009 che ha demolito il contratto nazionale di lavoro, dopo la suddetta controriforma sul diritto del lavoro, si passa alla manomissione dello "Statuto dei lavoratori" con in testa l'art.18 per cancellare la tutela contro i licenziamenti illegittimi. Per bocca del segretario confederale, Giorgio Santini, la Cisl si dichiara soddisfatta del provvedimento. "Sui temi dell'arbitrato e conciliazione - ha detto Santini - strumenti di cui la Cisl da sempre sostiene l'importanza, le norme sono accettabili in quanto - aggiunge - sono state in gran parte recepite sia le osservazioni del capo dello Stato sia l'avviso comune firmato dalle parti sociali lo scorso 11 marzo (ma non dalla Cgil, ndr), che ha escluso la materia del licenziamento dall'applicazione delle nuove norme". Contraria la Cgil che ha definito la legge "sbagliata e pericolosa che colpisce il futuro dei lavoratori". Questi i punti critici della legge messi in evidenza dal segretario confederale, Fulvio Flammoni: "dalla certificazione in deroga ai contratti collettivi nazionali e vincoli al ruolo del giudice del lavoro, all'arbitrato e la clausola compromissoria da firmare all'atto dell'assunzione per impedire la possibilità di ricorrere a un giudice in caso di controversie". Inoltre "l'arbitrato che sostituirà il giudice emetterà sentenza 'secondo equità' anche in deroga alle leggi e ai contratti nazionali". Due le iniziative che la Cgil intende assumere subito: presenterà un appello sugli elementi di incostituzionalità; farà partire una campagna di informazione su come difendersi dagli effetti negativi della legge con la diffusione di materiali informativi in tutti i posti di lavoro. Troppo poco. Occorre proclamare lo sciopero generale di 8 ore di tutti i lavoratori, sempre più urgente e necessario, con manifestazione nazionale sotto Palazzo Chigi. 27 ottobre 2010 |