Il Senato approva in modo definitivo la legge di stabilità e il bilancio dello Stato Il più grande taglio alla spesa pubblica del dopoguerra Soldi per le missioni militari, scuole private. Condoni edilizi. Nulla o quasi per salari, pensioni, scuola, università e Mezzogiorno Napolitano ha favorito questa macelleria sociale Con una discussione rapida e in modo blindato, cioè non accogliendo nessun emendamento presentato, il Senato ha dato il via libera definitivo, il 7 dicembre, alla legge di stabilità (la vecchia Finanziaria) e il bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2011 e per il triennio 2011-2013. La legge di stabilità, che era stata approvata alla Camera il 17 novembre scorso, è passata con 161 voti favorevoli, 127 contrari e 5 astenuti. Il Bilancio dello Stato, approvato alla Camera il 19 novembre, ha ottenuto 161 Sì e 124 No, 5 sono stati gli astenuti. Hanno appoggiato i documenti finanziari del ministro per l'Economia, Giulio Tremonti, il PDL, Lega Nord, e FLI, contrari PD, IDV e UDC. Alla prova dei fatti, nessuna novità. Tutto si è svolto come programmato nei giorni precedenti. Tutti i partiti, sia di "centro-destra" sia di "centro-sinistra", hanno obbedito agli ordini del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Il quale, convocando addirittura i presidenti di Camera e Senato, Fini e Schifani, aveva dettato i tempi dell'approvazione della legge di stabilità, da realizzare assolutamente prima del 14 dicembre, cioè del giorno della discussione sulla sfiducia del governo. Ecco perché tutti i senatori hanno accettato una discussione frettolosa e, di fatto, formale, la bocciatura secca, senza votazioni, degli emendamenti. In questo ambito, come "contropartita", il governo ha accolto alcuni ordini del giorno. Come quello che impegna l'esecutivo a incrementare di 300 milioni i fondi destinati al 5 per mille (quando?), quello per prorogare di un anno il termine per regolarizzare al catasto le case fantasma, in pratica l'ennesimo condono, e quello per rivedere la disciplina delle concessioni demaniali marittime. Il provvedimento finanziario vale per il 2011, secondo le cifre rese pubbliche, 6 miliardi di euro (4 da maggiori entrate e 2 da minori spese). Ma attenzione, esso va ricollegato alla manovra correttiva 2010-2012 per un ammontare di 24 miliardi di euro del maggio scorso. Le misure varate ora, le cui dimensioni potrebbero essere considerate di entità relativamente contenute, vanno assommate a quelle dei mesi scorsi. È facendo questa valutazione complessiva che emerge la vera natura della politica economica e sociale del governo del neoduce Berlusconi e la vera dimensione della stangata fiscale. Di vera e pura macelleria sociale si tratta. C'è chi lo considera il taglio alla spesa pubblica più drastico dal dopoguerra. Il tutto a danno dei lavoratori e delle masse popolari: il congelamento degli stipendi per tre anni ai dipendenti pubblici, decine e decine di migliaia di precari della di scuola, università e pubblico impiego che non avranno il contratto rinnovato e perderanno il posto di lavoro, il blocco del turn-over nella pubblica amministrazione, l'innalzamento dell'età pensionabile da 60 a 65 anni per le lavoratrici pubbliche, la riduzione di diverse centinaia di milioni di euro del fondo sanitario nazionale, il peggioramento della normativa per le pensioni d'invalidità, il taglio delle risorse a regioni, province e comuni, il taglio cosiddetto "lineare" del 10% delle risorse a tutti i ministri senza alcun discernimento fondato sulla peculiarità e le necessità di spesa e investimento. Questa impostazione liberista e stangatrice che scarica la crisi interamente sulle masse lavoratrici e popolari è riproposta per intero nella legge di stabilità. La quale si caratterizza per i fondi stanziati alle missioni militari all'estero (750 milioni), alle scuole private paritarie (245 milioni rispetto ai 150 milioni previsti), per la detassazione del salario di produttività e del lavoro straordinario (835 milioni) che equivale a una beffa in tempi di cassa integrazione e chiusura delle fabbriche, perché gioco forza rimarranno pressoché inutilizzati. C'è il taglio del 75% dei fondi del cinque per mille (da 400 a 100 milioni) che ha suscitato una dura protesta da parte delle associazioni del volontariato. È vero, ci sono anche i finanziamenti per l'Università, gli "ammortizzatori sociali", ai comuni e un leggero allentamento del patto di stabilità con le regioni, ma inferiori rispetto al passato e comunque molto al di sotto delle reali esigenze. C'è poi il gioco delle tre carte sui Fas (fondi per le aree sottosviluppate) circa 1,5 miliardi di euro che Tremonti usa per l'edilizia sanitaria pubblica. Non c'è nulla per i ricercatori e per i lavoratori della cultura e dello spettacolo. Sono state ignorate le loro esigenze. Ai ceti ricchi il governo non ha torto un capello: non ha preso loro neppure un euro. Le entrate arriveranno, se arriveranno, dall'asta delle frequenze (2,4 miliardi), da una stretta sui giochi (500 milioni) e dal cosiddetto Fondo Letta (1,7 miliardi). A proposito di balle e di giochi di prestigio con le cifre, Tremonti è notoriamente un maestro. Si vanta di aver messo a posto i conti dello Stato ma le cose non stanno così. Dal Rapporto sulla finanza pubblica appena pubblicato emerge che il rapporto deficit/PIL (Prodotto Interno Lordo) quest'anno si porterà al 5,3% anziché al 5% stimato dal governo e il prossimo anno al 4,3% anziché al 3,9% governativo. Stesso discorso per il debito: 119% sul PIL quest'anno e non il 118,5% e 120% nel 2011 e non 119,2%. Anche le stime sulla crescita del PIL sono sbagliate, sovrastimate. Tutto questo, unitamente a un minor gettito tributario che nel 2010 è stato di 6 miliardi, prepara il terreno a una prossima e probabile manovra correttiva di altri 6,7 miliardi di euro. Dalle rivelazioni di Wikileaks si è avuto la conferma conclamata che questo governo lavora anche per gli sporchi affari personali di Berlusconi, sia economici sia giudiziari. Mentre il Paese affonda in una crisi tra le più gravi della sua storia, una crisi che colpisce duro le condizioni di vita e di lavoro delle masse, cresce la disoccupazione, cala paurosamente il potere d'acquisto dei salari e delle pensioni, dilagano le nuove povertà, in particolare le nuove generazioni non hanno futuro. Intollerabile! È dunque più che giustificato l'assedio alle sedi del governo e del parlamento di questi giorni da parte di studenti, docenti, ricercatori, precari in genere, lavoratori dello spettacolo, lavoratori delle fabbriche in crisi e altre categorie ancora per protestare contro la politica economica e sociale del governo e per rivendicare i loro sacrosanti diritti. Ci vuole, anche per unificare le lotte in corso, lo sciopero generale nazionale: cosa aspetta la Cgil a proclamarlo? È la piazza che può e deve buttare giù il neoduce Berlusconi. 15 dicembre 2010 |