Il governo libanese filo Usa bombarda un campo profughi per eliminare i miliziani di Fatah al Islam Bush pronto a mandare i marines in Libano Oltre la metà dei 40 mila profughi palestinesi sono fuggiti in pochi giorni dal campo di Naher Al-Bared, vicino Tripoli, nel nord del Libano messo sotto assedio e bombardato dall'esercito del governo filo Usa di Siniora per eliminare i miliziani della formazione di Fatah al Islam. L'attacco dell'esercito è scattato il 20 maggio e per due giorni carri armati e artiglieria hanno riversato una pioggia di fuoco nelle vie dove aveva la sua base l'organizzazione Fatah al Islam e sulle abitazioni dei profughi; oltre 60 i morti, fra cui almeno un terzo civili, e più di 200 i feriti. Nei giorni successivi si è rafforzato l'assedio al campo da parte dell'esercito che non potrebbe fare irruzione all'interno in base a un accordo stipulato nel 1969 fra palestinesi e governo libanese, sotto il patrocinio della Lega araba, a protezione dei 21 campi nel paese che accolgono oltre 380 mila profughi palestinesi espulsi o fuggiti dopo la fondazione dello stato di Israele. E assistiti dall'Unwra, l'agenzia Onu che si occupa dei profughi palestinesi. Quello di Naher al Bared, situato a 16 chilometri a nord di Tripoli, è uno dei più grandi ed è stato costruito dalla Croce Rossa nel 1949. Testimonianze di palestinesi fuggiti dal bombardamento dell'esercito denunciavano i tanti morti abbandonati per le strade, le cannonate cadute sulle case, sui centri medici e sul cimitero. A sostegno dei profughi di Nahr al-Bared intrappolati nelle loro case protestavano il 22 maggio i rifugiati dell'altro campo di Tripoli, quello di Beddawi, dove centinaia di giovani e di donne davano alle fiamme vecchi copertoni. Manifestazioni di protesta si svolgevano anche nel campo di Ein al-Hilwe presso Sidone, dove i 70mila abitanti vedevano con preoccupazione il rafforzamento attorno agli ingressi dei presidi dei soldati dell'esercito del premier Siniora. Anche nel campo di Sidone sono presenti gruppi che il governo filo Usa accusa di essere "organizzazioni terroriste". "Il terrorismo è usato come pretesto per un intervento in armi degli Stati Uniti" denunciava un giornale dell'opposizione che riportava la disponibilità di Bush a mandare i marines il Libano, dopo che nel 1983 erano stati cacciati dalla resistenza libanese. E denunciava l'arrivo nel paese di armi americane prontamente inviate da Washington con un ponte aereo; il 25 maggio i primi due di otto aerei da trasporto C-130 atterravano all'aeroporto di Beirut con un carico di proiettili d'artiglieria. L'aiuto americano era definito un "soccorso ambiguo" dal portavoce di Hezbollah, non certo indispensabile per un attacco contro la sola formazione di Fatah al Islam. Altri aiuti militari americani sono in programma, arriveranno dalle basi Usa nei paesi arabi e prevedono tra l'altro apparecchiature speciali per il combattimento notturno. Sono "aiuti" aggiuntivi ai 220 milioni di dollari in armamenti che Washington ha già promesso al governo Siniora per il 2007. Nel 2006 gli Usa hanno versato nelle casse del ministero della difesa libanese poco più di 10 milioni di dollari con i quali sono stati rimessi in servizio autocarri e blindati fermi da anni mentre un centinaio di ufficiali libanesi hanno partecipato a programmi di formazione nelle accademie militari statunitensi. Gli Usa sponsorizzano il pesante riarmo dell'esercito libanese e la prova di forza tentata dal governo filo Usa a Tripoli potrebbe essere la prima parte di un'azione che ha nel mirino la resistenza libanese di Hezbollah e le opposizioni al governo di minoranza di Siniora. Un governo appoggiato anche da Prodi e D'Alema. 30 maggio 2007 |