Le novità del pacchetto Bersani Le liberalizzazioni sono conformi al mercato e all'economia capitalistici Puniscono i più deboli e favoriscono i più forti Montezemolo: "i temi della confindustria sono al centro dell'attenzione del governo" Dopo una lunga riunione tenutasi il 25 gennaio, il Consiglio dei ministri ha approvato all'unanimità, ivi compresi quindi il PRC e il PdCI, il secondo pacchetto di liberalizzazioni del ministro per lo Sviluppo economico, Pierluigi Bersani. Il primo fu approvato il 21 luglio del 2006 e riguardava essenzialmente la vendita dei farmaci da banco nei supermercati, l'abolizione dei tariffari degli ordini professionali, l'ampliamento delle licenze dei taxi, l'apertura da parte dei comuni ai privati per integrare i trasporti pubblici urbani, la cancellazione dei vincoli per la produzione del pane. Questo secondo pacchetto è molto più ampio e tocca molte questioni alcune di grosso spessore economico e politico, altre di livello medio, altre ancora di valore irrisorio. Non a caso l'hanno chiamato la "lenzuolata" di Bersani; alla quale però hanno contribuito, con le loro proposte di integrazione, il vice-premier Rutelli, i ministri Di Pietro e Fioroni, il vice-ministro alle finanze Visco e il deputato radicale Capezzone. Il mega-pacchetto approvato, data la sua considerevole dimensione e considerando la complessità di alcuni temi è stato suddiviso in un decreto legge, composto di 12 articoli, immediatamente operativo e in un disegno di legge di 45 articoli che andrà in parlamento per la sua approvazione. Si tratta complessivamente di 57 provvedimenti che, secondo il governo, servono per "eliminare le barriere all'accesso dei giovani alle attività economiche, per favorire la crescita economica (investimenti e occupazione); per rendere l'Italia più competitiva nel mondo: nuove tutele - continua - per il cittadino-consumatore; imprese e mestieri più liberi; impresa più facile". Un decreto e un disegno di legge Nel decreto sono state infilate le misure che concernono: la semplificazione delle procedure per la creazione di un'impresa; una maggiore trasparenza nel settore delle assicurazioni e delle tariffe aeree; lo stop ai costi aggiuntivi delle ricariche telefoniche e ai prezzi dei carburanti; i provvedimenti sui mutui e sull'estinzione dell'ipoteca sulla casa; l'obbligo di evidenziare la data di scadenza degli alimenti; la semplificazione delle procedure per intraprendere alcuni mestieri. Ancora: la revoca degli affidamenti per i lavori della Tav non ancora iniziati e la messa in gara di questi; l'istituzione della targa personale per auto e moto; la cancellazione di alcune disposizioni della "riforma" Moratti, legate alla scuola secondaria, in particolare agli istituti tecnici e l'introduzione delle Fondazioni che trasfomano le scuole in enti di natura privata. Mentre nel disegno di legge sono finite le norme che liberalizzano i punti di vendita di carburanti e giornali; l'abolizione dei limiti di distanza tra un esercizio e l'altro per aprire un cinema; gli sgravi fiscali per favorire la capitalizzazione delle imprese; i provvedimenti che favoriscono la privatizzazione delle linee di trasporto interregionali; lo sportello unico per le imprese; l'abolizione del Pubblico registro automobilistico (Pra) per le immatricolazione per il passaggio di proprietà. Inoltre, norme che aboliscono il massimo scoperto nel contratto di conto corrente. È rimasto fuori sia dal decreto che dal disegno di legge, lo scorporo della rete gas della Snam. Ma il ministro per l'Economia, Padoa Schioppa, si è impegnato a presentare in 15 giorni, un progetto complessivo comprendente il passaggio della rete a Terna, l'attuale società della rete di trasmissione elettrica. Davvero difficile, se non impossibile, per l'operaio, il lavoratore, il pensionato, il disoccupato, la casalinga, lo studente, l'artigiano, insomma per le masse popolari, riuscire a raccapezzarsi in questo minestrone di provvedimenti, capirne la filosofia e le finalità a breve e lungo termine, trarre un giudizio positivo o negativo, stabilire se devono essere appoggiate o contrastate. Anche perché esse sono state accompagnate da una campagna propagandistica ingannatoria e mistificante e da un coro entusiasta che ovviamente vede in prima fila i partiti della maggioranza governativa e che gode della silenziosa opportunistica acquiescenza dei partiti falsamente comunisti di Bertinotti e Giordano, per il PRC, e di Diliberto e di Rizzo per il PdCI; della Confindustria e dei sindacati confederali, nonché le stesse associazioni dei consumatori; anche i partiti della Casa del fascio di Berlusconi, Fini, Bossi e Casini sono d'accordo visto che si limitano alla critica di liberalizzazioni insufficienti. I padroni esultano Ecco alcune dichiarazioni che rendono l'idea. Si va da quella di Prodi che dice: "Mai fatto un lavoro così organico, nonostante lo scetticismo", alla soddisfazione espressa da Bersani e Rutelli che più degli altri hanno contribuito a definire il pacchetto di misure approvate. Ma assai più significativi sono i commenti dei rappresentanti della Confindustria. Il presidente Luca Cordero di Montezemolo, alla vigilia della riunione del Consiglio dei ministri aveva detto: "Siamo soddisfatti nel vedere che tutti i temi che in questi ultimi due anni Confindustria ha portato all'attenzione del Paese sono al centro del dibattito e dell'attenzione del governo". E ricordato come nell'agenda del governo trovino uno spazio importante la spinta alle liberalizzazioni, alla "riforma" della pubblica amministrazione, il welfare e la definizione di nuovi ammortizzatori sociali e, ancora, il "patto per la produttività". Ma, come si dice, l'appetito vien mangiando. In una nota di commento sulle misure varate dal governo, la Confindustria le definisce condivisibili ma le interpreta come "l'avvio di un'azione più ampia, che arrivi a intaccare quei meccanismi anticoncorrenziali che, soprattutto nei servizi innovativi, continuano a intrappolare l'economia italiana". I capitalisti italiani, come quelli europei e del Nord America, puntano alle privatizzazioni dei servizi (finanza, istruzione, sanità, comunicazioni, consulenza, ricerca, innovazione e altri), al grande business che rappresenta questo settore che, secondo i dati, rappresenta circa il 70 per cento del prodotto interno lordo. Prodi e i suoi ministri caratterizzano quelli presi, come provvedimenti a favore dei consumatori e per lo sviluppo delle imprese. La prima parte dell'affermazione è falsa, almeno per quanto riguarda la parte più debole, i ceti meno abbienti. La seconda è vera ma interessa unicamente i capitalisti e i ceti più ricchi. Ciò è senz'altro vero in una visione d'assieme della politica economica del governo Prodi e nei suoi effetti in prospettiva. Ciò al di là di qualche micro-misura contenuta nel pacchetto anche condivisibile se valutata a sé. Quello del consumatore (o cliente) è un termine interclassista. Non esiste un consumatore tipo, ma tanti consumatori molto diversi tra loro per ceto e reddito: c'è quello povero e con un potere d'acquisto molto limitato e c'è quello ricco con possibilità di compera assai più elevate. Dire perciò che un provvedimento fa gli interessi del consumatore senza distinzioni quanto meno non è esatto. Falsi slogan false teorizzazioni In ogni caso, non vi è dubbio che il piatto forte del secondo pacchetto Bersani riguarda le liberalizzazioni, meglio sarebbe dire deregolamentazioni liberiste, le imprese, i capitalisti. Le misure per la "facile impresa", gli sgravi fiscali per incentivare la capitalizzazione delle imprese, l'eliminazione dei limiti per la vendita dei giornali e della benzina, per favorire le attività di facchinaggio e di pulizie, per aprire nuovi cinema. I provvedimenti finalizzati a promuovere privatizzazioni nel settore dei trasporti e della scuola dimostrano questo assunto. Prodi e Bersani, come nel passato il governo di "centro-sinistra" del 1996, si rivelano come i capofila delle privatizzazioni, con l'ausilio, questa volta di Padoa Schioppa e Rutelli. Non vanno dimenticate infatti le controriforme neoliberiste già impostate, in programma per i prossimi mesi, sui servizi pubblici locali (ddl Lanzillotta), sul pubblico impiego (proposta Nicolais), sulla scuola (ddl Fioroni), sul Tfr e le pensioni (proposte Damiano). Privatizzazioni che sono nella normale logica del mercato e dell'economia capitalistici. Quanto ai monopoli privati sono la diretta conseguenza inevitabile della libera concorrenza; almeno fino a che esisterà la proprietà privata dei mezzi i produzione, fino a che avremo a che fare con il modo di produzione capitalistico. Per confondere e paralizzare la coscienza della classe operaia e delle masse popolari costoro usano una serie di slogan e di teorizzazioni del tipo: la libera concorrenza combatte forme di monopolio; privatizzare porta efficienza, risparmio, più occupazione, convenienze per i consumatori, per gli utenti; scardinare le chiusure delle "corporazioni" e deregolamentare aiuta lo sviluppo; fino ad arrivare a sostenere che "liberalizzare" è di sinistra. Ma questi slogan, che ne richiamano uno più antico al cento per cento borghese-liberale che recita "meno stato e più mercato", tradotti in provvedimenti legislativi e in politiche governative con la complicità della "sinistra" borghese e dei vertici sindacali collaborazionisti, hanno funzionato solo per aumentare a dismisura i profitti dei grandi capitalisti, per il resto si sono rivelati falsi, fallimentari. Anzi, estremamente deleteri per le condizioni di vita e di lavoro delle larghe masse lavoratrici. Il bilancio negativo delle privatizzazioni In Italia abbiamo il bilancio nettamente negativo, quando non devastante, della privatizzazione delle partecipazioni statali facenti capo all'Iri che, hanno provocato la quasi scomparsa di interi settori, acciaio e chimica in testa; abbiamo la privatizzazione della Telecom e delle Ferrovie dello Stato che non hanno portato nessun miglioramento di quelli vantati, e un processo di liberalizzazioni in campo elettrico e energetico, circa le autostrade, ma anche a proposito dell'Alitalia e delle aziende comunali che non promette nulla di buono. Per non dire di settori vitali quali acqua, istruzione scolastica e universitaria e sanità da tempo presi di mira dal capitale finanziario. Inoltre, le esperienze passate e presenti a livello internazionale, Reagan in Usa, la Thatcher, ma Blair non è da meno, in Gran Bretagna, la Cina capitalista odierna dimostrano in modo lampante che le privatizzazioni sia in ambito industriale, sia nell'ambito dei servizi pubblici e del terziario per gli operai e i lavoratori hanno ricadute profondamente negative: più sfruttamento, meno occupazione, più precarietà, meno o assenza di diritti sindacali, fine dei diritti sociali come diritti universali, pubblici e gratuiti. La ragione è semplice, lo scopo fondamentale dell'investimento privato è il massimo profitto, tutto il resto viene dopo e deve essere funzionale. Privato è bello? No! Libero mercato è bello? No! Demolizione del pubblico è bello? No! Arricchimento dei capitalisti è bello? No! Dunque: abbasso le liberalizzazioni del governo Prodi! 31 gennaio 2007 |