Lombardo indagato per Concorso esterno con la mafia Sotto inchiesta anche il fratello di Lombardo, Fagone (Udc) e vari amministratori e sindaci della provincia di Catania, funzionari regionali. Gli alleati, PD in testa, lasciano correre Il governatore della Sicilia deve dimettersi Dal nostro corrispondente della Sicilia Concorso esterno in associazione mafiosa è questa l'ipotesi di reato per la quale, secondo indiscrezioni pubblicate sul quotidiano La Repubblica, sono indagati dalla Procura di Catania il governatore della Sicilia, Raffaele Lombardo (Mpa), suo fratello Angelo Lombardo, deputato nazionale (Mpa), Fausto Fagone, deputato regionale (Udc), vari amministratori provinciali e sindaci dei comuni della provincia etnea, funzionari regionali e consulenti che avrebbero favorito le attività di Cosa nostra. È da due anni che dura l'indagine dei carabinieri sulle relazioni tra il governatore, il fratello e il capo della mafia catanese, Vincenzo Aiello, boss della storica cosca dei Santapaola. Il rapporto conterrebbe rivelazioni di collaboratori di giustizia e intercettazioni telefoniche e ambientali che documenterebbero il massiccio appoggio delle famiglie catanesi all'elezione di vari rappresentanti delle istituzioni borghesi adesso indagati, raccogliendo migliaia di voti nella provincia in cambio di favori, appalti e posti di lavoro. "È un'accusa che non sta né in cielo né in terra", commenta don Raffaele. Tuttavia, sembra che nel dossier in mano alla Procura le rivelazioni siano esplosive. In alcune intercettazioni Aiello rimprovera a Lombardo il tentativo di darsi un'aria di estraneità alle cosche e di proteggersi da eventuali inchieste per mafia, nominando dei magistrati in giunta: "Raffaele ha fatto una 'minchiata' - afferma Aiello parlando con gli esponenti della sua cosca - a fare questi magistrati assessori, perché questi, anche se lui è convinto che lo faranno, non potranno proteggerlo". Si attendono le prossime mosse dei giudici catanesi: "i magistrati del pool cui è stata affidata l'inchiesta- scrive La Repubblica del 30 marzo - l'aggiunto Giuseppe Gennaro e i sostituti Agata Santonocito, Iole Boscarino e Antonino Fanara, che da due anni in gran segreto hanno raccolto prove e riscontri sulle presunte connivenze dei due uomini politici accusati anche da collaboratori di giustizia, stanno lavorando alla richiesta di ordine di custodia cautelare nei confronti dei fratelli Lombardo". Il PMLI non ha mai avuto dubbi sulla vera natura del personaggio politico Raffaele Lombardo. Nel documento per le elezioni regionali del 2008 affermò che i contenuti politici del suo programma erano una sorta di fotocopia degli interessi "della parte più reazionaria della borghesia siciliana, ossia la mafia". Puzzava tanto di clientelismo l'incetta di consensi delle liste legate a Lombardo durante l'elezione del sindaco nel capoluogo etneo nel 2005. La vertiginosa scalata dell'Mpa a tutti i nodi del potere politico in Sicilia e le battaglie per la supremazia nella sanità siciliana, erano evidenti scontri tra lobby reazionarie. Fatto sta che, secondo le indiscrezioni de La Repubblica, agli atti ci sarebbero documenti relativi "a nomine e forniture pubbliche regionali, soprattutto nel settore della sanità, dei rifiuti e della formazione professionale. Fiumi di denaro e assunzioni clientelari nell'amministrazione pubblica, non soltanto regionale, negli Ato rifiuti, nei consorzi e nelle società di servizi", proprio nelle province dove l'Mpa assumeva un sempre maggiore peso elettorale. E non poteva non trasudare reazione al più alto grado la demagogica propaganda "pro" Mezzogiorno dell'imbroglione e falso meridionalista Lombardo, tutta incentrata sull'accaparramento dei Fas e sulla realizzazione delle grandi opere, con progetti mirati a favorire solo gli approfittatori e i pescecani borghesi meridionali. Quando si trattò un paio di mesi fa di dare l'appoggio "esterno" al Lombardo ter il capogruppo del Pd al parlamento siciliano, Antonello Cracolici, uno dei principali artefici dell'inciucio, per rispondere sarcasticamente alle violente polemiche nate nella base del partito contro l'alleanza con Lombardo e all'indignazione degli antimafiosi siciliani affermava: "Oggi ci chiamano inciucisti, magari domani ci arruoleranno fra i collusi con la mafia, chissà". I fatti politici parlavano chiaro allora e parlano chiaro adesso, supportati ora dalle indagini della Procura di Catania. Ma il Pd siciliano lascia correre, e continua a tacere. Un atteggiamento che consente a Lombardo di ostentare sicurezza: "Noi andiamo avanti sulla strada delle riforme e del risanamento, a cominciare dalla finanziaria, che vareremo in giunta dopo avervi inserito tutto quello che serve", afferma, a conclusione della riunione della sua giunta, convocata a Catania la sera stessa della pubblicazione della notizia dell'inchiesta. "Le dimissioni immediate del Presidente della Regione e lo scioglimento dell'Assemblea regionale appaiono elementi assolutamente necessari" - afferma in un comunicato la Federazione della Sinistra di Catania - "la responsabiltà del Pd, che ha consentito la continuità della presidenza Lombardo è gravissima". I marxisti-leninisti siciliani, avevano denunciato già due mesi fa che dando l'appoggio a questo governo filomafioso si stava preparando un futuro di lacrime e sangue per le masse popolari siciliane. Lombardo deve dimettersi. Non lo farà di sua spontanea volontà e tocca alle masse lavoratrici e popolari, a tutti i sinceri democratici, antifascisti e antimafiosi siciliani, mandare a casa il governo dell'imbroglione e falso meridionalista Lombardo, riprendendo ed estendendo la mobilitazione antimafiosa che costrinse il governo Cuffaro, accusato per reati di mafia, a dimettersi nel 2008. 31 marzo 2010 |