Lusi rubava e Rutelli sapeva Rutelli: "I bilanci dei partiti sono oscuri e facili da falsificare" La procura di Roma chiede l'arresto del senatore eletto dal PD Gli sviluppi dell'inchiesta sulle ruberie dell'ex tesoriere di Democrazia e Libertà - Margherita Luigi Lusi confermano che ormai da tempo tutti i partiti borghesi che siedono nel parlamento nero si sono trasformati in vere e proprie cosche parlamentari e di conseguenza tutti i boss politici che li rappresentano a tutti i livelli e che fanno capo alle diverse correnti interne, agiscono non "per il bene del Paese" come dicono a parole, ma ognuno per il proprio tornaconto economico, politico ed elettorale in totale disprezzo della fiducia che di volta in volta gli accordano gli elettori. Gli arresti Dal 3 maggio sulla testa di Lusi, espulso dal PD poche settimane fa e approdato nel Gruppo Misto, pende una richiesta di arresto presentata al Senato dal Gip di Roma Simonetta D'Alessandro su richiesta dei Pubblici ministeri (Pm) coordinati dal procuratore aggiunto Alberto Caperna. Agli arresti domiciliari sono già finiti la moglie di Lusi, Giovanna Petricone, e i due commercialisti, Mario Montecchia e Giovanni Sebastio, che hanno aiutato il senatore PD a depredare circa 30 milioni di euro di rimborsi elettorali dei quasi 80 complessivi affluiti nelle casse dell'ex Margherita dal 2007 al 2011. Individuato come il "capo di un sodalizio dedito ad attività di tipo predatorio", Lusi e la sua banda devono rispondere di "associazione per delinquere finalizzata all'appropriazione indebita, al riciclaggio, fraudolenta intestazione di valori ed altri illeciti strumentali a danno della Margherita". Lusi è stato iscritto nel registro degli indagati a partire dalla metà di gennaio. Sotto inchiesta ci sono anche il cognato, Paolo Piva, e una nipote, Diana Ferri, organici alle società di Lusi usate per far sparire i soldi. Il procuratore aggiunto Alberto Caperna e il sostituto Pesci gli hanno sequestrato due ville ai Castelli, un appartamento a Roma, cinque appartamenti a Capistrello (provincia dell'Aquila), due società e tre conti correnti. Di fronte all'incalzare dell'inchiesta giudiziaria tra i vari boss dell'ex DL - Margherita (molti dei quali sono confluiti nel PD nell'aprile 2007, mentre un'altra parte si è riciclata in Alleanza per l'Italia (Api), il partito fondato nel 2009 da Rutelli e approdato nel Terzo Polo con Casini e Fini) è scoppiata una vera e propria faida interna tra le varie correnti che assomiglia a un autentico regolamento di conti in perfetto stile mafioso. Infatti, fin dalle sue prime battute l'inchiesta ha accertato che tutte le correnti che facevano capo all'ex DL - Margherita hanno, chi più e chi meno, beneficiato dei contributi elettorali rubati al popolo e elargiti dallo Stato a titolo di rimborso per le spese sostenute dai partiti per la propaganda nelle varie campagne elettorali. Rutelli sapeva Possibile che dal 2007 ad oggi, nessun esponente di DL-Margherita, prima, e di Api e/o PD, poi, abbia mai nutrito sospetti sulla palese falsificazione dei bilanci e che nessuno, a cominciare dall'ex segretario Rutelli, abbia mai avuto sentore delle spericolate operazioni finanziarie che Lusi faceva sui conti del partito? Tra l'altro, secondo l'inchiesta pubblicata del settimanale l'Espresso del 23 marzo, risulta che Rutelli si è fatto finanziare con i soldi della Margherita la fondazione ambientalista di cui è presidente. Si tratta di 1 milione e 126 mila euro versati al Centro per il futuro sostenibile (Cfs) tramite bonifico tra il novembre 2009 e luglio 2011, una media di 43 mila euro al mese. E pare proprio che questi soldi siano transitati ad Alleanza per l'Italia (Api) nata proprio nel novembre 2009 in coincidenza con l'arrivo dei primi bonifici dal conto corrente della Margherita. "Il 30 novembre 2009" - si legge fra l'altro su l'Espresso - l'associazione Centocittà (promossa nel '98, tra gli altri, da Rutelli, Enzo Bianco e Massimo Cacciari) ottiene un bonifico di 150 mila euro dalla Margherita. Il giorno dopo, il primo dicembre, "la fondazione Cfs spedisce un bonifico (anche questo da 150 mila euro tondi tondi) al neonato partito di Rutelli". Non solo. Il Cfs, secondo il settimanale, paga anche "l'affitto della sede dell'Api nel centro storico di Roma a Largo Fontanella Borghese", per una cifra di "circa 5 mila euro al mese secondo i movimenti bancari del 2009, 2010 e 2011". Coinvolto il vertice dell'ex Margherita Insomma Rutelli e tutto il vertice della Margherita non solo sapevano delle ruberie di Lusi, ma, finchè hanno potuto, lo hanno anche difeso e coperto. La riprova sta ad esempio nelle varie lettere raccomandate che Claudio Di Francesco (garante del Comitato elettorale "Veltroni sindaco Prestipino presidente" sorto nella primavera del 2006 per sostenere l'elezione di Patrizia Prestipino dell'allora Margherita al XII Municipio di Roma) inviò a Rutelli da luglio 2006 a gennaio 2008 per metterlo al corrente di tutte le irregolarità che aveva riscontrato sia nei bilanci del partito che nelle spese elettorali sostenute. Ma Rutelli invece di fare pulizia dentro la Margherita, sporge querela contro Di Francesco per tentata estorsione. Il 7 giugno 2009 il Pm romano Caterina Caputo convoca Rutelli per chiarire il perché in qualità di segretario nazionale non avesse dato seguito alle denunce di Di Francesco contenute in particolare nella terza raccomandata. A dir poco ridicola la risposta di Rutelli che si giustifica dicendo di non aver mai letto tali missive perché "se le sarà mangiate il cane o se le sarà fregate mio figlio". Ad inchiodare il vertice della Margherita c'è anche una nuova testimone, Elena Mattesi, revisore contabile dell'Api che si è dimessa dall'incarico e ha deciso di collaborare con gli inquirenti proprio perché non tollera più "l'ipocrisia" di Rutelli e del vertice dell'ex Margherita. Mattesi tra l'altro si chiede come mai Montecchia e Sebastio, additati come "infedeli" da Rutelli, hanno continuato a lavorare nell'Api fino a marzo scorso? Non solo, Mattesi ricorda anche che il 25 ottobre 2011 insieme all'allora tesoriere dell'Api, Guido Improta, ora sottosegretario alle Infrastrutture, segnalano per la seconda volta a Rutelli le "anomalie di bilancio" in riferimento ai finanziamenti al Cfs e al contratto di affitto della sede del partito in piazza Fontanella Borghese di proprietà dello stesso Cfs. Minacce e ricatti Tutto ciò spiega come mai Rutelli, che fino ad oggi ha fatto finta di cascare dalle nuvole, ora che il bubbone è scoppiato cerca di minimizzare e parla di "falsità ridicole"; ma in una nota affidata al suo legale rivela che "nel pieno rispetto delle regole e delle previsioni statutarie, il tesoriere della Margherita ha disposto il finanziamento di centinaia di iniziative. Tra queste, oltre al Cfs, ci sono anche il Centro di Formazione politica di Milano (dell'ex sindaco di Venezia Massimo Cacciari, ndr) e l'Istituto nazionale per la storia del Movimento di liberazione in Italia (tra i cui fondatori figurava anche l'ex presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, ndr)". Una rivelazione che ha tutto il sapore di una intimidazione in perfetto stile mafioso e che sembra voler dire: attenzione, non sono l'unico ad aver beneficiato dei soldi rubati dalle casse della Margherita. Minacce e ricatti che Rutelli ha rilanciato anche il 15 marzo al termine di una lunga conferenza stampa in cui fra l'altro avverte che: "I bilanci dei partiti sono oscuri e facili da falsificare, non solo quelli dei Dl, tutti" e rimarca ancora una volta le distanze da Lusi affermando che si tratta di: "un ladro, un cancro uno in grado di carpire la tua fiducia". Per ammissione dello stesso risulta che dal 2001 a oggi la Margherita ha gestito un flusso di 213 milioni di euro di cui: "Nove milioni sono andati per gli affitti delle sedi, 27 per le spese di personale, 8 per il quotidiano Europa, 66 per servizi che comprendono anche le campagne elettorali a tutti i livelli, 2 per pagare le imposte, uno per l'acquisto di beni e servizi, 23 sono quelli che avrebbe sottratto il tesoriere Lusi, 33 sono andati ai livelli regionali, altri 25 ai partiti che hanno costituito la Margherita: i Popolari ne hanno presi 9, 4, i Democratici di Parisi 6, 2, i diniani di Rinnovamento Italiano 2, l'Udeur di Mastella 7, 3. Infine altri 6 sono andati ad alcune fondazioni e associazioni". Le cifre, ha assicurato Rutelli, a cominciare dai soldi dati alla fondazione e dalla vicenda dei dirigenti Api pagati ancora dalla Margherita, passando per i 150 mila euro girati dal Cfs all'Alleanza per l'Italia, sono tutte "documentate, tracciabili fino all'ultimo centesimo" e addirittura "già presenti nei bilanci". In realtà si tratta solo di meschine bugie; infatti non è assolutamente vero che i soldi finiti all'Api dal Cfs sono stati messi nei bilanci. Anzi, non sono stati neppure dichiarati alla Camera, come impone la legge. Inoltre dalle indagini stanno emergendo altre inquietanti "anomalie" finanziarie che riguardano sia le presunte attività della fondazione "ambientalista" che lo strano modo in cui vengono pagati gli affitti della sede del partito e della fondazione, fino al ruolo di esattrice svolto dalla consorte di Rutelli, Barbara Palombelli, nelle cosiddette "partire di giro". Insomma, altro che "politico trasparente dalla A alla Z" come sostiene Rutelli; qui fra finanziamenti non dichiarati e "partite di giro" sono spariti quasi 250 milioni di euro (20 milioni sono ancora nelle casse di DL) e nessuno pare intenzionato a dire la verità su che fine abbiano fatto. 9 maggio 2012 |