Al vertice in Messico del G20 I maggiori Paesi imperialisti impotenti davanti all'acuirsi della crisi L'unica decisione riguarda l'aumento di 456 miliardi di dollari al Fondo monetario per far fronte alle emergenze Si sono dichiarati tutti d'accordo per invocare la crescita economica ma non sono riusciti a trovare l'intesa su come favorirla impegnati a rimpallarsi le responsabilità della crisi e a indicare negli altri chi deve prendere l'iniziativa. Il vertice dei maggiori paesi industrializzati, il G20 che si è tenuto a Los Cabos in Messico il 18 e 19 giugno, si è concluso con un documento finale che da una parte afferma che "vogliamo promuovere la crescita e la creazione di posti di lavoro", senza indicare come, dall'altra sottolinea che "se le condizioni economiche dovessero ancora degradarsi in modo significativo i paesi che dispongono di margini di manovra di bilancio sufficienti si tengono pronti a coordinare e a mettere in opera misure di bilancio a loro discrezione per sostenere la domanda interna, come conviene"; nella speranza che una crescita della domanda interna di qualche "locomotiva" faccia da argine alla crisi e traini la ripresa. Al momento né la Germania in Europa né le economie emergenti dei paesi del gruppo dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) hanno intenzione di farlo: le loro economie crescono, di meno per la crisi ma crescono, e riducono le differenze o scavalcano le concorrenti in declino, vedi gli Usa, o in forte difficoltà, vedi l'Italia. Come se la crisi fosse una questione semplicemente o essenzialmente finanziaria anche il G20 si è preoccupato di sostenere i paesi in difficoltà varando un nuovo stanziamento pari a 456 miliardi di dollari messi a disposizione del Fondo monetario internazionale (Fmi), soldi che "raddoppiano le capacità di prestito" dell'istituzione finanziaria capitalista che ha ancora in cassa 380 miliardi di dollari dalla precedente dotazione. il direttore generale del Fmi, la francese Christine Lagarde. ha affermato che "questi fondi possono essere usati come seconda linea di difesa" per risolvere o almeno prevenire crisi finanziarie. Nessun intervento invece per bloccare o limitare la speculazione finanziaria che le genera e le "agevolazioni" di cui gode, dai paradisi fiscali alla bassa tassazione dei guadagni sulle transazioni finanziarie. L'emergenza non è solo finanziaria, è una "crisi sistemica" e non più solo europea, anche per il segretario generale dell'Ocse José Angel Gurria. La pensa diversamente il presidente della Banca mondiale Robert Zoellick, che ha coperto le responsabilità americane nell'avvio della crisi e ha accusato i governi europei di non voler vedere che non siamo di fronte a "un semplice rallentamento" dell'economia ma che stiamo entrando "in una nuova fase della crisi" che se non trova una reazione adeguata in Europa, potrebbe contagiare il mondo. L'Europa "deve quindi trovare il modo giusto di affrontate le cose" ha affermato Zoellick in sintonia con Obama, e anche con i paesi Brics, spaventati dal possibile contagio della crisi europea. Obama ha continuato con le sue inammissibili ingerenze negli affari interni europei e si è speso al vertice in una serie di innumerevoli incontri bilaterali o ristretti che rendono ancora più inutili le sedute plenarie ufficiali dei vertici. Incontri alla fine senza risultati visibili; d'altra parte non poteva pretendere troppo dato che non ha detto una parola su cosa intende fare per ridurre il debito statunitense che è peggiore di quello dei peggiori paesi europei. Il presidente francese François Hollande, al suo primo G20, ha voluto sottolineare che il "Fondo monetario non ha vocazione a finanziare la zona euro, anche se può contribuire a favore dei paesi in grande difficoltà" e ha sollecitato soprattutto la tedesca Merkel a "lavorare assieme" affinché ci sia una soluzione ai problemi europei, una soluzione che "non deve arrivare dall'estero". Una soluzione che non è certo quella dell'adozione di strumenti finanziari quali gli eurobond o i bond a progetto, sponsorizzati sia dai governi della "sinistra" borghese come quello francese che da quelli di destra come quello italiano di Mario Monti, respinte finora dalla Merkel. La quale al G20 respinge il pressing dei partner europei e di Obama e afferma che "quelle nazioni che possono permetterselo spenderanno di più solo a condizione che la situazione economica peggiori in modo sostanziale". Al momento non se ne parla. La Merkel vuol tirare ancora l'elastico della crisi, la Germania intanto ci guadagna, piazza i propri titoli di stato più affidabili degli altri e si finanzia a interesse vicino a zero. Per l'italiano Monti il G20 è stato un "successo", nel senso che "come un Gps, ognuno di noi ha potuto constatare come siamo rispetto al resto dell'Europa e al resto del mondo nella visione dei problemi". Che eravamo messi male lo sapevamo già. A fine vertice la Russia di Putin, a nome dei Brics ha stigmatizzato "l'assenza di misure concrete". Ma in cambio dei soldi versati al nuovo fondo di emergenza del Fmi i Brics hanno portato a casa l'impegno del G20 "ad attuare la riforma dei diritti di voto del Fmi entro ottobre", una misura che garantirà loro più rappresentanza e quindi più potere in seno all'istituzione finanziaria imperialista, in riconoscimento della loro accresciuta potenza economica. 27 giugno 2012 |