Assicurazioni e banche sono in deficit e licenziano I manager ricoperti d'oro con paghe milionarie Mentre i lavoratori ricevono salari sempre più miseri Mentre milioni di operai, cassintegrati, pensionati e precari ricevono salari e sussidi miserevoli e stentano sempre più a mettere insieme il pranzo con la cena, per i manager dei più grossi gruppi bancari e assicurativi la crisi di fatto non esiste dal momento che continuano a sguazzare nell'oro grazie ai loro lauti stipendi che nel caso del consigliere delegato di Intesa San Paolo, Enrico Cucchiani, formalmente numero due del gruppo bancario, dopo il presidente Giovanni Bazoli, arriva a quasi undicimila euro al giorno, per la precisione 10.786 euro che, moltiplicati per 365 comprese le feste e i riposi fanno quasi 4 milioni di euro all'anno. Scorrendo la classifica, stilata in base agli introiti del 2012, dietro Cucchiani troviamo l'amministratore delegato (ad) di Unicredit, Federico Ghizzoni, che al giorno riesce a guadagnare 8.211 euro, quasi 3 milioni all'anno. Seguono Enzo Chiesa, del Banco popolare di Milano, 8 mila euro al giorno, poi ancora altri due dirigenti di Intesa, Carlo Messina (5.907) e Gaetano Micciché (5.742). Quindi Pier Francesco Saviotti Banco Popolare (5.101), il presidente di Unicredit Rampl Dieter (4.826); Giovanni De Censi di Cerval (4.323 euro al giorno); Giovanni Bernaschi di Carige, la cui paga equivale a 3.288 euro ogni ventiquattro ore. Più "contenuta" la paga dei presidenti di Intesa Sanpaolo, Andrea Beltratti e Giovanni Bazoli, che prendono rispettivamente 2.967 e 2.959 euro al giorno. Tra i dati che non possono sfuggire, quelli relativi a Fabrizio Viola e Antonio Vigni di Mps, altri due grandi protagonisti dello scandalo derivati, che hanno incassato 4.521 e 4.309 euro al giorno. A seguire tutti gli altri fino al "povero" Ettore Caselli, presidente della Banca popolare dell'Emilia Romagna, che se la deve cavare con "soli" 1.318 euro al giorno di stipendio. Stipendi, premi e buonuscite pagati coi soldi rubati al popolo e che sono un insulto verso le drammatiche condizioni sociali, di vita e di lavoro in cui versano le masse popolari vittime sacrificali della spaventosa crisi economica e finanziaria capitalistica che dal 2008 getta sul lastrico senza soluzione di continuità milioni di persone in tutto il mondo. Inoltre va sottolineato che l'elenco dei manager ricoperti d'oro dagli istituti di credito e assicurativi, pubblicato a metà settembre dalla Fiba, il sindacato dei lavoratori bancari e assicurativi della Cisl, stride clamorosamente con l'odiosa condotta della padronale associazione bancari italiani (Abi) che, da un lato, minaccia la disdetta del contratto nazionale e paventa una nuova ondata di licenziamenti che si aggiungono agli oltre 20 mila esuberi già accertati e, dall'altro lato, piange miseria e invoca un nuovo intervento pubblico da parte dello Stato di circa 5 miliardi di euro per risanare i bilanci disastrati di banche come Mps, Banca Marche, Popolare di Spoleto o Popolare di Milano. Insomma la crisi del settore bancario e assicurativo la devono pagare ancora una volta le masse popolari, mentre ai manager non viene richiesto nessun sacrificio e le loro laute retribuzioni non vengono minimamente ridotte. Anzi, come nota la Fiba, il rapporto tra i compensi agli alti vertici e il contratto medio del settore è di 1 a 46. ma se si paragona lo stipendio medio dei manager col salario medio di un lavoratore il rapporto arriva ad essere anche di uno a 100. Il paradosso del deficit delle banche e delle paghe d'oro dei manager Ed è a dir poco paradossale la contraddizione tra il bilancio fallimentare di alcune banche e gli stipendi milionari percepiti dai vertici dirigenziali. Come ad esempio il Monte dei Paschi di Siena che nel 2012 è balzato agli "onori" delle cronache giudiziarie per lo scandalo dei derivati, ha chiuso con un passivo di 3,6 miliardi che si sommano ai 4,7 miliardi persi nel 2011 ma l'ex presidente Giuseppe Mussari ha intascato oltre duemila euro al giorno, 730 mila euro l'anno. Mentre all'ad, Fabrizio Viola, nel 2012 sono andati 1,5 milioni, 4 mila euro al giorno. Lo stesso discorso vale per la Carige che ha chiuso il 2012 con un deficit di 63 milioni ma il suo presidente ha intascato 1,2 milioni di compenso annuo mentre all'ad sono stati pagati 704 mila euro di stipendio. Ancora peggio la sproporzione che si registra al Banco popolare. Con un 2012 in rosso per la bellezza di 944 milioni, che si sommano ai 2,25 miliardi di perdita del 2011, l'istituto che ha riunito diverse banche popolari ha remunerato il presidente, Carlo Fratta Pasini, con 597 mila euro l'anno e l'ad, Pier Francesco Saviotti con 1,7 milioni, oltre 5 mila euro al giorno. Mentre alla Banca popolare di Milano nonostante le perdite del 2012 ammontino a oltre 473 milioni, il presidente, Andrea Bonomi, si è messo in tasca 615 mila euro, mentre l'ad ha superato il milione di euro. Analoga situazione si registra nel "prestigioso" Unicredit che nel biennio 2011-2012 ha accusato perdite per oltre 6,5 miliardi ma l'ad Federico Ghizzoni ha intascato quasi 3 milioni di euro e poco meno ha guadagnato il direttore generale, Roberto Nicastro con 2,4 milioni. Peggio ancora in banca Intesa dove, a fronte di un bilancio in nero per 1,6 miliardi nel 2012 e perdite per circa 8 miliardi nel 2011, la banca ha speso ben 73 milioni di euro per gli stipendi dei consiglieri di amministrazione e controllo e i dirigenti più importanti. Solo per sedersi nel Consiglio di gestione, ad esempio, un membro come Elio Catania, il distruttore delle Ferrovie dello Stato su mandato di Berlusconi, recentemente indagato per insider trading dalla Procura di Roma e costretto a dimettersi il 13 settembre scorso dalla carica di consigliere di amministrazione di Telecom, incassa 150 mila euro l'anno. Infine, si fa per dire, c'è il caso di Banca Marche, portata al disastro (con perdite nel solo 2012 di oltre a 500 milioni e aumento di 2 miliardi dei crediti incagliati) da un manager, Massimo Bianconi, che ha percepito 1,6 milioni l'anno di stipendio. Stessa musica nelle assicurazioni Dalle banche alle assicurazioni la musica non cambia. Ad esempio fino al 2010 lo stipendio annuo dell'ex presidente delle Assicurazioni Generali, Cesare Geronzi, ammontava a 2,36 milioni di euro da cumulare con i 936 mila euro intascati dal presidente uscente, Antoine Bernheim. Non solo. Sotto la presidenza Geronzi le Generali hanno perso una buona fetta di mercato ma ciò non ha impedito a mediobanca di liquidarlo con una buonuscita da favola: 16,65 milioni di euro per soli 347 giorni di lavoro. Un record assoluto di vergogna per la compagnia di Trieste? Non proprio, perché meglio di Geronzi è riuscito a fare l'ex amministratore delegato, oggi capo delle attività assicurative, Serge Balbinot che ha intascato 3,55 milioni di euro nel 2010, scesi a 2,72 l'anno successivo per poi risalire a 3,48 nel 2012. Emblematico il caso di Jonella Ligresti, finita in carcere per aver saccheggiato la Fondiaria-Sai, ma nel 2012 si è messa in tasca uno stipendio da 927 mila euro. Mentre all'amministratore delegato Emanuele Erbetta sono andati 1,82 milioni di euro l'anno. Molto meglio se la passa l'attuale ammnistratore delegato di Unipol, Carlo Cimbri, che invece ha intascato la bellezza di 2,15 milioni di euro. Poi c'è l'ad di Cattolica Assicurazioni, Giovanni Mazzucchelli, che guadagna 2,3 milioni di euro l'anno mentre, tornando alle Generali, la nuova gestione di Mario Greco sembra aver ridotto un po' le spese. L'ex ad, Giovanni Perrissinotto, infatti, guadagnava 3,4 milioni di euro nel 2010 e 2,3 nel 2011. Al milione incassato nel 2012 ha unito la buonuscita di 10,6 milioni. Il successore guadagna "solo" 1,88 milioni ma non vanno dimenticati i compensi corrisposti ai "general manager", Raffaele Agrusti e Paolo Vignone, che incassano, rispettivamente, 1,8 e 1,24 milioni di euro l'anno. Nel caso Generali, poi, è interessante osservare la quantità di risorse impiegata per remunerare i componenti del Consiglio di amministrazione, spesso manager pluri retribuiti in altre grandi società. Come Paolo Scaroni, amministratore Eni da 6,4 milioni di euro l'anno e che alle Generali guadagna altri 253 mila euro. Mentre 282 mila ne intasca Francesco Gaetano Caltagirone e un piccolo gettone da 55 mila euro l'anno lo riceve anche Diego Della Valle. Per retribuire la pletora di delegati dei sindacati, delle associazioni artigiane e commercianti che fanno parte del Cda e fra cui spicca Pier Luigi Celli che guadagna 87.500 euro, l'Unipol spende oltre 10 milioni di euro all'anno. Altro caso scandaloso è quello dell'ad delle Poste, Massimo Sarmi, che nel 2011 ha guadagnato 1,5 milioni di euro. La sua società controlla "Poste Vita", è da poco diventata la seconda compagnia del settore e sbancando il mercato grazie alla disponibilità di una rete eccezionale di sportelli. Non a caso il governo intende privatizzarla con un'operazione a dir poco scellerata che fra l'altro comporta la perdita di "almeno 30 mila posti di lavoro". E pensare che tra il 2011 e il 2012 il settore ha perso circa 24 miliardi di premi passando dai 128,8 del 2010 ai 105 miliardi del 2012. Calano gli utili complessivi, 3,7 miliardi di euro nel 2011, ma non i prezzi e la stessa Ania (Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici) ammette che tra il 2008 e il 2012 l'aumento delle tariffe delle Rc Auto è stata del 24,3% con un picco, 7,2, proprio nel 2010, seguito dal + 5,4% nel 2011 e dal 4,4% nel 2012 a cui si aggiunge il bel regalo di Stato, rappresentato dallo sconto fiscale del 19% sui premi delle polizze vita. 23 ottobre 2013 |