Discorso pronunciato da Mao alla III Sessione plenaria allargata dell'VIII Comitato centrale del Partito comunista cinese del 9 ottobre 1957
Essere elementi di stimolo per la rivoluzione
Impariamo da Mao a combattere la borghesia e il revisionismo e a legarci alle masse

Il pensiero di Mao è una miniera inesauribile di insegnamenti, di esperienza, di indicazioni, di idee e di stimoli. Per noi marxisti-leninisti, esso è assolutamente indispensabile per acquisire la concezione proletaria del mondo, la corretta concezione del Partito del proletariato, l'analisi marxista-leninista del capitalismo e dell'imperialismo, i metodi di lavoro marxisti-leninisti, la via rivoluzionaria e quella dell'edificazione del socialismo. Esso costituisce uno sviluppo dei pensieri di Marx, Engels, Lenin e Stalin. Solo se lo acquisiamo a fondo possiamo capire quanto sia importante e fondamentale il marxismo-leninismo e ciò che occorre fare oggi per essere degli autentici marxisti-leninisti, combattere la borghesia e il revisionismo, legarci alle masse, abbattere il governo del neoduce Berlusconi e la terza repubblica e conquistare l'Italia unita, rossa e socialista.
Gli scritti e i discorsi di Mao, come quelli degli altri quattro Maestri, sono così densi di contenuto che ogni volta che li rileggiamo ci troviamo qualcosa che ci serve alla ricerca che stiamo facendo in base ai compiti che ci ha assegnato il Partito o ai problemi che stiamo studiando e affrontando nella pratica. Ovviamente non vi troviamo delle ricette ben confezionate e valide sempre e dovunque, ma un metodo di analisi e delle indicazioni e degli spunti per risolvere i problemi che si presentano nella lotta di classe e nella costruzione del Partito.
Nel discorso che qui vi proponiamo e che porta il titolo "Essere elementi di stimolo per la rivoluzione" vi troviamo due temi che sono per noi di viva attualità. Quello sullo studio "facendo duri sforzi" sacrificando il riposo e lo svago, quando occorre, e quello sugli "esperti rossi", richiamato di recente dai compagni Giovanni Scuderi, Segretario generale del PMLI, e Mino Pasca.
Si tratta del discorso che Mao ha tenuto il 9 ottobre 1957 alla III Sessione plenaria allargata dell'VIII Comitato centrale del Partito comunista cinese per impostare e orientare la lotta contro i destri revisionisti che sabotavano la rivoluzione socialista e l'edificazione del socialismo in Cina allora in corso. Mao colse l'occasione per correggere la risoluzione dell'VIII Congresso, manipolata dai revisionisti Lin e Deng, che affermava che la contraddizione principale era quella tra il regime socialista avanzato e le forze produttive sociali arretrate. Mentre in realtà la contraddizione principale era quella tra il proletariato e la borghesia.
Il movimento di rettifica lanciato da Mao a livello di massa in quell'occasione ottenne dei primi risultati, ma non furono sufficienti. Occorreva andare ancora più a fondo, e così nove anni dopo Mao scatenò la Grande Rivoluzione culturale proletaria nel tentativo di mettere fuori gioco definitivamente la cricca revisionista di Lin e Deng che lavoravano subdolamente per restaurare il capitalismo in Cina.
Leggendo tale discorso, oltre ad apprendere la strategia e la tattica di Mao per impedire ai revisionisti di impadronirsi del Partito e dello Stato, oltre a ricevere un'importante lezione di dialettica marxista-leninista, abbiamo una chiara e inconfutabile prova della profonda democraticità rivoluzionaria del pensiero e dell'opera di questo grande maestro del proletariato internazionale che faceva tutto per e con le masse.
Il discorso di Mao che proponiamo può essere utile anche a tutti i sinceri fautori del socialismo per prendere coscienza che senza acquisire il marxismo-leninismo-pensiero di Mao non è possibile sottrarsi all'influenza degli imbroglioni politici vestiti da comunisti e avere un corretto orientamento di classe rivoluzionario sulle questioni riguardanti il Partito e la lotta di classe contro la classe dominante borghese, il suo sistema economico, il suo Stato, la sua cultura, la sua morale e il suo governo.
A tutti auguriamo buona lettura anche per prepararsi intellettualmente alla commemorazione di Mao che il CC del PMLI terrà il 13 settembre a Firenze in cui parlerà il compagno Mino Pasca.

2 settembre 2009


Questa sessione è andata molto bene. Una sessione allargata di questo tipo, con la partecipazione dei membri dei comitati di partito provinciali e di regione amministrativa, di fatto è una conferenza di quadri a tre livelli ed è utile per precisare gli indirizzi, scambiarsi esperienze e unificare gli intendimenti.
Riunioni di questo genere molto probabilmente andrebbero convocate una volta all'anno. Infatti in un paese così grande come il nostro il lavoro da fare è molto complesso. L'anno scorso non abbiamo convocato una riunione come questa e ne abbiamo subito le conseguenze, c'è stata una deviazione di destra. Due anni fa si era verificata un'alta marea, l'anno scorso c'è stato un rallentamento dello slancio. Naturalmente l'anno passato abbiamo convocato l'VIII Congresso, quindi ci è mancato anche il tempo. Alla prossima convocazione di una sessione di questo tipo potranno essere invitati a partecipare alcuni segretari dei comitati distrettuali e dei comitati rionali di qualche grande città; andrebbe bene, ad esempio, aumentare il numero dei partecipanti di un centinaio di persone. Propongo che anche le province tengano ciascuna una propria conferenza di quadri di tre o quattro livelli, invitando parte dei quadri delle cooperative, allo scopo di mettere in chiaro le questioni. Questo è il primo punto.
Secondo punto: parliamo un po' del movimento di rettifica. Bisogna lasciare esprimere opinioni con audacia, radicalmente e decisamente; bisogna cambiare con audacia, radicalmente e decisamente. Dobbiamo avere questa determinazione. In questo caso, è necessario aggiungere che bisogna combattere gli elementi di destra e combatterli col massimo impegno? No, non è necessario, perché questa lotta è già avviata sui binari giusti e in alcune località è ormai terminata. Adesso l'accento va posto sulla libera espressione di opinioni nelle unità di base e sulle riforme a questo livello, ossia dei grandi dibattiti e delle rettifiche ai tre livelli di distretto, circondario e cantone. A livello centrale e ai livelli provinciale e municipale, esistono dipartimenti dove bisogna ancora continuare nell'espressione di opinioni, ma il compito centrale è quello delle riforme.
Nel corso di quest'anno le masse hanno creato una forma di rivoluzione, di lotta di massa: sono il grande confronto di idee, la grande espressione di opinioni, i grandi dibattiti e i dazibao. Adesso il contenuto della nostra rivoluzione ha trovato una forma molto idonea. È una forma che in passato non avrebbe potuto nascere. Prima c'erano la guerra, i cinque grandi movimenti(1), le tre grandi trasformazioni(2): un tipo di dibattito così disteso non poteva prendere vita. A quel tempo non potevamo permetterci di discutere con calma esponendo i fatti, adducendo le ragioni, e andando avanti così per tutto un anno. Adesso possiamo permettercelo. Abbiamo trovato questa forma che si addice ai contenuti della lotta di massa e della lotta di classe attuali, alla giusta soluzione delle contraddizioni in seno al popolo. Avendo in mano questa forma, in futuro le cose saranno molto più facili. Sia le grandi questioni di principio, sia quelle di minore importanza, sia i problemi della rivoluzione, sia quelli della costruzione, potranno essere risolti, e risolti più rapidamente, mediante la forma del confronto di idee, dell'espressione di opinioni e del dibattito. La sinistra porterà avanti questi confronti, espressioni e dibattiti non solo con il centro, ma anche, pubblicamente, con la destra, nelle campagne con i proprietari fondiari e i contadini ricchi. Abbiamo pubblicato sui giornali, senza paura dello "scandalo", cose come "il Partito comunista monopolizza tutto", "il Partito comunista deve cedere il posto", deve "scendere dalla portantina"! Eravamo appena saliti sulla "portantina", e gli elementi di destra volevano farci scendere. Il grande confronto di idee, la grande espressione di opinioni, i grandi dibattiti e i dazibao costituiscono la forma più idonea per valorizzare lo spirito di iniziativa delle masse e aumentare il loro senso di responsabilità.
Il nostro partito ha una tradizione democratica. Se non l'avesse avuta non avrebbe potuto accettare il grande confronto di idee, la grande espressione di opinioni, la grande polemica e i dazibao. Durante il movimento di rettifica a Yen'an si scrivevano appunti, ci si faceva l'autocritica, ci si aiutava a vicenda formando gruppi di sette o otto persone, e così si andò avanti così per qualche mese. Tutti quelli che ho incontrato sono grati a quel movimento di rettifica e affermano che da allora hanno cominciato a correggere il loro soggettivismo. Al tempo della riforma agraria su ogni cosa ci consultavamo con le masse per chiarirci le idee. Nel nostro esercito i comandanti di compagnia controllavano personalmente che i soldati fossero ben coperti la notte e chiacchieravano con loro da amici, su un piano di uguaglianza. La rettifica di Yen'an, la riforma agraria, la vita democratica nell'esercito, le "tre verifiche" e i "tre controlli"(3), poi i "tre anti" e i "cinque anti", la trasformazione ideologica degli intellettuali: sono stati tutti momenti ricchi di forme democratiche. Ma solo in un periodo come quello di oggi poteva nascere una forma che prevede il grande confronto di idee, la grande espressione di opinioni, le grandi polemiche, i dazibao, e poi il metodo "brezza leggera e pioggia sottile", la consultazione, gli stimoli alla riflessione. Il fatto di avere trovato questa forma porterà grandi benefici alla nostra causa, ci renderà più facile sconfiggere il soggettivismo, il burocratismo, l'autoritarismo (per autoritarismo si intende il ricorso alle percosse o alle ingiurie, l'uso della coercizione per far eseguire gli ordini), e realizzare una piena fusione tra quadri e masse.
La nostra tradizione democratica quest'anno ha avuto un grande sviluppo; la forma del grande confronto di idee, della grande espressione di opinioni, dei grandi dibattiti e dei dazibao deve essere tramandata in futuro. Questa forma valorizza in pieno la democrazia socialista. È un tipo di democrazia che può aversi solo nei paesi socialisti, non in quelli capitalisti. Sulla base di una tale democrazia il centralismo non viene indebolito ma rinsaldato e viene rafforzata la dittatura del proletariato. Infatti la dittatura del proletariato deve appoggiarsi su un'alleanza molto ampia, il proletariato da solo non può farcela. In Cina il proletariato è numericamente ridotto, poco più di una decina di milioni, e può esercitare la sua dittatura solo appoggiandosi su centinaia di milioni di contadini poveri e medio-inferiori, trati poveri della popolazione urbana, artigiani in condizioni disagiate e intellettuali rivoluzionari: altrimenti non è in grado di farlo. Ora noi abbiamo mobilitato il dinamismo di questi strati e la dittatura del proletariato ne è uscita consolidata.
Terzo punto, l'agricoltura. Il Programma in quaranta punti per lo sviluppo dell'agricoltura è stato rivisto e fra non molto potrà essere distribuito. I compagni sono invitati a organizzare molto bene, nelle campagne, dibattiti e discussioni sull'argomento. Ho domandato ad alcuni compagni se le regioni amministrative debbano elaborare al loro livello un piano per l'agricoltura: mi hanno detto che debbono farlo. Ho rivolto la stessa domanda per quanto riguarda il circondario e il cantone: la risposta è stata che anche questi due livelli devono elaborare un piano per l'agricoltura. Devono farlo anche le cooperative. In questo modo abbiamo sei livelli: provincia, regione amministrativa, distretto, circondario, cantone, cooperativa. Vi invito a impegnarvi senza indugi nell'elaborazione di questo programma agricolo. Programma o piano, si tratta della medesima cosa; visto che ci siamo abituati, chiamiamolo pure programma. Bisogna insistere sui principi "pianificazione globale e rafforzamento della direzione; il segretario del partito si mette personalmente all'opera e tutto il partito si occupa delle cooperative". A quanto pare, nella seconda metà dell'anno scorso non è che tutto il partito si sia occupato delle cooperative, e i segretari non si sono dati da fare un granché. Quest'anno dobbiamo insistere nell'agire secondo quei principi.
Quando potranno essere pronti i programmi? L'ho chiesto ad alcuni compagni e ho saputo che in alcune località sono già pronti, mentre in altre l'elaborazione non è stata ancora completata. Adesso bisogna concentrarsi in particolare sui tre livelli: provincia, regione amministrativa e distretto. I loro programmi potranno o no essere pronti tra l'inverno di quest'anno e la primavera del prossimo? Se non saranno pronti per allora, dovrebbero esserlo comunque per la fine dell'anno prossimo e questa scadenza riguarda tutti e sei i livelli. Questo perché abbiamo già qualche anno di esperienza e i quaranta punti del Programma nazionale di sviluppo dell'agricoltura sono già quasi pronti. I quaranta punti, nonché i programmi elaborati dalle province e dagli altri livelli dovranno essere tutti discussi nelle campagne. Ma discutere contemporaneamente sette programmi è troppo: meglio sottoporli separatamente e in periodi successivi alle masse per sollecitarle a esprimere le loro opinioni e svolgere dei dibattiti. Stiamo parlando di programmi a lungo termine. Una volta che sono stati elaborati, che fare se in futuro si riveleranno inadeguati? Saranno modificati quando avremo qualche anno di esperienza in più. I quaranta punti, per esempio, tra qualche anno dovranno subire delle modifiche. È impossibile che non ve ne siano. A mio avviso, probabilmente vi saranno dei ritocchi ogni tre anni, e modifiche di maggiore entità ogni cinque. meglio comunque avere un programma che non averlo. E' un programma in dodici anni, due sono già trascorsi e ne restano solo dieci: se non ci impegniamo senza ritardi, c'è il rischio che non vengano realizzati gli obiettivi di produzione cerealicola per mu fissati nei quaranta punti per le tre diverse aree del paese, cioè, rispettivamente, quattrocento, cinquecento e ottocento jin. Se ci impegniamo senza ritardi, gli obiettivi potranno essere realizzati.
A mio parere la Cina deve puntare sulla coltura intensiva per assicurarsi il cibo. In futuro, dovrà diventare il primo paese del mondo per il rendimento dell'agricoltura. Adesso alcuni distretti sono già arrivati a mille jin per mu: non è possibile che raggiungano i duemila jin in mezzo secolo? Sarà possibile in futuro avere una produzione di ottocento jin per mu nelle aree a nord del Fiume Giallo, di mille per quelle a nord del fiume Huai e di duemila per quelle a sud dello stesso fiume? Per raggiungere questi obiettivi agli inizi del XXI secolo ci restano ancora alcune decine di anni, ma forse non ci vorrà un tempo così lungo. Se puntiamo sulla coltivazione intensiva per sfamarci avremo di che mangiare anche se saremo più numerosi. Trovo che tre mu in media a persona sono troppi, in futuro meno di un mu sarà sufficiente per nutrire una persona. Beninteso, il controllo delle nascite sarà sempre necessario; non sto incoraggiando un loro incremento.
Invito i compagni a informarsi un po' sulla quantità di cereali consumati dai contadini. Bisogna incoraggiare la diligenza e la parsimonia nella gestione familiare, fare economie nel consumo dei cereali in modo da accumulare delle scorte. Se ne accumulano lo Stato, le cooperative e le famiglie, con tre categorie di scorte ci troveremo in condizioni di agiatezza. Se invece consumiamo tutto che agiatezza potremo raggiungere?
Quest'anno bisognerebbe aumentare un po' l'accumulazione in tutte le località che hanno avuto raccolti abbondanti e in quelle non colpite da calamità naturali. È veramente necessario che il surplus sia usato per far fronte a eventuali carestie. Nelle cooperative di alcune province, oltre al fondo di accumulazione collettivo (5 per cento), al fondo per il benessere pubblico (5 per cento) e alle spese di gestione, i costi di produzione coprono il 20 per cento del valore globale della produzione e le spese per la costruzione di base sono il 20 per cento dei costi di produzione. Ho discusso della faccenda con compagni di altre province, i quali hanno detto che le spese per la costruzione di base forse erano un po' eccessive. Quello che vi sto dicendo oggi è a titolo di suggerimento; se è fattibile applicatelo, altrimenti no. Inoltre non può esservi un'unica regola per tutte le province e tutti i distretti; spetta a voi esaminare le varie situazioni. Le spese di gestione delle cooperative, gli anni scorsi in alcuni posti raggiungevano una percentuale troppo elevata, andrebbero ridotte all'1 per cento. Per spese di gestione si intendono i sussidi concessi ai quadri e le spese amministrative. Bisogna ridurre le spese di gestione e aumentare quelle dedicate alla costruzione di base per l'agricoltura.
Il popolo cinese deve avere degli ideali. Dobbiamo educare ogni persona, nelle città e nelle campagne, ad avere un obiettivo a lunga scadenza, ad avere degli ideali. Mangiare e bere a più non posso, consumando fino all'ultima briciola e all'ultima goccia, significa forse avere un ideale? Niente affatto. Bisogna gestire la famiglia con diligenza e parsimonia, fare calcoli a lunga scadenza. Quando ci si veste di rosso o di bianco, per nozze o funerali, veramente si potrebbe fare a meno di allestire grandi banchetti. In queste occasioni bisognerebbe economizzare evitando gli sperperi. Si tratta di riformare vecchie consuetudini e per far questo bisogna procedere a un grande confronto di idee, o, se si vuole, a un piccolo confronto, polemizzare un po'. Poi c'è il gioco d'azzardo: prima non c'era modo di proibirlo, è un problema che si potrà risolvere soltanto attraverso un grande confronto di idee e un dibattito. A mio parere, anche la trasformazione delle vecchie abitudini andrebbe inserita nei nostri programmi.
C'è ancora la questione dell'eliminazione dei quattro mali e della cura per l'igiene. Io sono molto interessato all'eliminazione dei topi, dei passeri, delle mosche e delle zanzare. Visto che ci restano solo dieci anni per realizzare il programma, non sarebbe possibile sin da quest'anno fare dei preparativi e iniziare una mobilitazione per affrontare questo compito la primavera prossima? È proprio in quel periodo che vengono fuori le mosche. Credo che sia proprio necessario annientare questi animali e avere la massima cura per l'igiene in tutto il paese. È un problema di civiltà e in questo campo dobbiamo raggiungere un livello molto più alto. Bisogna lanciare una campagna di emulazione, insistere affinché i quattro mali vengano annientati e tutti si preoccupino della pulizia e dell'igiene. Può esserci in questo campo un progresso più o meno rapido nelle diverse province e nei diversi distretti: comunque si vedrà in futuro chi sarà il più bravo. La Cina deve diventare il paese dei "quattro senza": senza topi, senza passeri, senza mosche e senza zanzare.
Anche per la pianificazione delle nascite dobbiamo avere un programma per i dieci anni. La pratica non deve essere diffusa nelle zone delle minoranze nazionali e in quelle scarsamente popolate. Anche in quelle più popolate bisogna procedere a sperimentazioni, diffonderla gradatamente e arrivare a poco a poco a generalizzarne l'adozione. Per la pianificazione delle nascite è necessario fare pubblicamente una campagna di educazione che in fin dei conti si risolve in un grande confronto di idee, una grande espressione di opinioni e un grande dibattito. Il genere umano, per quanto riguarda la propria riproduzione, è in uno stato di completa anarchia e non riesce a controllare se stesso. In futuro si potrà arrivare a una pianificazione integrale delle nascite solo con la forza della società, ossia con il consenso e la partecipazione di tutti.
C'è ancora il problema della pianificazione d'insieme. Poco fa ho parlato della pianificazione per l'agricoltura, ma ci sono anche i piani per l'industria, il commercio, la cultura e l'istruzione. È assolutamente necessaria una pianificazione d'insieme per industria, agricoltura, commercio e cultura, in modo che si abbia una coordinazione reciproca dei diversi settori.
La coltivazione di appezzamenti sperimentali è una pratica che merita di essere diffusa dappertutto. Tutti i quadri dirigenti dei distretti, dei circondari, dei cantoni e delle cooperative devono coltivare un piccolo appezzamento, sperimentando la possibilità di ottenere un rendimento elevato e i metodi per ottenerlo.
Dobbiamo cercare di conoscere le tecniche agricole. Occuparsi di agricoltura senza imparare la tecnica relativa non è più possibile. Politica e attività professionale formano un'unità di opposti: la politica costituisce l'aspetto principale, occupa il primo posto, bisogna senz'altro combattere la tendenza a non preoccuparsi della politica; ma è sbagliato anche occuparsi esclusivamente della politica, senza capire niente della tecnica e dell'attività professionale. I nostri compagni, sia che lavorino nel settore dell'industria o in quelli dell'agricoltura, del commercio, della cultura e dell'istruzione, devono comunque acquisire delle conoscenze in materia. Anche per questo punto, secondo me, dovremo stabilire un programma decennale. I nostri quadri che operano nei vari settori e branche di attività devono impegnarsi per conoscere a fondo la tecnica e la loro attività professionale, in modo da diventare competenti, essere rossi ed esperti. Dire che bisogna essere prima esperti e poi rossi, equivale a dire che bisogna essere prima bianchi e poi rossi, quindi è sbagliato. Chi sostiene questo, infatti, vuole continuare a restare bianco e aggiungendo che poi diventerà rosso dice solo parole vuote. Adesso alcuni quadri non sono più nemmeno rossi, hanno in testa le idee dei contadini ricchi. Alcune persone sono bianche, per esempio gli elementi di destra nel partito: in politica sono bianchi e in campo tecnico non sono nemmeno esperti. Altri sono grigi, altri rosa. Veramente rossi, di color rosso vivo come la nostra bandiera a cinque stelle, sono gli elementi di sinistra. Ma essere solamente rossi non basta, bisogna anche avere competenze tecniche e professionali. Ora molti quadri sono solo rossi e non esperti, non hanno queste competenze. Gli elementi di destra sostengono che noi non possiamo dirigere, che "i profani non possono dirigere i competenti". Noi li abbiamo confutati dicendo che siamo in grado di dirigere. Lo siamo sul piano politico. Per quanto riguarda la tecnica, ci sono ancora diverse cose che non capiamo, ma sono cose che si può arrivare a capire con lo studio.
Se il proletariato non ha un suo enorme contingente di tecnici e teorici, il socialismo non potrà essere costruito. In questi dieci anni (anche il programma per le scienze è dodecennale, ne restano dieci), dobbiamo edificare un contingente di intellettuali proletari. Sia i membri del partito, sia gli attivisti fuori del partito, devono impegnarsi per diventare intellettuali proletari. I diversi livelli, in particolare quelli di provincia, regione amministrativa e distretto, devono avere un loro piano per la formazione di intellettuali proletari, altrimenti il tempo passerà e queste persone non saranno state formate. Secondo un antico detto cinese "occorrono dieci anni per far crescere gli alberi e cento per formare gli uomini". Dai cento togliamone novanta e formiamo uomini in dieci anni. Che occorrano dieci anni per far crescere un albero non è vero: nel Sud ce ne vogliono venticinque e nel Nord ancora di più. Invece formare degli uomini in dieci anni è possibile. Ne sono passati già otto, aggiungendone dieci fanno diciotto: è possibile che, trascorso questo tempo, avremo sostanzialmente costituito un contingente di specialisti della classe operaia dotati di concezioni marxiste. Dopo, amplieremo questo contingente e miglioreremo il suo livello.
Parlando del rapporto tra industria e agricoltura, naturalmente consideriamo come fulcro l'industria pesante e accordiamo ad essa uno sviluppo prioritario: su questo non c'è il minimo dubbio o la minima esitazione. Ma, stabilita questa premessa, è necessario procedere a uno sviluppo simultaneo dell'industria e dell'agricoltura edificando gradualmente un'industria e un'agricoltura moderne. In passato abbiamo parlato spesso della trasformazione della Cina in un paese industriale; in questo, di fatto, è compresa la modernizzazione dell'agricoltura. Adesso bisogna accentuare la propaganda per l'agricoltura. Di questo ha già parlato il compagno Xiaoping.
Quarto punto, i due metodi. Per far qualcosa esistono almeno due metodi: con uno si raggiunge l'obiettivo più lentamente e con risultati peggiori, con l'altro si raggiunge l'obiettivo più rapidamente e con risultati migliori. C'è un problema di velocità e un problema di qualità. Non bisogna prendere in considerazione solo un metodo, ma sempre due metodi. Per esempio, nella costruzione di una ferrovia, devono esserci diversi progetti per la scelta del tracciato e tra diversi tracciati se ne sceglie uno. Per fare dei paragoni si possono avere a disposizione diversi metodi, come minimo ce ne vogliono due. Per esempio: deve esserci un grande confronto di idee e una grande espressione di opinioni, o un confronto e un'espressione di portata ridotta? Bisogna utilizzare i dazibao o no? Qual è il migliore tra questi due metodi? Problemi di questo tipo ce ne sono a non finire, il fatto è che non si dà libero corso all'espressione di opinioni. Su trentaquattro istituti di istruzione superiore a Pechino, neanche in uno si è dato libero corso a questa espressione, o lo si è fatto con riserve e controvoglia. Perché - per quei dirigenti - si trattava di appiccare il fuoco e farsi investire dalle fiamme! Se vogliamo che lo facciano è necessaria un'esauriente opera di persuasione e anche una notevole dose di pressione, ossia lanciare appelli pubblici, indire molte riunioni, metterli sotto scacco, "costringerli a salire sul Liangshan"(4). Al tempo della rivoluzione c'era la scelta tra questo e quel metodo, questa o quella politica, nel partito ci sono stati tanti punti di vista diversi: alla fine però abbiamo scelto una politica più adatta alla nostra situazione, così nel periodo della guerra di resistenza antigiapponese e in quello della guerra di liberazione abbiamo fatto più progressi che non nei periodi precedenti. Anche per la costruzione ci sono diversi indirizzi, ma noi dobbiamo adottare quello che si adatta di più alla nostra situazione.
L'esperienza sovietica in materia di costruzione è relativamente completa. Completa nel senso che comprende anche gli errori. Senza gli errori non potrebbe essere considerata completa. Imparare dall'Unione Sovietica non vuol dire affatto copiare meccanicamente ogni cosa; i dogmatici agiscono in questo modo. Noi abbiamo raccomandato di imparare dall'Unione Sovietica dopo avere criticato il dogmatismo, per questo non c'era alcun pericolo. Dopo il movimento di rettifica a Yen'an e dopo il VII Congresso abbiamo messo l'accento sull'imparare dall'Unione Sovietica e la cosa non ci ha causato danni, c'è stata utile. In materia di rivoluzione noi abbiamo esperienza. Per quanto riguarda la costruzione siamo appena agli inizi, abbiamo solo otto anni di esperienza. Nella nostra opera di costruzione, i successi costituiscono l'aspetto principale, ma gli errori non sono mancati. Ne commetteremo anche in futuro, speriamo che siano di meno. Imparare dall'Unione Sovietica, per noi significa che bisogna studiare anche i suoi errori. Lo studio di questo aspetto ci consentirà di fare un cammino meno tortuoso. Sarà possibile per noi evitare di ripercorrere i giri tortuosi già percorsi dall'Unione Sovietica, procedere a un ritmo più veloce e ottenere risultati qualitativamente migliori? Dobbiamo cercare di riuscirci. Ad esempio, per la produzione di acciaio, potremo raggiungere i venti milioni di tonnellate in tre piani quinquennali o in un tempo un po' più lungo? Se ci mettiamo con impegno potremo farcela. A questo scopo bisognerà costruire un maggior numero di piccole acciaierie. Secondo me dobbiamo costruire più acciaierie con una produzione annua da trentamila a cinquantamila tonnellate e da settantamila a ottantamila tonnellate, perché sono molto utili. Bisogna costruirne anche di medie, con una produzione di trecentomila e quattrocentomila tonnellate all'anno.
Quinto punto, l'anno scorso sono state spazzate via alcune cose, una di queste è il principio di "quantità, rapidità, qualità, economia". Sono state abbandonate quantità e rapidità, e, di passaggio, sono state spazzate via anche qualità ed economia. Queste due ultime, a mio parere, non trovavano oppositori; quelle che non piacciono sono proprio la quantità e la rapidità, alcuni compagni le chiamano "avventurismo". A dire il vero i due termini di qualità ed economia condizionano quelli di quantità e la rapidità. Qualità significa risultati migliori dal punto di vista qualitativo; economia significa spendere meno soldi; quantità significa fare più cose; rapidità significa, ugualmente, fare più cose. Questa parola d'ordine, in quanto tale, si condiziona da sé: infatti i termini "qualità" ed "economia" esigono sia una migliore qualità, sia un minore impiego di denaro: sono quindi inammissibili una "quantità" e una "rapidità" non basati sulla situazione reale. Sono contento che in questa sessione qualche compagno abbia trattato il problema. Anche in un giornale ho letto un articolo sullo stesso argomento. Il principio di cui parliamo è di quantità, rapidità, qualità ed economia basate sui fatti, conformi alla situazione reale e non frutto di soggettivismo. Noi dobbiamo sempre cercare, per quanto possibile, di fare di più e più rapidamente, ci opponiamo solo alla "quantità" e alla "rapidità" concepite in modo soggettivistico. Nella seconda metà dell'anno scorso c'è stata una ventata che ha spazzato via questa parola d'ordine, io vorrei ripristinarla. È possibile o no? Invito tutti a esaminare la questione.
È stato spazzato via anche il Programma in quaranta punti per lo sviluppo dell'agricoltura. Questi quaranta punti, dall'anno scorso non sono stati più in auge: adesso è in corso una "restaurazione".
Anche i comitati per il progresso sono stati spazzati via. Come dissi già a suo tempo, c'è il Comitato centrale del partito, i comitati di partito di ogni livello, poi il Consiglio di Stato, i comitati popolari di ogni livello, insomma un gran numero di "comitati" tra cui quelli di partito sono i più importanti: quale deve essere la loro funzione? Di comitati per il progresso, o per promuovere il regresso? Dovrebbero essere per il progresso. Secondo me il Guomindang è un comitato per il regresso; il Partito comunista cinese un comitato per il progresso. Adesso è possibile o no ripristinare quei comitati per il progresso spazzati via dalla ventata dell'anno scorso? Se nessuno è d'accordo per ripristinarli, se si vogliono organizzare per forza comitati per il regresso e vi mettete così in tanti a spingere le cose all'indietro, io non posso farci nulla. Ma, a giudicare da questa sessione, tutti intendono spingere le cose in avanti, in nessun discorso è stata espressa la volontà di spingerle all'indietro. Chi vuole spingerci ad andare indietro è l'alleanza destrorsa Zhang-Luo. Se poi in alcuni casi si è corso veramente troppo in fretta, e in modo inappropriato, ci può essere una retrocessione temporanea e parziale, ossia si deve fare un passo indietro e rallentare un po'. Ma il nostro indirizzo generale è sempre per il progresso.
Sesto punto, la contraddizione tra proletariato e borghesia, tra via socialista e via capitalista: questa è oggi, senza il minimo dubbio, la contraddizione principale della nostra società. Adesso il nostro compito è diverso da quello del passato. Un tempo la cosa principale per il proletariato era guidare le grandi masse popolari contro l'imperialismo e il feudalesimo: quel compito è già finito. Qual è allora la contraddizione principale oggi? Oggi siamo alla rivoluzione socialista, la punta della lancia è diretta contro la borghesia e, nello stesso tempo, bisogna cambiare il regime della piccola produzione ossia realizzare la cooperazione: la contraddizione principale è quella tra socialismo e capitalismo, tra collettivismo e individualismo, in breve, tra via socialista e via capitalista. Questo problema non è menzionato nella risoluzione dell'VIII Congresso del partito. In quella risoluzione c'è un passaggio in cui si dice che la contraddizione principale sarebbe quella tra regime socialista avanzato e forze produttive sociali arretrate. Questa formulazione è sbagliata. Alla II sessione plenaria del VII Comitato centrale dicemmo che, dopo la vittoria su scala nazionale, la contraddizione principale all'interno del paese sarebbe stata quella tra classe operaia e borghesia e all'esterno quella tra la Cina e l'imperialismo. Dopo non abbiamo più formulato pubblicamente questo principio, ma di fatto abbiamo operato in questo senso; la rivoluzione è già passata alla fase socialista ed è questo tipo di rivoluzione che stiamo facendo. Le tre grandi trasformazioni sono una rivoluzione socialista - riguardante essenzialmente il regime di proprietà dei mezzi di produzione - e sono state sostanzialmente realizzate. È stata una lotta di classe aspra.
Nella seconda metà dell'anno scorso c'è stata un po' di distensione nella lotta di classe; era una distensione voluta di proposito. Ma non appena abbiamo introdotto questa distensione, borghesia, intellettuali borghesi, proprietari fondiari, contadini ricchi e una parte dei contadini medio-agiati ci hanno attaccato: sono fatti di quest'anno. Alla nostra distensione hanno risposto con i loro attacchi: tanto meglio, così noi abbiamo avuto in mano l'iniziativa. Come ha detto un editoriale del "Renmin ribao": "L'albero preferisce la quiete, ma il vento non si placa"(5). Volevano sollevare una ventata, scatenare un tifone di chissà che forza! Bene, e noi abbiamo messo su una "cintura boschiva antivento". Queste sono state la lotta contro gli elementi di destra e il movimento di rettifica.
La rettifica ha due compiti: uno è la lotta contro gli elementi di destra, che comprende la lotta contro l'ideologia borghese; l'altro è la rettifica nel senso delle riforme, che comporta una lotta tra due linee. Soggettivismo, burocratismo e settarismo sono fenomeni borghesi e la loro esistenza nel nostro partito va messa in conto alla borghesia. Tra cento o duecento anni potremo fare la stessa cosa? Molto probabilmente sarà difficile. Allora non ci sarà più burocratismo, né soggettivismo? Ci saranno ancora, ma saranno messi in conto all'arretratezza. Nella società ci saranno sempre una sinistra, un centro, una destra, elementi avanzati, intermedi e arretrati. Se in quell'epoca cadrete nel burocratismo e nel soggettivismo sarete elementi arretrati.
Il movimento di rettifica andrà avanti sino al 1maggio dell'anno prossimo, c'è ancora tanto tempo. Dopo il 1° maggio ci vorrà o no di nuovo un po' di distensione? Io penso che ci vorrà. La distensione può essere definita una deviazione di destra? A mio avviso non può essere definita così. Prendiamo come esempio una riunione: se si prolungasse senza fine, si tenesse notte e giorno per sei mesi consecutivi, credo che molti dei partecipanti non si farebbero più vedere. Quindi dobbiamo portare avanti il nostro lavoro in conformità alle diverse situazioni: a volte in modo più intenso, a volte in modo più disteso. L'anno passato avevamo conquistato una così grande vittoria, e gli altri ci manifestavano la loro sottomissione con gong e tamburi. Se non avessimo concesso un po' di distensione allora, avremmo avuto difficoltà a spiegarci, non avevamo motivi sufficienti. Abbiamo detto che il problema del regime di proprietà è stato risolto sostanzialmente, non che è stato risolto integralmente. La lotta di classe non si è affatto estinta. Quindi non facciamo concessioni di principio, accordiamo un po' di distensione perché la situazione lo richiede.
A mio parere la rettifica dovrà continuare fino al 1° maggio dell'anno prossimo; nella seconda metà dell'anno non si farà più. Non so se in quel periodo sarà opportuno procedere a una nuova rettifica e un nuovo dibattito nelle campagne: vedremo se la cosa sarà necessaria o meno, se ne discuterà l'anno prossimo. Ma tra due anni dovrà esserci un'altra rettifica. Se non la faremo neanche tra due anni, e così per i successivi, i vecchi elementi di destra, i nuovi e quelli venuti fuori ultimamente saranno presi dalla smania di agitarsi; anche certi elementi di centro-destra, di centro e persino alcuni elementi di sinistra potranno cambiare. A questo mondo esistono strani tipi: basta che allentiate un po' gli sforzi per un certo periodo ed ecco che vengono fuori i loro sentimenti di destra, i loro giudizi malsani e discorsi di destra. Nel nostro esercito dobbiamo impartire costantemente un'educazione sulle tre grandi regole di disciplina e le otto raccomandazioni: se trascuriamo questa educazione per qualche mese si perde la concentrazione. È necessario infondere un certo spirito più volte nel corso di un anno. Quando arrivano le nuove reclute, nei loro confronti va fatta opera di educazione. Ma anche nelle idee dei veterani e dei vecchi quadri possono verificarsi mutamenti se non si procede a delle rettifiche.
A questo punto vorrei dire qualcosa di passaggio sulle nostre divergenze con l'Unione Sovietica. Anzitutto c'è una contraddizione tra noi e Krusciov sulla questione di Stalin. Ha talmente deformato la figura di Stalin che noi non siamo d'accordo. L'ha screditato fino a tal punto! La faccenda non riguarda solo il loro paese, ma anche gli altri. Da noi, nella piazza Tien An Men è ancora appeso il ritratto di Stalin: questo corrisponde alle aspirazioni dei lavoratori di tutto il mondo e sta a dimostrare le nostre divergenze di fondo con Krusciov. Nel giudizio da dare sulla figura di Stalin, bisognerà pure distinguere tra il 70 e il 30 per cento! Riconoscergli un 70 per cento di meriti e un 30 per cento di errori. Non è detto che questo rapporto sia esatto, gli errori potrebbero anche rappresentare solo il 20, o il 10, o forse qualcosa di più del 30 per cento. Ma, in definitiva, i suoi meriti costituiscono l'aspetto principale, mentre i difetti e gli errori sono quello secondario. Su questo punto c'è una divergenza di opinioni tra noi e Krusciov.
C'è poi la questione del passaggio pacifico: anche qui abbiamo opinioni diverse da quelle dei Krusciov. Secondo noi il partito del proletariato di qualunque paese deve tener presenti due possibilità: quella della pace e quella della guerra. In base alla prima, il Partito comunista esige dalla classe dominante una trasformazione pacifica, ispirandosi alla parola d'ordine avanzata da Lenin nel periodo tra la rivoluzione di febbraio e la rivoluzione di ottobre. Anche noi abbiamo fatto a Jiang Jieshi la proposta di negoziati di pace. Questa parola d'ordine ha un carattere difensivo nei confronti della borghesia, dei nemici, dimostra che noi vogliamo la pace e non la guerra, rende più facile la conquista delle masse. È una parola d'ordine che consente a noi di avere l'iniziativa, ha un carattere tattico. Tuttavia la borghesia non consegnerà mai il potere volontariamente e ricorrerà alla violenza. Allora, e questa è la seconda possibilità, se vogliono battersi e sparano il primo colpo, anche a noi non resta che batterci. Conquistare il potere con le armi: questa è la parola d'ordine strategica. Se dite che il passaggio deve essere per forza pacifico non c'è differenza tra voi e i partiti socialisti. Il Partito socialista giapponese sostiene proprio le stesse cose: non prevede che un'unica possibilità e dichiara che non ricorrerà mai alla violenza. I partiti socialisti di tutto il mondo sono su queste posizioni. Per il partito del proletariato, in generale, è meglio tener presenti due possibilità: prima, il gentiluomo muove la bocca e non le mani; seconda, se le canaglie muovono le mani le muoverò anch'io. Questa formulazione non presenta difetti, tiene conto di entrambe le possibilità. Se si fa in altro modo non va bene. Adesso i partiti comunisti di alcuni paesi, per esempio il Partito comunista inglese, avanzano solo la parola d'ordine del passaggio pacifico. Abbiamo discusso di questo con i loro dirigenti, ma sempre senza esito. Loro ovviamente si sono inorgogliti e dicono: "Come può Krusciov affermare di essere stato lui a proporre il passaggio pacifico? Noi è già un bel po' che l'avevamo proposto!".
Oltre a questo, i compagni sovietici non capiscono il nostro indirizzo "che cento fiori sboccino e cento scuole gareggino". I cento fiori e le cento scuole di cui parliamo sono nell'ambito del socialismo, all'interno del popolo, non comprendono la controrivoluzione. Naturalmente all'interno del popolo possono prodursi divisioni e una parte può passare nel campo nemico. Gli elementi di destra, ad esempio, in passato facevano parte del popolo; adesso, a mio giudizio, per un terzo ne fanno ancora parte, per due terzi sono dei controrivoluzionari. Dobbiamo privarli del diritto di voto? In generale è meglio di no, fatta eccezione per quei singoli individui, che devono essere puniti in conformità alle leggi e inviati a rieducarsi mediante il lavoro. Alcuni possono continuare a far parte del Comitato nazionale della Conferenza politico-consultiva; il Comitato stesso, in ogni caso, può anche essere composto da un migliaio di membri. Gli elementi di destra apparentemente fanno ancora parte del popolo, ma in realtà sono dei nemici. Noi dichiariamo pubblicamente che sono dei nemici e che la contraddizione che ci oppone a loro è una contraddizione tra noi e il nemico, perché essi sono contro il socialismo, contro la direzione del Partito comunista e contro la dittatura del proletariato. In poche parole, non si conformano ai sei criteri!(6). Sono erbe velenose. In seno al popolo un po' di erbe velenose spunteranno sempre, anche in futuro.
Ultimo punto, dobbiamo scuoterci e studiare facendo duri sforzi. Prendete nota di queste tre parole: "fare" "duri" "sforzi". Bisogna assolutamente scuotersi e fare duri sforzi. Adesso molti nostri compagni non ne fanno e alcuni impiegano le energie che restano loro dopo il lavoro soprattutto per giocare a carte o a mahjong e per ballare: questa, secondo me, non è una buona cosa. Le energie che restano dopo il lavoro devono essere impiegate soprattutto nello studio, facendo in modo che diventi un'abitudine. Che cosa studiare? Il marxismo e il leninismo, la tecnologia, le scienze naturali. Poi c'è la letteratura, soprattutto le teorie artistico-letterarie: i quadri dirigenti devono intendersene un po'. C'è il giornalismo, la pedagogia, discipline, anche queste, di cui bisogna intendersi un po'. Per farla breve, le discipline sono molte e bisogna almeno farsene un'idea in generale. Dobbiamo dirigere queste faccende, no!? Gente come noi in che cosa è specialista? In politica. Come possono andar bene le cose se non capiamo niente di queste faccende e non ci mettiamo a dirigerle? Ogni provincia ha i suoi giornali, le sue riviste e i suoi gruppi artistico-letterari: in passato non ce ne siamo occupati; la stessa cosa è avvenuta per il fronte unito, i partiti democratici, l'istruzione. Non ci siamo occupati di nessuna di queste faccende e il risultato è stato che proprio in questi settori è scoppiata la ribellione. È bastato che ce ne occupassimo un po' e in qualche mese la situazione è cambiata. Luo Longji ha detto: come possono i piccoli intellettuali del proletariato dirigere i grandi intellettuali della piccola borghesia? Quello che dice è sbagliato. Lui afferma di appartenere alla piccola borghesia ma in realtà è uno della borghesia. Il proletariato ha una schiera di intellettuali al proprio servizio: il primo è Marx, poi vengono Engels, Lenin e Stalin, poi gente come noi, e molti altri ancora. Il proletariato è la classe più avanzata, deve dirigere la rivoluzione in tutto il mondo.

(Mao, Essere elementi di stimolo per la rivoluzione, 9 ottobre 1957, in Mao Zedong, Rivoluzione e costruzione, Giulio Einaudi Editore, pp 663-681)