Marchionne sponsorizza Bombassei, candidato della destra di Confindustria Marcegaglia calunnia i sindacati: "difendono ladri e fannulloni" Mano a mano che si avvicina la scadenza del mandato di Emma Marcegaglia come presidente di Confindustria, infuria e si infiamma la lotta di potere tra le varie fazioni per la sua successione. Questo il percorso stabilito: il 22 marzo la giunta, con voto segreto, sceglierà il nuovo presidente; il 19 aprile il presidente designato presenterà squadra e programma; il 23 maggio ci sarà la nomina nell'assemblea plenaria; il 24 dello stesso mese il primo discorso ufficiale. Due i contendenti alla carica, proprietari di aziende multinazionali e con alte cariche nella vecchia gestione confindustriale. Giorgio Squinzi a capo della chimica Mapei, presidente della Federchimica e vicepresidente di Confindustria per l'Europa, considerato un "moderato" e favorevole al dialogo e alla concertazione con i sindacati, il primo. Alberto Bombassei numero uno della Brembo, azienda leader dei freni, ex presidente di Federmeccanica e vicepresidente di Confindustria da ben 8 anni, il secondo. A sostegno dei due candidati si fronteggiamo e si scontrano, come da tempo non avveniva, due schieramenti. Con Squinzi ci sono la presidente uscente Marcegaglia, la sua squadra, l'Assolombarda, le associazioni del Sud e si dice, la maggioranza degli industriali. Con il bergamasco Bombassei, stanno Confindustria di Bergamo, grandi nomi come Diego Della Valle, Carlo De Benedetti, Merloni della Indesit e soprattutto il "partito della Fiat". Uno dei primi e dei maggiori sponsor di Bombassei è stato infatti, Luca Cordero di Montezemolo, amministratore delegato della Ferrari ed ex presidente di Confindustria, con ambizioni di leader politico. Proprio pensando a Bombassei che fu vice presidente nel corso della sua gestione, a fine gennaio ebbe dire: "Ci vuole un imprenditore che affronti, cosa non fatta fino ad oggi e negli ultimi anni, la riorganizzazione e la maggiore efficienza di Confindustria. Un imprenditore che tolga un po' Confindustria dalla tattica e la riporti alla strategia". E guarda caso, Bombassei ufficializzò la sua candidatura con una lettera inviata al vertice confederale e ai presidenti di federazione dell'associazione della grande industria contenente un decalogo con al centro una presunta "rifondazione" di Confindustria. Bombassei è dunque il candidato della destra della Confindustria di cui il "partito della Fiat" è la punta di diamante? Non c'è dubbio. Va ricordato che costui, quando era presidente di Federmeccanica è stato uno dei protagonisti principali degli accordi separati con i sindacati complici e dell'esclusione della CGIL, vedi il contratto dei metalmeccanici del 2009 sottoscritto da FIM e UIL ma non dalla FIOM, che recepiva i contenuti della controriforma padronale e corporativa del modello contrattuale e conteneva le deroghe al Ccnl. È stato, insieme all'ex ministro e suo sodale, Maurizio Sacconi, tra i più accaniti nella lotta contro l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, ed ha appoggiato la strategia di demolizione dei diritti dei lavoratori perseguita dal nuovo Valletta, Sergio Marchionne. Non può stupire più di tanto allora se Marchionne sia sceso in campo con tutto il suo peso per appoggiare la candidatura di Bombassei, nonostante che dal 1 gennaio 2012 la Fiat sia uscita da Confindustria. In una nota ufficiale il nuovo Valletta ha scritto: "il modo di operare che Confindustria ha attuato fino ad oggi non basta più. Il programma presentato da Bombassei è certamente innovativo e votato al radicale cambiamento dell'Associazione. Noi ci riconosciamo in questo processo di rinnovamento che, se dovesse essere completato, porrebbe le basi per un rientro della Fiat in Confindustria". "Pur essendo la Fiat uscita da Confindustria - prosegue Marchionne - riconosco l'importanza che l'Associazione potrà avere nel rilancio dell'economica italiana. La scelta del futuro presidente è quindi molto importante". "Bombassei - conclude - lo conosco bene ... guida un'azienda di valore che da anni fornisce prodotti d'eccellenza alla Fiat, alla Ferrari e da qualche tempo alla Chrysler". Insomma, è praticamente un uomo della Fiat, visto che, tra l'altro, siede nel consiglio di amministrazione della Fiat industries. La sponsorizzazione di Marchionne, fatta con il solito modo ricattatorio (se va come dico io la Fiat potrebbe rientrare) è di quelle che lasciano il segno, che di fatto, qualificano politicamente la corsa di Bombassei in modo liberista e neofascista. Sì perché Marchionne è colui che, da quando annunciò nel 2010 il fantomatico piano di "Fabbrica Italia" che, sulla carta, doveva portare la produzione delle auto in Italia da 650 mila a 1,6 milioni entro il 2014, ha messo in atto una linea di smantellamento dei diritti sindacali e contrattuali dei lavoratori senza precedenti dalla nascita della Repubblica. A partire dall'infame accordo separato imposto a Pomigliano, poi esteso e replicato a Mirafiori, alla Bertone di Grugliasco e infine ampliato all'intero gruppo Fiat. Accordi fatti passare con il ricatto: "altrimenti chiudo gli stabilimenti italiani e porto le produzioni all'estero", sottoscritti da FIM e UILM ma non dalla FIOM che li ha invece avversati e combattuti, che cancellano il contratto nazionale dei metalmeccanici e impongono condizioni di lavoro di supersfruttamento. Marchionne è quello che ha chiuso Termini Imerese e Iribus, che, avvalendosi di quanto scritto negli accordi da lui imposti, ha messo fuori la FIOM dagli stabilimenti Fiat, fatto gravissimo e intollerabile. E nel "riassumere" i dipendenti nello stabilimento di Pomigliano attua una discriminazione fascista nei confronti di coloro che hanno la tessera della FIOM. Marchionne è lo stesso che in questi giorni è tornato a minacciare la chiusura di altri due stabilimenti e si rifiuta di reintegrare i tre operai della Fiat di Melfi, tutti iscritti alla FIOM, ingiustamente licenziati con motivazioni antisindacali. Al nuovo Valletta ha risposto, indirettamente, Emma Marcegaglia, dal convegno di Federmeccanica svoltosi a Firenze il 21 febbraio scorso. Dal palco ha detto: "Confindustria, malgrado la si critichi, è un' istituzione molto forte e credibile ... non distruggiamola. È l'unica casa che abbiamo". Ma in modo inaspettato il presidente della Confindustria uscente ha lanciato in modo vigliacco un brutale e mistificatorio attacco al sindacato. "Noi - ha affermato - vogliamo licenziare le persone che non fanno bene il proprio mestiere, gli assenteisti cronici, i fannulloni". E ha aggiunto sapendo di mentire: "Vorremmo avere un sindacato che non protegga assenteisti cronici, ladri e quelli che non fanno il loro lavoro". Come se l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori fosse a protezione di questi soggetti e non già contro i licenziamenti discriminatori illegittimi senza "giusta causa". "È davvero troppo - è stata la replica del segretario della CGIL, Susanna Camusso. Sono affermazione non vere che offendono e mettono in discussione il ruolo del sindacato confederale, le smentisca". "Che l'articolo 18 sia un ostacolo a licenziare - ha aggiunto - significa dire che si vuole una logica per cui se hai gli occhi azzurri puoi essere licenziato: si chiama licenziamento discriminatorio". La difesa dell'articolo 18 è importante, soprattutto in un Paese "dove esiste una grande azienda come la Fiat - ha concluso Camusso - dove non si viene assunti se si ha in tasca la tessera della Fiom". 29 febbraio 2012 |