Rapporto Istat 2007 Le masse non arrivano alla fine del mese Retribuzioni da fame. Metà delle famiglie sopravvive con meno di 1.900 euro al mese. I siciliani i più poveri. Cresce il numero di chi rinuncia a cercare lavoro Riprende l'emigrazione dal Sud al Nord Non ci vuole una grande fantasia per immaginare che Italia viene fuori dal Rapporto Istat per l'anno 2007, presentato dal suo presidente, Luigi Biggeri, alla Camera dei deputati il 28 maggio scorso. È un'Italia dai bassi salari dove cresce la povertà, dove gran parte delle famiglie popolari fa fatica a pagare l'affitto e non arriva alla fine del mese. È un'Italia dove crescono le diseguaglianze sociali e la precarietà, dove chi è più ricco diventa più ricco e chi è più povero diventa più povero, dove le differenze uomo donna e Nord Sud non si assottigliano ma si allargano, dove i disoccupati disperati rinunciano persino a cercare lavoro. È un'Italia che vede svilupparsi il fenomeno dell'emigrazione dal Sud al Nord del Paese per sfuggire alla disoccupazione. È un'Italia che registra amplissime delocalizzazioni di stabilimenti produttivi all'estero da parte di grandi-medie aziende e una percentuale alta di aziende che pur non aumentando la produttività aumentano i profitti attraverso un più accentuato sfruttamento della mano d'opera. REDDITI La fotografia che ne esce dai dati Istat è a dir poco desolante: il 50% delle famiglie non supera i 1.900 euro al mese. Ciò vuol dire che ve ne sono anche di quelle che di euro ne prendono meno. Infatti, mentre le retribuzioni del Centro-Nord si avvicinano alla media europea, quelle del Mezzogiorno calano a precipizio sulla media dei paesi più disuguali come il Portogallo, la Lettonia e la Grecia. Gli anziani soli percepiscono i redditi più bassi, e tra questi le donne sole con più di 65 anni. Il 20% delle famiglie con i redditi più bassi percepisce complessivamente solo l'8% del reddito totale. Mentre vi è un altro 20% delle famiglie con i redditi più elevati che si pappa una quota di ricchezza prodotta pari al 38% del totale. Questo gruppo percepisce un reddito medio di circa 5 volte superiore. È Bolzano la città con il reddito medio familiare più elevato: circa 32.000 euro all'anno contro una media nazionale di 27.736 euro. Segue la Lombardia con oltre 31.500 euro. In fondo alla classifica si trova la Sicilia con poco meno di 21.000 euro, con un divario di 10.000 mila euro in meno rispetto al reddito medio familiare percepito nel Nord d'Italia. Il fatto è che in Italia le retribuzioni crescono molto meno che in altri paesi europei. In 10 anni, dal 1995 al 2006, le retribuzioni orarie reali sono aumentate del 4,7% a fronte di una crescita cinque o sei volte più consistente registrata in Francia e in Svezia. L'impoverimento medio degli italiani rispetto all'insieme degli abitanti Ue-15 è di circa 13 punti percentuali. Un tracollo se si pensa che ancora nel 2000 il valore del reddito per abitante degli italiani era superiore di 4. POVERTA' I bassi salari, frutto di una costante perdita di potere di acquisto a causa dell'inflazione che ha ripreso a galoppare (+ 5% alimentari, + 9% energetici nel primo trimestre 2008), di un mancato recupero in modo adeguato delle retribuzioni nei rinnovi del contratti di lavoro nazionali, dell'espandersi del lavoro precario, producono povertà anzitutto nei ceti meno abbienti, ma anche in strati del "ceto medio". In questo senso i dati Istat sono assai preoccupanti per non dire drammatici. Vediamoli: Il 14,6% delle famiglie arriva con molta difficoltà alla fine del mese, il 28,4% non riesce a fronteggiare una spesa imprevista di 600 euro, il 66,1% non è riuscita a risparmiare niente nell'ultimo anno. Più nel dettaglio: almeno una volta il 4,2% delle famiglie non ha avuto denaro sufficiente per comprare cibo; il 10,4% per pagare spese mediche; il 7% per il trasporto; l'11,7% per pagare le tasse; il 6,8% per acquistare vestiti; il 13,1% delle famiglie per pagare rate di mobili o altri beni; il 9,4% per fare fronte alle bollette di gas, luce o telefono; il 3,7% per l'affitto mensile o il mutuo casa. A proposito di quest'ultimo argomento: il 61% delle famiglie che pagano il mutuo considera pesante il carico finanziario che ne deriva, mentre la metà degli affittuari giudica onerose le spese per il canone. Inoltre, il 47,4% delle famiglie reputa pesanti le spese generali per la casa e il 45,8% considera gravosi i debiti diversi dal mutuo. Non c'è il dato sulle morosità, in paurosa crescita, che riguarda quelle famiglie che. per varie ragioni, non riescono più a pagare il mutuo o l'affitto e per questo perdono la casa acquistata o sono sfrattate. OCCUPAZIONE I dati Istat su occupazione-disoccupazione vanno saputi leggere per non cadere in errore. Vero è che dal 1999 i numeri della disoccupazione sono scesi. Nel rapporto si legge che nel 2007 in Italia sono poco più di un milione i senza lavoro, cioè un milione meno di quelli registrati dieci anni prima. Ma questo "calo" della disoccupazione non è stato accompagnato, almeno dal 2003 in poi, da un aumento significativo del tasso di occupazione. Perché? Semplice, si è allargata l'area della "inattività". Nel 2007 quella che viene chiamata "zona grigia" delle persone interessate a lavorare, ma scoraggiate sulle possibilità di trovare l'impiego conta quasi 3 milioni di persone (+318.000 rispetto al 2004). L'incidenza degli "inattivi" aumenta con il crescere degli anni e nelle regioni meridionali (48%) dove ci sono minori possibilità d'impiego e maggiore sfiducia. In ogni caso, il tasso di occupazione in Italia (segnalato dall'Istat) pari al 62,5% rimane lontano dalla media europea attorno al 70%. È un problema che riguarda soprattutto il Mezzogiorno che segna un misero 52% di tasso di occupazione, 17 punti in meno rispetto al Nord (69%). Ma le disuguaglianze non finiscono qui: il tasso occupazionale nazionale maschile è al 74% mentre quello femminile non supera il 51% con ben 23 punti di disparità di genere. Nel Mezzogiorno 6 donne su 10 tra i 15 e i 64 anni risultano "inattive". PIL E PROFITTI Uno dei motivi non secondari di quanto descritto è la scarsa crescita economica dell'Italia: 1,4% nel 2007 rispetto al 2,5% dell'Unione europea dei 27 paesi. Un altro motivo altrettanto importante è l'atteggiamento assunto dalle aziende finalizzato unicamente al profitto. Le imprese italiane hanno una redditività tra le più alte d'Europa, che non deriva dalla crescita produttiva ma dallo sfruttamento intenso dei lavoratori. Il rapporto cita 1 milione e 600 mila aziende che consegue livelli di redditività superiori alla media del suo settore ma con livelli di produttività inferiori. Inoltre, circa la metà delle grandi imprese industriali italiane ha ormai trasferito all'estero, in paesi dove utilizzano forza lavoro a bassissimo costo e godono di più favorevoli agevolazioni fiscali, parte dei propri processi produttivi. DAL SUD AL CENTRO-NORD PER LAVORO Ancora molto sostenute risultano le migrazioni per lavoro all'interno dei confini nazionali, quasi tutte dal Sud al Centro-Nord d'Italia. Riguardano lavoratori italiani in cerca di occupazione ma anche e in maggioranza lavoratori stranieri residenti. Complessivamente gli spostamenti dentro i confini nazionali sono stati in media di 1 milione e 300 mila all'anno nel periodo tra il 2002 e il 2005. Le mete, in prevalenza Milano, Bergamo, Roma, Torino, Verona, Emilia-Romagna, Toscana, Marche. IMMIGRATI Al primo gennaio 2008 gli immigrati residenti in Italia sono 3,5 milioni, pari al 5,8% della popolazione italiana (+454 mila rispetto al gennaio 2007). Le comunità più numerose sono quelle romena (654 mila circa), albanese (400 mila), marocchina (370 mila), cinese (160 mila circa), Ucraina (135.000). I migranti presenti in Italia sono prevalentemente giovani e in età attiva: uno su cinque è minorenne, uno su due ha un'età tra i 18 e i 39 anni. Si trovano in maggioranza nel Nord e nel Centro del Paese: 36,3% nel Nord-ovest, 27% nel Nord-est, 24,8% nel Centro e l'11,6% nel Mezzogiorno. Crescono i ricongiungimenti familiari. Aumentano i matrimoni con almeno uno sposo straniero celebrati in Italia: oltre 34.000 nel 2006. Il matrimonio misto più frequente è quello tra lo sposo italiano e la sposa straniera, specie dell'est europeo. Sempre nel 2006, 58 mila i bambini nati da coppie di genitori stranieri, pari al 10,3% del totale dei nati della popolazione residente. Le straniere residenti hanno avuto in media 2,5 figli ciascuna, il doppio di quelli partoriti dalle italiane (1,26). In seguito ai nati e ai ricongiungimenti familiari cresce il numero dei minorenni stranieri residenti giunti al primo gennaio 2007 a 666 mila. Di conseguenza aumentano gli studenti di cittadinanza straniera: più che raddoppiati negli ultimi cinque anni scolastici, diventati oltre 500 mila nel 2006/2007, pari al 5,6% del totale degli studenti. Il tasso di delinquenza tra i migranti regolari è pari al 2%, quasi lo stesso registrato tra gli italiani. Percentuali che salgono tra i migranti non in regola con il permesso di soggiorno, verosimilmente spinti dal bisogno. Non per caso più alte risultano le denunce per borseggio, furti e contrabbando. Non c'è dubbio, in conclusione, che la questione sociale, in primis quella salariale e delle pensioni, in Italia è peggiorata notevolmente e progredisce verso livelli sempre più intollerabili di cui portano la responsabilità i governi di "centro-destra" e di "centro-sinistra" che si sono succeduti, nonché il padronato e i vertici sindacali per ciò che compete loro. Con il governo Berlusconi non andrà meglio. Occorre lottare, e molto! 11 giugno 2008 |