In Spagna per fermare l'immigrazione
A Melilla eretta una frontiera di lame trancianti Il confine criminale era stato tolto nel 2007. 200 persone assaltano l'enclave: muore un ragazzo subshariano Ai primi di novembre il governo spagnolo ha deciso di rafforzare con lame trancianti il muro di difesa che protegge l'enclave africana di Melilla, in terra marocchina, contro i tentativi dei migranti di superarlo per entrare in territorio formalmente europeo. Se altri paesi dell'Unione europea come l'Italia hanno rafforzato le forze aeronavali per intercettare i migranti che cercano di passare via mare, la Spagna, come Grecia e Bulgaria, sono impegnate a sigillare le frontiere via terra. Un tentativo inutile dato che non servono a fermare la spinta della disperazione che porta decine di migliaia di migranti a rischiare e in certi casi perdere la vita per cercare rifugio o un futuro in Europa. Il muro di protezione dei 9 chilometri delle frontiere di Melilla col Marocco, presidiato sui due lati dalla guardia civil spagnola e dalla polizia marocchina, è costituito da una doppia rete metallica alta 6 metri che nel 2005 il governo del socialista Zapatero aveva alzato con un filo spinato dotato di lame aguzze. Il flusso dei migranti non si era arrestato e l'unico risultato era stato il ferimento di molte delle persone che cercavano si scavalcare. La protesta delle ong e di associazioni per i diritti umani aveva costretto nel 2007 l'esecutivo di Madrid a togliere in parte l'infame protezione e a rimpiazzarla con una terza rete e con sistemi di allarme elettronici. Il governo di destra di Rajoy ha deciso di reintrodurre entro novembre le lame in testa alle reti nelle "zone dove è più necessario", ha spiegato il delegato del governo spagnolo a Melilla, e ad aggiungere al reticolato un sistema per impedire che i migranti possano infilare le dita nella rete e arrampicarsi per scavalcarla. La guardia civil avrà a disposizione per pattugliare il confine anche due elicotteri dotati di telecamere a sensori termici per la sorveglianza notturna delle aree di territorio marocchino dove si verificano più frequentemente i tentativi di scavalcamento delle migliaia di migranti, in maggioranza sub-sahariani, che vivono ammassati in condizioni bestiali nei boschi vicini al confine, in attesa del momento opportuno. Secondo i dati del ministero degli Interni spagnolo, nei primi nove mesi del 2003 i migranti che hanno cercato di scalare la recinzione di confine sono stati circa 3000. In circa 200 hanno dato l'assalto alla rete nella notte tra il 4 e il 5 novembre; un centinaio riuscivano ad entrare a Melilla e erano rinchiusi in un centro di "accoglienza", gli altri erano fermati dagli agenti marocchini, 40 arrestati, il resto espulsi al confine con l'Algeria. Negli scontri almeno 4 migranti restavano feriti mentre un ragazzo subsahariano moriva, cadendo da sei metri d'altezza. Il suo corpo senza vita era portato all'ospedale Hassani di Nador e messo assieme ai cadaveri di altri migranti senza nome, registrati con una X e vittime della politica dei respingimenti e delle violenze poliziesche, in attesa di essere seppelliti. All'obitorio dell'ospedale c'è ancora il corpo di Clemente, un giovane camerunese picchiato e ucciso alla frontiera il 16 marzo scorso dalla polizia. Il suo corpo aspetta all'obitorio in attesa di essere rimpatriato ma le immagini della sua morte sono rimaste in un documentario la cui diffusione che ha permesso di documentare la denuncia delle uccisioni, delle repressioni e delle violenze subite dai migranti al confine criminale di Melilla. 20 novembre 2013 |