Militanti e simpatizzanti del PMLI Articolo pubblicato su "Il Bolscevico" n. 19 del 20 maggio 1993 Il PMLI non è un partito d'opinione, dove basta avere la tessera in tasca per professarsi marxista-leninista. Il PMLI non è nemmeno un "partito di massa" dove basta riconoscersi nel socialismo e nel Partito che in Italia lo rappresenta per autodefinirsi un militante marxista-leninista. Il PMLI, come è scritto a chiare lettere nel suo Statuto, all'articolo 1 "è l'avanguardia cosciente e organizzata del proletariato italiano, il Partito politico della classe operaia, che dirige le lotte immediate e parziali e quelle generali e a lungo termine dell'intera classe e delle larghe masse popolari italiane e guida la rivoluzione socialista". Nelle sue file dunque non vi è posto per semplici soci o iscritti, ma vi prendono posto solo i combattenti d'avanguardia impegnati ogni giorno, ogni momento della loro vita, senza badare a sacrifici personali, per il successo della causa rivoluzionaria. Dei pionieri coscienti di aprire una via mai esplorata in Italia. Il militante marxista-leninista è insomma colui che si muove come un sol uomo col Partito, ne condivide la linea politica, ideologica e organizzativa, lavora attivamente in una delle sue istanze, ne accetta e ne rispetta integralmente lo Statuto, che costituisce la legge suprema del Partito e lo sostiene economicamente con il versamento regolare delle quote. Se si vuole essere membri del PMLI, se si vuole essere dei marxisti-leninisti conseguenti non basta fare il tifo dall'esterno, sostenerlo e appoggiarlo a livello platonico e ideale, ma occorre fare la scelta organizzativa, cioè entrare nei suoi ranghi presentando una domanda di ammissione come prevede lo Statuto e militare disciplinatamente nelle sue istanze a partire dalle cellule di fabbrica, di scuola, di quartiere, ecc. Senza questa scelta si è dei sostenitori esterni del Partito, dei simpatizzanti, più o meno vicini, più o meno attivi, degli amici o degli alleati del Partito, a seconda del livello di coscienza e della adesione soggettiva alla linea politica, rivendicativa e strategica del Partito. La differenza tra militante e simpatizzante non è una distinzione capziosa, burocratica o formale, ma una questione sostanziale. Esiste una netta linea di demarcazione tra la giusta concezione leninista del Partito come "reparto di avanguardia cosciente e organizzato della classe operaia" e la concezione opportunista anarcoide e trotzkista del partito che vorrebbe invece il partito come entità amorfa, disorganizzata e che finisce per cancellare ogni frontiera tra partito e classe e venire meno al compito del partito di elevare le masse intermedie e più arretrate al livello di quelle avanzate e più coscienti. Proprio su questo punto Lenin ingaggiò una feroce polemica con Martov e i menscevichi che volevano che nello Statuto del Partito venisse cancellata ogni differenza tra coloro che aderivano e coloro che entravano nel Partito, tra gli elementi coscienti e attivi e coloro che davano un aiuto. "Secondo Martov - scrive Lenin nel 1904 in "Un passo avanti e due indietro" - le frontiere del partito restano assolutamente indeterminate, poiché 'ogni scioperante' può 'dichiararsi membro del Partito'. Quale utilità presenta questo amorfismo? La larga diffusione di un 'appellativo'. Il danno che essa reca è di dar corso all'idea disorganizzatrice della confusione della classe col partito". Noi vogliamo che "all'appellativo" corrisponda una sostanza. E per questo è necessario che i soggetti politici del militante e del simpatizzante rimangano ben divisi e non confusi. Non fare ciò significherebbe mettere a repentaglio la struttura bolscevica del Partito e farlo venire meno ai grandissimi compiti che gli sono propri. Ecco perché la militanza marxista-leninista è cosa ben diversa e distante anni luce dalla militanza così come viene concepita negli altri partiti come il PDS e il PRC, e prima ancora il PCI e DP. In questi partiti la concezione leninista del partito è sempre stata negata o rinnegata. Anche il PRC che oggi si professa "comunista" nello stesso momento in cui è nato ha ripudiato l'idea "totalizzante della militanza" per sposare una concezione del partito socialdemocratica e borghese, che pone al centro non la classe operaia ma "l'uomo, in quanto cittadino del mondo, ed il suo destino" (dalle tesi congressuali del PRC), e che affonda le sue radici nel movimentismo, lo spontaneismo il trasversalismo, l'opportunismo e il trotzkismo. La militanza marxista-leninista non è un semplice riempitivo della nostra vita, un'attività che si fa nel tempo libero e sempre che non entri in contrasto con la tranquillità familiare e personale. È una scelta di vita, una scelta che impegna l'individuo totalmente nello spirito, nella coscienza e nella pratica, lo vincola a precisi doveri che sono fissati dall'articolo 13 dello Statuto. Tra questi c'è quello di studiare e praticare il marxismo-leninismo-pensiero di Mao, diffonderlo tra il proletariato e le larghe masse popolari, difendere la linea politica e la struttura organizzativa del Partito, attenersi al centralismo democratico e osservare una ferma disciplina proletaria, pensare, agire e vivere da rivoluzionario, trasformare la propria concezione del mondo, elevare la propria coscienza politica, essere risoluto e coraggioso nella lotta di classe, non temere alcun sacrificio, anteporre gli interessi della rivoluzione a quelli personali, non esitare a dare anche la vita per la causa del proletariato. Il simpatizzante invece, anche il più stretto, non è vincolato a questi doveri, né tantomeno alla disciplina del Partito e non può partecipare all'attività interna del Partito, cioè a dire militare in una sua istanza e partecipare alla vita interna di Partito. Questo non significa negare il grande contributo che possono dare i simpatizzanti. Anzi è vitale che attorno e sotto le bandiere del Partito vi si riunisca un numero sempre più grande e attivo di simpatizzanti, che si divideranno a seconda del livello di coscienza e del grado di attivazione in simpatizzanti stretti e attivi, meno stretti e poco attivi e poco stretti e passivi. Infatti i simpatizzanti, purché lo vogliano e con le eccezioni sopra dette, possono fare la stessa attività del militante. Nessuno vieta ai simpatizzanti di pensare, muoversi e agire politicamente come fossero dei membri del partito: il che significa seguire le indicazioni politiche, sindacali, femminili, studentesche, elettorali e rivendicative del Partito, entrare nelle organizzazioni di massa e nelle correnti promosse dal Partito, essere corrispondenti del Bolscevico, partecipare alle iniziative pubbliche del Partito, sostenere le campagne elettorali e le battaglie politiche del Partito, diffondere la stampa e sostenere il Partito economicamente, ricercare nuovi proseliti, alleati e amici del Partito. Il Partito ha tutto l'interesse che i simpatizzanti siano degli interlocutori politici attivi, che non svolgano semplicemente un ruolo di "portatori d'acqua", ma abbiano ruoli di responsabilità in attività di fronte unito e di massa, che si esprimano costantemente, in apposite e periodiche riunioni dei simpatizzanti, come già avviene su iniziativa di alcune cellule, sulla linea politica del Partito, sulle scelte, sulle parole d'ordine, e col Partito discutano e chiariscano le contraddizioni, i dubbi di ordine ideologico, filosofico e strategico che ancora non gli consentano la scelta di militarvi. Anche se, sia ben chiaro non è detto che tutti, pur condividendo gli ideali del socialismo e del Partito potranno compiere completamente questo cammino fino alla militanza. Ad esempio, chi professa una religione, in base allo Statuto, non potrà essere un militante, ma niente gli impedirà di collaborare col PMLI. Il quale è ben felice di avere al suo fianco dei credenti simpatizzanti che intendono battersi in prima fila per i comuni ideali socialisti e per questo sono considerati dei compagni. Una volta però che tutte le divergenze sono state chiarite è un dovere del simpatizzante, dell'operaio avanzato, dei giovani e delle donne rivoluzionarie, del combattente per il socialismo, se davvero vuole mettere al servizio la sua vita alla causa del proletariato, quello di crescere politicamente. Al simpatizzante si impone quel salto di coscienza, di maturare la questione della necessità della militanza. Egli deve capire l'importanza di fare parte a tutti gli effetti della squadra, di assumere un ruolo da protagonista, di divenire un pioniere della rivoluzione. Anche se per ipotesi un simpatizzante svolgesse la stessa mole di lavoro di un militante, è la qualità dell'impegno dell'uno e dell'altro ad essere diversa. La lotta di classe oggi come ieri e ancor più di ieri esige un partito fatto di rivoluzionari coerenti e inflessibili anzitutto con se stessi, che vivano per la rivoluzione, non dei parolai o degli scansafatiche, che non si scoraggiano di fronte alle prime difficoltà, ai primi sacrifici e agli insuccessi, e non di elementi che si muovono solo quando c'è il vento in poppa. I militanti del PMLI devono essere di tipo particolare, i figli migliori e più generosi della classe operaia e del popolo italiano. È innegabile che diventare un marxista-leninista è una scelta coraggiosa e irta di difficoltà e sacrifici, ma occorre capire che se si vuole essere davvero comunista oggi non c'è altra strada che divenire marxista-leninista ed entrare nel PMLI, occorre capire che marxisti-leninisti non si nasce, ma si diventa mettendosi alla scuola del Partito. Essere un marxista-leninista è l'onore più grande che possa ricevere un sincero rivoluzionario. Vivere e lottare da marxista-leninista è il contributo più grande che un essere umano possa dare all'emancipazione del proletariato e dell'intera umanità. |