Prendendo a pretesto i fatti di sangue delle ultime settimane il governo Prodi impone il "Piano per la sicurezza" La militarizzazione di Napoli non sfiora i "santuari" economici della camorra Bassolino, Iervolino, Di Palma non hanno mai fatto niente per contrastare la multinazionale armata camorrista Redazione di Napoli Sfruttando l'onda lunga che sta insanguinando il capoluogo partenopeo e il suo hinterland, il sentimento di angoscia e di terrore che opprime sempre più le masse popolari e le inchieste giornalistiche che hanno portato Napoli sotto i riflettori dei media di tutto il mondo, sabato 4 novembre, in Prefettura è stato firmato "il patto per la sicurezza di Napoli e Provincia" tra i vertici nazionali delle "forze dell'ordine" e le istituzioni locali, Comune, Provincia, Regione. Un accordo imposto con un diktat dai vertici delle istituzioni in camicia nera, impersonificate da Amato, Bassolino, Iervolino, Di Palma, Profili e Fioriolli, poiché non è stato sottoposto al vaglio del parlamento né delle aule consiliari né tanto meno delle popolazione partenopea. Esso prevede che arriveranno a Napoli complessivamente mille uomini, con un aumento delle pattuglie (79 in città e 39 in provincia) e dei mezzi delle "forze dell'ordine", che verranno chiusi 8 commissariati, come quello di S. Giovanni, Montesanto-Dante e Bagnoli-Agnano, e si procederà all'accorpamento delle stazioni in 10 "distretti di polizia", per spostare "100 agenti dalle scrivanie al controllo del territorio". Nel dettaglio "il patto" dispone che 150 agenti e 70 moto saranno impiegati contro scippi e rapine sulle vie del turismo (squadra Scit), mentre 52 uomini e 34 veicoli saranno destinati al pattugliamento delle grandi arterie stradali ed autostradali (squadra Rips). È stata istituita inoltre una "forza d'intervento rapida", composta da quattrocento uomini (200 poliziotti e 200 carabinieri) altamente specializzati, e definite "truppe d'assalto", che da Roma potranno calare a Napoli "per operazioni straordinarie e mirate". A conti fatti Napoli e provincia avranno 250 poliziotti in più per le strade (150 dei quali forze nuove), 274 carabinieri (239 nuove unità), 70 finanzieri e 30 forestali, per la bella spesa totale di 16 milioni di euro, tra finanziamenti dello Stato e degli enti locali. Si pensi che solo per i "nuovi mezzi" saranno spesi 950mila euro a carico della polizia, 2 milioni e mezzo di euro a carico delle istituzioni locali, solo per la videosorveglianza quasi 10 milioni di euro, di cui 4 milioni e mezzo a carico della Provincia. Le prime telecamere "intelligenti" saranno installate in via prioritaria al Vomero, sulle vie dello shopping, sulla tangenziale (1 milione di euro a carico della Gesac, Società autostrade e Provincia) nei grandi alberghi del lungomare e nelle scuole (1 milione di euro a carico di regione e provincia). Il ministero dell'Interno contribuirà a questa magaoperazione di spionaggio elettronico "24 ore su 24", il cui obiettivo dichiarato è far diventare Napoli "in sei mesi la prima area italiana interamente videosorvegliata", con 3 milioni ricavati "dal Pon per la sicurezza". E ancora, per ristrutturare un'area di 4mila metri quadri dell'esercito in Via Campagna che dovrà contenere i motorini sequestrati dalle "forze dell'ordine", dopo le inchieste della magistratura che videro coinvolto in prima persona il vicesindaco bassoliniano Riccardo Marone con l'accusa di riciclaggio dei mezzi sequestrati, la Regione spenderà altri 400mila euro di denaro pubblico! Infine viene confermato l'impegno in Finanziaria di sbloccare i 3 miliardi di euro per il progetto della cosiddetta "Cittadella della Polizia", il centro Polifunzionale della Polizia di Stato, che sorgerà nell'area ex-manifattura Tabacchi. Insomma, un osceno sperpero di denaro pubblico per la militarizzazione neofascista del territorio, ancora più intollerabile se si pensa che il governo si appresta a tagliare ulteriormente i fondi agli enti locali, che non potranno più garantire, come aveva "urlato" a Palazzo Chigi la stessa neopodestà Iervolino "i servizi primari". La piovra camorrista può ingrassare indisturbata Gli obiettivi del Piano, scrivono i gerarchi del regime, sono "garantire la sicurezza dei cittadini in modo duraturo e permanente", "introdurre un controllo capillare ed integrato del territorio, strada per strada", "sviluppare la cultura della legalità" e "dare nuovo impulso al contrasto della criminalità organizzata", ma con è certo la camorra che non esso si intende combattere, come lascia intendere il questore Oscar Fioriolli con questa dichiarazione stupefacente "Credo che la vera e prima emergenza sia la criminalità spicciola, predatoria, a carattere giovanile... i risultati più importanti del patto siglato oggi si vedranno dal 30 gennaio, quando ritorneremo a sequestrare i motorini". Stupefacente perché potrebbe andare benissimo in bocca ad un manager camorrista che ha tutto l'interesse a che lo Stato si dedichi a reprimere le infrazioni stradali e gli scippi dei tossicodipendenti e dei diseredati dei quartieri popolari e periferici della città, che si dedichi alla militarizzazione dell'ordine pubblico "nel salotto buono della città", in modo che nulla possa minimamente ostacolare i suoi affari stratosferici. Gli stessi magistrati, quelli impegnati in prima fila nella lotta alla mafia, sottolineano che con questo piano tutto centrato sul "controllo delle strade", e pochissimo sulle investigazioni finanziarie (tanto che lo stesso Siulp sta protestando per la chiusura dei commissariati e degli uffici indagine perché "così si disperde la conoscenza del territorio acquisita con anni di sacrificio"), si affogherà il lavoro delle Procure in una marea di piccoli procedimenti, distogliendo l'attenzione dalla lotta alla camorra, una lotta già bloccata dalla mancanza assoluta di fondi e mezzi destinati alle Procure in generale, alle Procure distrettuali antimafia in particolare. In questo senso sa di beffa la sparata in conferenza stampa del ministro Amato "In città non ci saranno più santuari della criminalità. Se qualcuno crede che resteranno punti di territorio in cui regna la camorra se lo può levare dalla testa". Perché allora non dice innanzitutto quali sono questi "santuari" immacolati? Forse le banchine del Porto, o la dogana del Cis di Nola, forse le grandi griffe del "made in Italy" che ricercando manodopera a basso costo ed evasione totale delle imposte, hanno permesso alla camorra delle aziende-scantinato di diventare una multinazionale dell'abbigliamento? Forse il "Commissariato straordinario ai rifiuti" che ha regalato alle multinazionali come la Fibe ed alla camorra l'intero ciclo dei rifiuti, solidi urbani e non? Forse gli strateghi della Tav, che hanno ingrassato le holding camorriste dell'edilizia, che è noto da anni tengono in mano l'intero ciclo del calcestruzzo e degli appalti? Forse il Fmi, la Banca Mondiale, il Wto e la Commissione europea che spingono alla privatizzazione dell'acqua e degli altri servizi pubblici essenziali stimolando gli appetiti di affaristi senza scrupoli? Forse le grandi multinazionali come Parmalat alla quale la camorra garantiva il monopolio distributivo del latte in tutta la provincia? Forse l'esercito di banchieri e faccendieri che riciclano i proventi dell'impero del narcotraffico? Forse i geniali urbanisti della "Bagnoli futura spa" e di Napoli-Est? O forse il governo e il parlamento che si sono alacremente adoperati per scarcerare tanti potenti camorristi? La camorra fa parte del capitalismo, per batterla occorre lavoro, sviluppo, industrializzazione, socialismo Tutti sanno che al potere i clan giungono attraverso l'impero dei loro affari, e questa condizione è sufficiente per dominare su tutto il resto, sulla politica e sulle istituzioni borghesi in primis. Secondo quanto emerge dalle dichiarazioni di un pentito, nell'inchiesta della Dda del 2004, a Napoli ogni attività di un territorio che generi un introito di una qualche rilevanza è dominata da un clan, il 50% dei negozi solo a Napoli è eterodiretto dalla camorra. La Campania ha raggiunto il primato di comuni sotto osservazione per infiltrazione camorristica. Ben 71 comuni sono stati sciolti dal 1991 ad oggi. Un numero elevatissimo che supera di molto i comuni sciolti nelle altre regioni italiane: 44 in Sicilia, 34 in Calabria, 7 in Puglia. Soltanto nove comuni su 92 della provincia di Napoli non hanno mai avuto commissariamenti, inchieste, monitoraggi. Le aziende dei clan determinano piani regolatori, si sono infiltrate nelle Asl, hanno acquistato terreni un attimo prima che fossero resi edificabili e poi costruito in subappalto centri commerciali, hanno imposto feste patronali, prodotti alimentari di prima necessità di loro provenienza in tutta la provincia, e le proprie imprese multiservice, dalle mense alle ditte di pulizia, dai cimiteri, ai trasporti alla raccolta di rifiuti, dalle ambulanze fino ai servizi di "vigilanza privata". Checché ne dica Massimo D'Alema, "Non vedo cosa centrano Bassolino e Iervolino con il fatto che esista la camorra", questo è potuto accadere perché la lotta a questa multinazionale armata non è stata mai una priorità, anzi l'economia "sana" della città, grazie alla scellerata politica comunale, provinciale, regionale e nazionale del "primato del turismo", ha subìto negli ultimi 15 anni pesantissimi colpi dalla chiusura di alcune grandi fabbriche che hanno svuotato di popolazione operaia quartieri come Bagnoli, Fuorigrotta, Ponticelli, Barra, S. Giovanni, Miano. In Provincia negli ultimi decenni c'è stata un'ecatombe di medie aziende, le grandi fabbriche cittadine di proprietà statale sono state tutte dimesse o svendute ai privati, così come è stato fatto con le aziende di servizi, dalla sanità alle ex-municipalizzate. Spezzando la gracile spina dorsale industriale e terziaria della città, si sono ingigantiti la disoccupazione, la povertà, il degrado, la disponibilità illimitata di lavoro nero, e la camorra ne ha approfittato per sbaragliare la concorrenza, monopolizzando tutto ciò che si può monopolizzare, tanto che ormai tutti la chiamano "o' sistema". 8 novembre 2006 |