Montezemolo e D'Alema d'accordo per stabilire un "patto per la produttività" Piena sintonia di vedute e di proposte tra il presidente degli industriali italiani, Luca Cordero di Montezemolo, e il capofila dei rinnegati del comunismo, Massimo D'Alema, riguardo alla ricetta per far tornare a "correre" il carro del capitalismo tricolore e a chi dovrà essere chiamato a tirarne la stanga: è quanto è emerso al convegno ("Workshop", secondo la moda anglosassone imperante tra manager e politicanti di oggi) di Italianieuropei, l'associazione di "studi" diretta dall'attuale vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri, insieme all'attuale ministro degli Interni Giuliano Amato, che si è tenuto il 3 dicembre scorso a Sesto San Giovanni. Per Montezemolo l'Italia è "una barca in cui solo la metà rema" e ci sono "troppi fannulloni". Da una parte "c'è chi lavora, chi produce, chi rischia sui mercati", dall'altra "chi ingrassa con stipendi fuori mercato, il paese delle rendite e delle inefficienze". Ragion per cui - ne conclude il presidente di Confindustria - "il paese ha bisogno di scelte coraggiose, innovative, che guardino al futuro. Questo è il compito e il dovere di una classe dirigente seria. Serve un nuovo patto per la produttività". Per D'Alema quello di una "classe politica invadente e spendacciona" è un approccio "ideologico" e superato ai problemi reali del paese, tuttavia concorda in pieno con Montezemolo sull'opportunità e la necessità di un "patto per la produttività": "Dobbiamo lavorare a un nuovo patto tra le forze sociali, dobbiamo costruire un consenso tra le grandi forze del Paese per la crescita e la competitività", ha sottolineato il titolare della Farnesina usando quasi le stesse parole del suo interlocutore. Insomma, la sintonia tra governo e industriali, mediata da due dei loro più autorevoli rappresentanti, è perfetta. E a nome di Prodi è stata subito suggellata dall'intervento del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Enrico Letta, il quale ha aggiunto che "finito il percorso della Finanziaria bisogna far partire un patto sulla produttività. L'obiettivo del governo è far sedere attorno a un tavolo tutte le parti sociali per una grande concertazione". Ecco dunque la parolina magica, quella che Montezemolo e D'Alema si sono prudentemente trattenuti dal pronunciare, ma che è implicita e chiarissima nelle loro rispettive ma identiche ricette: concertazione! Una tentazione irresistibile che ritorna sempre a galla ogni volta che i capitalisti nostrani assaggiano la frusta della concorrenza straniera che riduce i loro margini di profitto, mentre i rinnegati, i riformisti e i sindacalisti collaborazionisti vedono salire corrispondentemente il loro potere contrattuale nella loro qualità (usurpata) di rappresentanti dei moderni schiavi salariati. In particolare la Confindustria chiede di poter cambiare gli orari a discrezione delle aziende senza doverli contrattare con le Rsu, anche in maniera improvvisa in base ai capricci del mercato, e non mancano orecchie sensibili nei sindacati a queste pretese. Non a caso la Uil, con il diessino Angeletti, si è detta pronta a discutere la proposta confindustriale "a patto di avere in cambio più salario". Anche la Cisl accetterebbe la monetizzazione di maggiore flessibilità negli orari, ed entrambe le confederazioni, come una carota da sventolare davanti ai lavoratori, propongono di detassare gli aumenti legati alla produttività. Solo la Cgil si mantiene per ora sulle sue, ma la posizione di Epifani favorevole ad una "flessibilità contrattata" in azienda offre comunque un varco ai rapaci della Confindustria e al governo di "centro-sinistra" che regge loro il sacco. "Nessuna trattativa e nessun patto sono possibili" invece per il segretario della Fiom e leader della Rete 28 Aprile, Giorgio Cremaschi, per il quale "Confindustria dimostra di volere una produttività fondata sulla precarietà e sull'intensità dello sfruttamento". Altro, dunque, che "superamento" della legge 30, come recita ipocritamente il programma dell'Unione della "sinistra" borghese! Non solo i capitalisti italiani non ne vogliono neanche sentir parlare, ma addirittura rincarano la dose pretendendo ancora maggior "flessibilità" nello sfruttamento della forza-lavoro, e il governo Prodi si dice pronto a riesumare la fallimentare e screditata concertazione per legare ancora di più la classe operaia e i lavoratori al carro dei loro sfruttatori. 10 gennaio 2007 |