Con le stesse fregole interventiste di Berlusconi Monti acquista i primi tre F-35 Costano 120 milioni di euro l'uno. L'Italia ne acquisterà altri 131 per un totale di 15 miliardi Mentre quasi tutti i Paesi che partecipano al programma di armamenti lanciato 16 anni fa per la realizzazione di 3.200 cacciabombardieri F-35 Joint Strike Fighter hanno già annunciato di voler rivedere i loro impegni di spesa prima della stipula dei contratti definitivi per la fornitura dei nuovi aerei; l'Italia invece, in perfetta continuità con la politica interventista e guerrafondaia del governo Berlusconi, ha ribadito il suo impegno per l'acquisto di 131 velivoli con un costo vivo di almeno 15 miliardi di euro fino al 2023. L'aereo "super tecnologico" sarà prodotto negli stabilimenti Lockheed Martin di Fort Worth vicino a Dallas. Non solo risulta il più costoso della storia ma ha dei costi di manutenzione e spese d'esercizio che fanno triplicare la spesa di ogni velivolo nell'arco della sua vita. Non solo, secondo uno studio commissionato dal Pentagono e pubblicato a fine dicembre risulta che l'F-35 presenta ancora molti difetti di funzionamento e per risolverli ci vorranno altro tempo e altri soldi. Fra ritardi, errori e rinvii, il progetto della Lockheed ha subito tanti ritocchi nel preventivo che oggi ogni esemplare potrebbe arrivare a costare oltre 200 milioni di euro. Il mese scorso la commissione del Pentagono che sta esaminando i prototipi dell'F-35 ha chiesto 725 correzioni, dal casco del pilota al sistema di aggancio in atterraggio, che ha fallito tutti i test sul campo. Il cacciabombardiere viene comunque presentato come un concentrato di tecnologia pensato soprattutto per missioni d'attacco, comprese quelle nucleari. Può essere armato con le bombe atomiche B61 custodite in vari siti europei. In Italia ce ne sono un'ottantina a Ghedi e Aviano, anche se nessun governo ne ha mai ammesso ufficialmente l'esistenza. E mentre il 7 febbraio in Commissione Difesa alla Camera il direttore nazionale degli Armamenti, Claudio Debertolis, annunciava in pompa magna l'acquisto dei primi 3 cacciabombardieri F-35, il ministro della Difesa, l'ammiraglio Giampaolo Di Paola, in una intervista radiofonica ha ribadito che il programma di riarmo dell'Aeronautica non subirà nessun ridimensionamento aggiungendo fra l'altro che: "Non capisco e non condivido la caccia all'untore a uno specifico programma". Del resto nel 2002 (governo Berlusconi) fu proprio Di Paola, allora segretario generale della Difesa, a firmare a Washington il primo accordo per la partecipazione italiana alla fase di sviluppo del cacciabombardiere e per questo fu indicato dal direttore americano del progetto come il "formidabile sostenitore del Joint Strike Fighter in Italia". Cinque anni dopo (governo Prodi), il sottosegretario Giovanni Lorenzo Forcieri confermò l'impegno di spesa e firmò un altro Memorandum of Understanding. Altro che "sviluppo", "crescita" e "benessere". Il macellaio Monti taglia senza pietà i posti lavoro, i diritti, pensioni e assistenza sociale e sanitaria ma non si pone problemi a spendere per ogni caccia 120 milioni di euro, che basterebbero per costruire ad esempio 185 asili nido, ospedali, scuole. L'acquisto degli F-35 viola fra l'altro la Costituzione, che all'articolo 11 stabilisce che l'Italia ripudia la guerra, se non come strumento di difesa. E di sicuro i caccia e in particolare gli F-35 non sono armi di difesa ma di attacco. Non a caso il ministro Di Paola ha chiarito senza mezzi termini in commissione congiunta Camera e Senato che nelle varie missioni in cui è impegnata l'Italia e in particolare in Afghanistan: "Intendo usare ogni possibilità degli assetti presenti in teatro, senza limitazione". E a chi gli chiedeva se non fossero già sufficienti gli elicotteri d'attacco ''Mangusta'' e se questo volesse dire anche attacco a terra, l'ammiraglio ministro, lapidario, ha risposto: "Se sarà necessario". Dunque una vera e propria accentuazione della strategia aggressiva dell'Italia nella missione di aggressione imperialista all'Afghanistan che il governo ha deciso alla chetichella e notificato durante un'audizione senza nemmeno informare il parlamento. Inoltre c'è da sottolineare che di tutto il fiume di denaro pubblico per cifre equivalenti a una manovra finanziaria che il governo Monti ha deciso di stanziare per l'acquisto dei cacciabombardieri, in Italia resteranno solo poche gocce. Anzi, gli operai destinati a montare le ali dell'F-35 nello stabilimento di Cameri saranno solo 600, circa la metà di quelli impegnati complessivamente nell'assemblaggio dell'Eurofighter. Contro tutto ciò vari movimenti e associazioni pacifiste hanno lanciato una campagna per la cancellazione del programma di costruzione ed acquisizione degli F35. Si sono già raccolte decine di migliaia di firme in tutta Italia e banchini e iniziative si stanno moltiplicando in tante città. Il prossimo 25 febbraio ci sarà una giornata di mobilitazione nazionale in oltre 100 città italiane per chiedere lo stop agli F35. "Con i soldi risparmiati - sostengono i promotori - potremmo comprare un po' di spazzaneve da dare alle città sommerse dal maltempo, oppure fare degli altri aerei (ma per spegnere gli incendi che devastano i nostri boschi durante l'estate) o ancora dare al nostro paese 4.500 asili nido, oppure garantire a 200mila precari un'indennità di disoccupazione in caso di perdita del posto di lavoro". 15 febbraio 2012 |