Il governo mente sulla legge di stabilità Monti aumenta le tasse Nell'approvare la legge di stabilità (ex legge Finanziaria), una stangata di 12 miliardi di euro solo per il 2013, sia il presidente del Consiglio, il tecnocrate liberista borghese Mario Monti, sia il ministro per l'Economia Vittorio Grilli, hanno mentito quantomeno su un punto fondamentale per i livelli di vita dei lavoratori, dei pensionati, di tutti coloro che percepiscono un reddito basso-medio. Non è vero che, con questa ennesima manovra economica, perché di questo si tratta, il governo abbia ridotto le tasse, abbia per dirla con le parole di Monti e Grilli, introdotto "qualche moderato sollievo" e dato "un segnale avviando un percorso di riduzione della pressione fiscale". È vero invece il contrario: a conti fatti, l'incremento di tasse e balzelli risulta assai più alto degli sgravi previsti, il tutto a danno, ancora una volta, dei lavoratori e dei pensionati a basso reddito con in testa i cosiddetti "incapienti", cioè coloro che rientrano nella fascia di esenzione dell'IRPEF. Senza contare il carattere marcatamente recessivo di queste misure fiscali. Che le cose stessero così era emerso subito, appena conosciuti i contenuti della suddetta legge di stabilità. È tuttavia, paradossalmente, la relazione tecnica elaborata dagli esperti del governo che, passando in rassegna tutte le misure giunge alla conclusione, nero su bianco, che il ddl sulla stabilità non riduce la pressione fiscale ma la alza. Non proprio una buona notizia considerando che in Italia la pressione fiscale è oltre il 46%. Le cifre a saldo non lasciano dubbi. Nel 2014 quando le norme andranno a regime l'erario preleverà dai contribuenti oltre 12 miliardi restituendone di minori imposte solo 7. Con una differenza di 5 miliardi estorte ai già super tartassati italiani. Il punto su cui si appunta la propaganda del governo riguarda il mini-taglio di due aliquote IRPEF, cioè l'Imposta sul reddito delle persone fisiche (che passa dal 23 al 22% fino a 15 mila euro l'anno, la prima, e da 27 al 26% per lo scaglione fino a 28 mila euro, la seconda) che si traduce in un'entrata per il singolo lavoratore oscillante tra gli 11,5 euro a un massimo di 21,5 euro la mese. Una foglia di fico piccola piccola, dunque, nemmeno sufficiente a compensare il drenaggio fiscale su salari e pensioni dovuto al costo della vita, dietro cui celare una miriade di altre misure di segno negativo che annulla tali "benefici" seduta stante. La più pesante di queste misure è l'aumento dell'IVA (Imposta sul valore aggiunto) che sale dal 10 all'11% quella agevolata e dal 21 al 22% quella "tipica" per un valore di ben 6,5 miliardi di euro di maggiori entrate per le casse dello Stato. L'aumento dell'IVA è iniqua e deleteria: colpisce indistintamente tutti i ceti, ricchi e poveri, ma sono questi ultimi a soffrirne di più, stimola l'inflazione e la perdita di potere d'acquisto di salari e pensioni, in ultima analisi invece di incentivare la ripresa economica e occupazionale ha un effetto depressivo. Altro che seconda fase dedicata alla crescita! Vittime principali di questa misura, i meno abbienti, con un reddito basso o inesistente, i cosiddetti "incapienti" e sono diversi milioni, i quali non beneficiano di nessun sgravio Irpef ma pagano, come tutti gli altri, l'IVA . Della stessa natura è la conferma, in modo stabile, dell'aumento dell'accise per i carburanti stabilito a seguito del terremoto in Emilia per un gettito di 800 milioni. Odiosa, inoltre, l'eliminazione della clausola di salvaguardia sul Tfr (Trattamento di fine rapporto). Il governo cancella la norma che consentiva di mantenere il prelievo fiscale sulle liquidazioni con le precedenti aliquote rispetto a quelle più svantaggiose introdotte nel 2006. Il che comporta un taglio del 2,5%. E questo in piena crisi economica dove i licenziamenti sono all'ordine del giorno con doppio danno per questi lavoratori: la perdita del posto del lavoro e la decurtazione della liquidazione. Ma c'è dell'altro. Nella legge di stabilità il governo si propone di arraffare un altro miliardo e mezzo di euro, ma c'è chi sostiene che la cifra sia parecchio più alta, modificando in peggio deduzioni e detrazioni che ogni contribuente dichiara nel 730 per i rimborsi previsti dalla legge tributaria. Per le deduzioni viene elevata la "franchigia" dagli attuali 129,11 a 250 euro, quasi il doppio con perdite certe e sostanziose dei rimborsi. In aggiunta, viene abbassato drasticamente il "tetto" di detraibilità degli interessi passivi dei mutui per la casa da 4 mila a 3 mila euro. In soldoni, fin qui si poteva detrarre 760 euro che calano a 570. Non solo, nel tetto dei 3 mila euro, specie nel primo anno di mutuo, vanno comprese una serie di spese accessorie come quelle notarili, per l'assicurazione antincendio e per la vita la cui detraibilità è persa in tutto o in parte. Inoltre i 3.000 euro sono il tetto massimo per la detraibilità della somma complessiva di tutte le spese, quindi può bastare in molti casi avere anche solo il mutuo per non poter detrarre altro. Dulcis in fundo, il governo pretende addirittura una vergognosa retroattività, ergo vuole fare cassa sin da quest'anno, con la dichiarazione dei redditi del 2012. La glaciale ferocia del governo Monti non conosce limiti. Alla sua mannaia non sfuggono nemmeno gli invalidi e le pensioni di guerra. Per i primi il governo prevede il taglio della retribuzione per chi assiste parenti disabili usufruendo dei tre giorni retribuiti al mese derivanti dalla legge 104/1992. Risparmio previsto, 50 milioni di euro circa. Per le seconde, si tratta di assegni che oscillano tra i 200 e gli 800 euro, fin qui esenti saranno tassate con le aliquote IRPEF. Colpite anche le cooperative sociali impegnate nei settori dell'assistenza, della sanità, dell'istruzione infantile: l'imposta dell'IVA aumenta dal 4 al 10%. Quanto poi all'ipotetico sgravio complessivamente di 1,6 miliardi di euro per detassare gli incrementi salariali derivanti dalla contrattazione di secondo livello, esso è direttamente subordinato a un accordo interconfederale con i sindacati e le associazioni padronali sulla produttività fondato sulla sostanziale cancellazione del contratto nazionale di lavoro e sul sistema delle deroghe su tutte le norme che regolano le condizioni di lavoro proprio come previsto nel modello Marchionne. La legge di stabilità contiene altre misure liberista, antioperaie e antipopolari (vedi "Il Bolscevico" n. 38/2012). Ma rimanendo in tema fisco c'è da domandare ai vertici sindacali, CGIL in testa, che fine ha fatto la vertenza sul fisco che un anno e mezzo fa si prometteva di lanciare? In quale cassetto è finita la piattaforma rivendicativa che, per quanto insufficiente, puntava alla lotta all'evasione fiscale e alla riduzione delle prime aliquote IRPEF? Rivendicava una tassa sulle grandi ricchezze dell'1% sui patrimoni sopra gli 800 mila euro per un gettito di 15 miliardi e l'armonizzazione europea del prelievo fiscale sulle rendite finanziarie? Nonché il bonus fiscale per coloro (gli "incapienti") che non sono in grado di beneficiare delle detrazioni fiscali? Occorre contrastare e respingere con forza le misure fiscali di Monti. Occorre dare forza alla piazza per spazzare via questo governo perché non faccia altri danni alle masse popolari. Lo sciopero generale con manifestazione nazionale a Roma non è davvero più procrastinabile. Che le lavoratrici e i lavoratori, le pensionate e i pensionati premano sui sindacati perché lo indicano al più presto. 24 ottobre 2012 |