Monti, uomo della grande finanza e della Ue Il nuovo presidente del Consiglio fa parte della Trilaterale e del Bilderberg Il passaggio dalla dittatura del nuovo Mussolini a quella dell'alta finanza è ben rappresentata dalla figura di Mario Monti, incaricato il 13 novembre, a seguito delle dimissioni del governo Berlusconi IV, a formare un nuovo esecutivo dal nuovo Vittorio Emanuele III, Giorgio Napolitano. Costui, sconvolgendo e liquidando ogni regola e prassi costituzionale e parlamentare sulla formazione dei governi, ha peraltro inaugurato di fatto la repubblica presidenziale perseguita da Berlusconi. L'investitura a premier di Monti è la diretta conseguenza della volontà della grande finanza italiana e internazionale, a cominciare dalla Goldman Sachs, dalla BCE, e dalle centrali capitalistiche più o meno occulte che operano per condizionare la vita economica, sociale e politica mondiale spingendosi a decidere la sorte di governi e interi Stati. Il governo Monti è la prova provata che nel capitalismo i governi non li fanno i parlamenti borghesi ma le centrali economiche, finanziarie e industriali capitalistiche alle quali i governi sono asserviti. Monti viene oggi presentato dalla destra e dalla "sinistra" borghese, compreso il partito del neoliberale Vendola, come un cavaliere senza macchia, una sorta di "salvatore della patria", dopo i disastri del governo Berlusconi. In realtà, egli è da sempre uomo della grande finanza e della Ue, sostenitore convinto e accanito del liberismo, uno che si è sempre distinto contro la politica di aiuti di Stato e di difesa dell'economia nazionale, a favore di una privatizzazione e liberalizzazione totali del mercato del lavoro. Insomma, è l'uomo giusto per condurre fino in fondo la politica di macelleria sociale che la Ue ha imposto all'Italia e già ampiamente inaugurata dallo stesso Berlusconi per far pagare alle masse la crisi del capitalismo. La carriera accademica Monti nasce a Varese il 19 marzo 1943 in una famiglia borghese milanese temporaneamente sfollata in quella città. Si diploma nel 1961 al Liceo classico Leone XIII di Milano, un liceo privato gestito dai gesuiti, assai esclusivo e destinato ai rampolli della borghesia meneghina. Lì gli viene impartita una educazione rigida: mai un corteo, mai una contestazione. Un suo compagno di scuola racconta: "Durante i primi scioperi, gli studenti delle altre scuole venivano davanti al Leone per convincerci a scendere in strada, ma nessuno di noi ha mai partecipato perché, semplicemente, sapevamo che i nostri genitori ci avevano mandato dai gesuiti per studiare" (Roberto Antonelli, compagno di scuola di Mario Monti, su "Il Giornale" del 5 luglio 1996). I gesuiti sono una tradizione di famiglia, anche figlio e nipote studieranno nello stesso istituto. Poi, concluso il liceo, per seguire le orme del padre che è direttore generale della Cariplo, si iscrive a economia e commercio alla Bocconi di Milano dove si laurea nel 1965, summa cum laude, con una tesi in Politica economica e finanziaria. Subito dopo vola alla Yale University (Stati Uniti) per un periodo di specializzazione e al suo ritorno inizia subito l'attività accademica. Nel 1969 è infatti professore ordinario presso l'Università di Trento, feudo della DC. Nel 1970 si trasferisce all'Università di Torino che lascerà solo nel 1985 per diventare professore ordinario all'università privata della Bocconi dove gli viene affidata la cattedra di Teorie e Politiche monetarie. Nel 1978 inizia la sua ultratrentennale collaborazione giornalistica col Corriere della Sera, che gli permette di avere visibilità oltre il mondo accademico. La carriera politica E infatti alla carriera accademica inizia ad affiancare quella privata. Tra il 1979 e il 1984 Monti siede nei consigli di amministrazione (Cda) di Comit, Generali e Ibm Italia. Dal 1988 al 1990 è vicepresidente della Comit e dall'88, amico personale di Giovanni Agnelli, diventa anche membro del Comitato esecutivo della Fiat. Inizia anche la sua carriera politica, seppur in sordina e sottotraccia. Il primo incarico risale al 1981 come relatore della Commissione di nomina ministeriale sulla difesa del risparmio finanziario dall'inflazione (ministro Beniamino Andreatta, DC, economista come lui). Poi presidente della Commissione sul sistema creditizio e finanziario (1981-1982), membro della Commissione Sarcinelli (1986-1987) e del Comitato Spaventa sul debito pubblico (1988-1989). Partecipa dunque alla redazione della legge sulla concorrenza e alla "riforma" della legge bancaria. Tutto senza trascurare la carriera universitaria. Nel 1985 oltre a divenire professore alla Bocconi, sempre nello stesso ateneo privato, costituisce il "Centro di economia monetaria e finanziaria Paolo Baffi". Nel 1989, succedendo a Luigi Guatri, conquista la prestigiosa poltrona di rettore alla Bocconi e successivamente, alla morte di Giovanni Spadolini (1994), ne diventa presidente, carica che ha mantenuto finora. Lascia l'incarico di rettore dopo cinque anni, nel 1994, quando inizia il suo impegno politico che, su indicazione del governo Berlusconi I, lo porta alla commissione europea assieme alla radicale Emma Bonino. Alla Commissione europea rimarrà fino al 2004. Tra il 1995 e il 1999, è Commissario europeo per il Mercato interno; dal 1999 e il 2004, confermato dal governo D'Alema assieme questa volta a Romano Prodi, è Commissario europeo per la Concorrenza. Peraltro, è nominato Commendatore dell'Ordine al merito della Repubblica italiana nel 1992 (presidente della Repubblica Scalfaro) e Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine al merito della Repubblica italiana dal 2004 (presidente della Repubblica Ciampi). Uomo dei "poteri forti" Monti frequenta, o per meglio dire, fa parte integrante dei cosiddetti "poteri forti" più o meno occulti che condizionano la vita economica e politica e persino governativa e istituzionale a livello mondiale. Lo attesta la sua presenza, con compiti di responsabilità, nei più esclusivi club internazionali, sorta di centrali massoniche occulte della finanza, dell'industria e della politica di comprovata fede liberista. È stato il primo presidente del "Bruegel", un think tank (serbatoio di pensiero, ossia gruppo di specialisti che cooperano alla risoluzione di problemi specifici) nato a Bruxelles nel 2005, composto e finanziato da 16 Stati membri dell'Ue e 28 multinazionali con lo scopo di influire sulle politiche economiche comunitarie. Dal 2010 è presidente europeo della Commissione Trilaterale, una centrale internazionale fondata nel 1973 da David Rockefeller, a cui partecipano su invito solo banchieri, industriali, politici, editori e esponenti del mondo accademico e giornalistico. Basti pensare che già nel 1974, la Trilaterale denunciava "l'eccesso di democrazia" che a suo parere affliggeva il pianeta. Dal 2010, Monti è anche membro del Consiglio direttivo del Gruppo Bilderberg, una centrale ancor più esclusiva e occulta rispetto alla Trilaterale. Ma ancora non basta. Monti fa parte anche dello Spinelli Group, di Notre Europe, il think tank di Jacaques Delors a Parigi, della Fondazione Berggruen a Berlino. È l'ispiratore del workshop Ambrosetti di Cernobbio. Nel 2005 è International advisor (consulente internazionale) di Goldman Sachs e precisamente membro del Research Advisory Council del Goldman Sachs Global Market Institute. È advisor anche della Coca Cola Company. In quanto cattolico convinto e praticante, Monti, fra l'altro, può vantare forti legami e appoggi del Vaticano. "Per i cattolici è una bella giornata vedere Monti a Messa. È un bel segnale", scrive la rivista online del Sacro Convento di Assisi commentando la partecipazione a messa di Monti, insieme alla moglie, in una chiesa romana proprio domenica 13 novembre, il giorno dell'incarico. Nonostante abbia sempre occupato gangli vitali della politica, da buon gesuita è riuscito per tutti questi anni a non inimicarsi pressoché nessuno. Liberale convinto, è stato accostato a liberali di vario tipo, compreso i repubblicani di Spadolini. Di lui si parlò anche al tempo della "Cosa bianca" una sorta di nuova DC, frutto dei contatti tra Luca Cordero di Montezemolo e di Pierferdinando Casini prima delle elezioni politiche del 2008. Più volte gli è stato proposto, sia dalla destra che dalla "sinistra" borghese, un incarico ministeriale. L'ultima volta, nel 2006, da parte di Berlusconi. In verità, Monti ha sempre preferito non schierarsi apertamente e lasciarsi così le mani libere aspettando il momento più opportuno e per ruoli ben più alti che il semplice ministro. Anche se la repentina nomina a senatore a vita il 9 novembre da parte di Napolitano e quindi l'incarico a formare il nuovo governo del 13 novembre, potrebbero sembrare il frutto di una scelta improvvisata e dettata dal precipitare degli eventi, la scelta di Monti è in realtà frutto di un'accurata regia studiata da tempo dalle centrali europee e internazionali capitalistiche e avallata in prima persona da Napolitano. Tant'è vero che già il 2 settembre di quest'anno, Monti aveva dichiarato la propria disponibilità ad un impegno in prima persona per salvare dall'impasse la politica italiana. E cosa intenda fare lo si evince chiaramente dalle sue parole. Per esempio da quello che ha scritto il 2 gennaio, sulle colonne del "Corriere della sera" in un articolo significativamente titolato: "L'esempio di Gelmini e Marchionne. Meno illusioni per dare speranza". Nel quale fra l'altro si legge che "Esistono in Italia due illusionismi. Essi sono riconducibili, sia detto senza alcuna ironia, alla dottrina di Karl Marx e alla personalità di Silvio Berlusconi". Monti, in sostanza, da una parte attacca Marx e tutto ciò che ne è conseguito, affermando che è fallito il "sogno" che "la classe operaia un giorno avrebbe vinto il capitalismo e avrebbe governato come classe egemone in un sistema più equo", e, dall'altra, esalta le "due importanti riforme dovute a Mariastella Gelmini e a Sergio Marchionne", ossia l'affossamento della scuola e dell'università pubbliche e la restaurazione delle relazioni industriali mussoliniane, che "mostrano la strada, mostrano che è possibile percorrerla". È la conferma che per Monti la strada per portare il capitalismo italiano fuori dalla crisi passa inesorabilmente attraverso il massacro economico e sociale della classe operaia e delle masse popolari. Se c'è una cosa che attesta inesorabilmente l'attuale devastante crisi economica e finanziaria è che a fallire è stato il capitalismo, che aveva esso sì sparso illusioni e false speranze di benessere e libertà, e che solo il socialismo può salvare l'Italia. Intanto lottiamo per liberarci del governo Monti della grande finanza e della UE. 16 novembre 2011 |