Gli effetti devastanti e drammatici della controriforma pensionistica Monti e Fornero riducono alla fame 350 mila "esodati" Costretti al licenziamento e privati del salario, si vedono negare la pensione Cgil, Cisl e Uil in piazza il 13 aprile Ad appena tre mesi dalla sua approvazione si fanno sentire gli effetti devastanti e drammatici della controriforma pensionistica (legge 214/11). Definita da parte sindacale, non senza ragione, "furto legalizzato", "gioco al massacro", "storia di ordinaria ingiustizia". Ciò con particolare riferimento ai cosiddetti "esodati", che sono quelle lavoratrici e quei lavoratori che per effetto delle nuove norme sul pensionamento rischiano di rimanere senza pensione, senza stipendio e senza alcun "ammortizzatore sociale". Si tratta di dipendenti che hanno sottoscritto accordi con aziende in crisi o in fase di ristrutturazione dopo il 4 dicembre 2011 e non avendo risolto il rapporto di lavoro entro la fine dell'anno scorso, non possono beneficiare dei vecchi requisiti e si ritrovano a fare i conti con il brusco innalzamento dell'età pensionabile, imposto dalla legge Monti-Fornero. Quanti sono questi lavoratori di grandi e medie aziende che avevano accettato di andare in cassa integrazione e in mobilità, oppure di piccole aziende che avevano accettato di dare le dimissioni incentivate, sapendo di poter passare direttamente alla pensione? All'indomani del varo della "riforma" il governo parlò di un massimo di 50 mila casi e promise di fare un decreto rimasto tutt'ora sulla carta. L'INPS, dopo un sommario calcolo, sulle richieste di mobilità entro la data suddetta, aveva alzato questa cifra a 65 mila. Il realtà, strada facendo, il fenomeno si è rivelato ben più ampio e drammatico. Pur non essendoci stime ufficiali e definitive (né il governo né l'INPS allo stato sono in grado di farle) sono almeno 350 mila i lavoratori caduti in questa diabolica trappola costruita dal governo della grande finanza, della Ue e della macelleria sociale Monti. Stiamo dunque discutendo di migliaia e migliaia di ex lavoratori, con un'età vicina ai 60 anni che hanno lasciato il lavoro e, di fatto, non hanno alcuna possibilità di trovarne, un altro, l'accesso alla pensione gli è stata allontanata di anni, e perciò si ritrovano senza stipendio, senza alcun "ammortizzatore sociale", con il rischio molto concreto di scivolare nella povertà. Stiamo discutendo di una ingiustizia atroce che deve essere sanata. Al governo deve essere imposta l'approvazione tempestiva di un provvedimento legislativo "riparatore" che permetta ai cosiddetti "esodati" di poter andare in pensione con le vecchie norme previdenziali soppresse. La Fornero, tra una smentita e l'altra, ha vagheggiato di un provvedimento ad hoc da prendere nel giugno prossimo. Ma con quali contenuti e con quale copertura finanziaria è tutto da vedere. Non c'è solo il problema degli "esodati", c'è anche il problema delle ricongiunzioni folli. Ovvero della ricongiunzione dei contributi previdenziali, maturati in enti diversi, una volta gratuita e, a causa di una vergognosa norma introdotta dall'ex governo Berlusconi e riconfermata dal governo Monti, diventata estremamente onerose, quasi impossibile da realizzare. A tutti quei lavoratori che hanno versato i contributi in INPS e in INPDAP si chiede di pagare, secondo calcoli dell'INCA, patronato della CGIL, cifre stratosferiche che oscillano tra 30-40 mila euro fino a 300 mila, per avere un unica pensione comprensiva di tutti i contributi versati. Sono lavoratori che hanno lavorato sia nel settore privato che in quello pubblico, che hanno versato regolarmente i contributi previdenziali e adesso gli viene posto l'atroce dilemma: pagare una seconda volta e che cifre, ammesso che uno se lo possa permettere, oppure rinunciare e quindi attendere altri 6-7 anni per andare in pensione. È il caso dei lavoratori "socialmente utili" che dopo un periodo di lavoro privato e un lungo periodo di precariato sono stati assunti presso gli enti locali; degli insegnanti che hanno lavorato presso scuole private e poi presso istituti pubblici ; dei dipendenti delle società dell'indotto di Poste italiane, dapprima iscritti all'INPS poi passati a IPOST; dei dipendenti delle municipalizzate il cui servizio è stato "ceduto" a società private; dei lavoratori del settore telefonico ed elettrico che hanno dovuto subire, pur continuando a fare lo stesso lavoro, un cambio di società e quindi di ente previdenziale. Quella della ricongiunzione dei contributi previdenziali non più gratuita, com'era prima, ma possibile solo con pesanti penalità economiche è un lascito velenoso, come si è sopra ricordato dell'ex governo del neoduce Berlusconi. Il quale, nell'ambito della manovra economica dell'agosto 2010, introdusse una norma per scoraggiare la richiesta delle lavoratrici del pubblico impiego (alle quali era stato imposto l'innalzamento dell'età pensionabile a 65 anni) il trasferimento gratuito dei contributi all'INPS, per poter andare in pensione avvalendosi delle regole più favorevoli del settore privato. Questa odiosa norma assunta contro le donne è stata riconfermata dal governo Monti nonostante che non avesse più alcuna ragione d'essere, visto che la "riforma" Fornero ha praticamente parificato, a livello più alto, l'età pensionabile delle lavoratrici pubbliche e private. Alla lettera di Vera Lamonica, Maurizio Petruccioli, Domenico Proietti, rispettivamente segretari confederali con delega alla previdenza sociale di CGIL, CISL e UIL per chiedere un incontro col ministro e per ripristinare il principio "secondo il quale chiunque cessi l'attività lavorativa senza aver maturato il diritto a pensione nel proprio fondo ha diritto a far confluire gratuitamente tutta la sua contribuzione verso il regime generale dell'Assicurazione obbligatoria generale", la Fornero non si è degnata di rispondere. Il governo non ci pensa proprio a cancellare questa ingiustizia perché "la norma - ha avuto l'ardire di affermare la ladra dei contributi dei lavoratori, Fornero - è equa, garantisce parità di trattamento tra lavoratori, è coerente con il sistema contributivo". "Non possiamo più - ha aggiunto la superprivilegiata - continuare a coltivare privilegi". Le segreterie nazionali di CGIL, CISL, UIL e UGL hanno deciso, alla buon'ora, di organizzare per il 13 aprile prossimo, una manifestazione nazionale a Roma per protestare contro la "riforma" delle pensioni del governo Monti e per chiedere provvedimenti per risolvere il drammatico problema degli "esodati" e delle ricongiunzioni milionarie. "Quella del 13 aprile - ha detto Susanna Camusso è una manifestazione contro una riforma che è stata fatta senza tener conto di una realtà presente e dei diritti in essere dei lavoratori". "Il governo e il parlamento - ha detto Raffaele Bonanni - devono risolvere il problema di centinaia di migliaia di persone rimaste già senza stipendio e senza pensione". "I lavoratori esodati hanno fatto una scelta fidandosi delle regole esistenti. Un qualunque governo decente - ha aggiunto Luigi Angeletti - deve garantire la validità di patti precedentemente sottoscritti". Bisognerebbe domandare ai vertici dei sindacarti confederali perché non si sono opposti con forza e non hanno smosso la piazza nel dicembre scorso quando la controriforma pensionistica fu approvata, per giunta con voto di fiducia. Dando così un tacito lasciapassare a questa controriforma che andava e andrebbe bocciata in toto e non emendata qua e là. 4 aprile 2012 |