Superstangata da 30 miliardi avallata e firmata da Napolitano, in continuità col governo Berlusconi Lacrime e sangue Pensioni: contributivo per tutti, abolite le pensioni di anzianità, nel 2018 donne e uomini al lavoro fino a 66 anni, blocco delle rivalutazioni per gli assegni oltre 900 euro. Ici sulla prima casa. Aumento Iva e dell'addizionale regionale Irpef. Nulla per il Mezzogiorno. Briciole per l'occupazione. Liberalizzazioni. Province: cancellate le giunte e il voto degli elettori, ridotto il numero dei consiglieri Scendere subito in piazza e proclamare lo sciopero generale unitario di 8 ore Il primo assaggio della cura di lacrime e sangue del governo Monti della grande finanza e della UE è arrivata puntualmente domenica 4 dicembre, con l'annuncio di una superstangata da 30 miliardi appena varata dal Consiglio dei ministri e inserita in un decreto prontamente firmato senza fiatare dal nuovo Vittorio Emanuele III, Napolitano. Una manovra di 18 miliardi di nuove tasse e 12 di tagli alla spesa, destinata per due terzi al "rigore", cioè alla riduzione del deficit dello Stato, e per un terzo alla cosiddetta "crescita", quasi interamente basata peraltro sui finanziamenti alle grandi opere divoratrici di risorse e di territori, come l'alta velocità ferroviaria e le autostrade. Mentre anche stavolta non c'è nulla per il Mezzogiorno e solo briciole per l'occupazione, con gli sgravi fiscali sull'Irap alle imprese che assumono giovani e donne. Quanto al "terzo pilastro" della cura Monti, la tanto sbandierata "equità", non ce n'è neanche l'ombra, dato che tutto il peso della manovra ricade sulle spalle dei pensionati, dei lavoratori e delle masse popolari, mentre ancora una volta le classi più ricche, l'evasione fiscale e le rendite finanziarie non sono state toccate o solo appena sfiorate. Non solo infatti (e non avevamo dubbi) non c'è la tassa sui grandi patrimoni, ma in corso d'opera è sparito pure, per evidente intervento ingiuntivo del neoduce Berlusconi che detiene sempre il pacchetto di maggioranza del nuovo esecutivo, persino il favoleggiato aumento delle aliquote sui due scaglioni più alti di reddito. Non a caso il segretario del PDL e delfino del neoduce, Alfano, ha rivendicato pubblicamente su Facebook al suo partito il "merito" di aver impedito l'aumento dell'Irpef ai redditi alti. Non c'è neanche la "minipatrimoniale" che poteva essere rappresentata da un'Ici progressiva sugli immobili, dato che quella che è stata reintrodotta con l'anticipazione dell'Imu (Imposta municipale unica già prevista dal federalismo fiscale) non è modulata sul valore effettivo di mercato degli immobili ma solo sui vecchi estimi catastali rivalutati in maniera indiscriminata, e non tiene conto del reddito né del numero di immobili posseduti. E non c'è alcuna misura corposa di lotta alla scandalosa evasione fiscale che ogni anno sottrae alla collettività una cifra valutata tra i 100 e 200 miliardi di euro, a parte la riduzione da 2.500 a 1.000 euro della soglia massima per i pagamenti in contanti. Come uniche misure a carico di quel 10% di popolazione che possiede la metà dell'intera ricchezza, insomma, c'è solo una ridicola tassa dell'1,5% sui capitali fatti rientrare in Italia con lo scudo fiscale al 5%, e una demagogica "tassa sul lusso" su auto di grossa potenza, barche e velivoli posseduti, che frutterà solo qualche milione di euro: demagogica e anche inoffensiva, dato che con essa lo Stato fa una sorta di dichiarazione d'impotenza, rinunciando di fatto a indagare sulla situazione patrimoniale dei proprietari in cambio di un obolo tutto sommato irrisorio per loro. Perfino i vescovi italiani, tramite il presidente della commissione Lavoro della CEI, hanno osservato che, pur "necessaria", la manovra "poteva essere più equa", e che "si poteva fare di più sui redditi alti". Stangati solo pensionati e lavoratori Dei 20 miliardi di "risparmi" tra tagli e tasse ben 15 provengono da due voci principali: pensioni e nuova Ici sulla prima casa. Si tratta cioè di soldi prelevati direttamente dalle tasche dei pensionati e dei lavoratori. In particolare quelli realizzati sulle pensioni rappresentano quanto di più odioso e intollerabile ci si poteva aspettare da questo governo di tecnocrati borghesi, un vero esproprio da Robin Hood alla rovescia, che ha tolto alla maggioranza più povera e sfruttata della popolazione per salvare i privilegi della minoranza più ricca e intoccabile del Paese. In questo caso non solo non ci sono stati ripensamenti da parte del governo, che si è mostrato sordo e indifferente ad ogni richiamo dei sindacati, non solo della CGIL ma persino di quelli più collaborazionisti come CISL e UIL, ma si è andati persino oltre ogni più pessimistica previsione, con una spietatezza almeno pari alla debolezza e compiacenza mostrate invece verso i più ricchi. Con che faccia tosta, infatti, Monti ha potuto definire "sacrifici temporanei, circoscritti e distribuiti in modo equo", la sterilizzazione totale rispetto al costo della vita delle pensioni al di sopra di 935 euro? L'accelerazione dell'aumento dell'età pensionabile per le donne? L'abolizione di fatto delle pensioni di anzianità, che costringerà migliaia di lavoratori che erano prossimi alla pensione, specie quelli delle classi '51-'52, a restare ancora al lavoro per altri 4, 5 o anche più anni? E per di più con l'estensione del metodo contributivo a tutti i lavoratori, infrangendo arbitrariamente tutte le già punitive controriforme effettuate da quella Dini a oggi? Ma anche i tagli per 5 miliardi a Regioni ed enti locali, tolti alla sanità, ai trasporti e ai servizi sociali, così come le liberalizzazioni forzose dei servizi pubblici, per non parlare dell'aumento dell'Iva, ricadranno anch'essi sui lavoratori, i pensionati, le masse popolari in genere. E che dire poi del golpe anticostituzionale sulle Province, con la soppressione delle giunte e la riduzione e il declassamento dei Consigli provinciali, che cancella arbitrariamente e di colpo il voto espresso dagli elettori? Di fatto viene cancellata una delle istituzioni rappresentative borghesi, coerentemente col regime neofascista in vigore che restringe sempre più gli spazi della democrazia borghese. Il plauso della borghesia e dei suoi reggicoda Altro che sacrifici temporanei! Altro che distribuiti in modo "equo"! Forse circoscritti sì, ma nel senso che sono riservati solo ai pensionati, ai lavoratori e alle masse popolari, e non toccano minimamente la media e grande borghesia e la "casta" dei politicanti borghesi! Non per nulla questa iniqua e devastante manovra, che Monti ha battezzato ricattatoriamente "salvaItalia", e che a seconda delle fonti costerà in media dai 600 ai 1.700 euro a famiglia, è stata subito apprezzata dalla UE e dai mercati finanziari internazionali, nonché dalla Borsa e dai grandi capitalisti nostrani con tutti i loro reggicoda: "Manovra dura ma equilibrata", l'ha definita Montezemolo. "Pesante ma indispensabile per salvare l'Euro", ha aggiunto la sua successora alla guida di Confindustria, Marcegaglia. "Noi non avremmo rimesso l'Ici, ma su molte parti del provvedimento c'è una netta continuità col nostro governo", ha sottolineato il presidente dei deputati del PDL, il piduista Cicchitto. "Medicina amara ma necessaria", ha chiosato il rinnegato D'Alema. E il veltroniano Tonini gli ha fatto eco: "Il governo Monti ha fatto la cosa giusta". Anche Monti, nel presentare la manovra in parlamento il 5 dicembre, ha voluto sottolineare la continuità con la politica di Berlusconi, avvertendo che "questo è un primo passo, è solo l'inizio". Il prossimo sarà sul mercato del lavoro e la disciplina dei licenziamenti : "E ora all'attacco dell'articolo 18", titolava infatti il fogliaccio neofascista Libero del 6 dicembre. Questa micidiale stangata non si può "migliorare", ma solo respingere e affossare. Il PD, come si è visto, è per metà completamente appiattito su Monti, e quanto al liberale Bersani si limita a menare il can per l'aia bofonchiando di "modificare un pochino la manovra" e cercando così di farla ingoiare alla base infuriata del suo partito senza farsi troppo male e rimetterci la testa. Del resto è molto probabile che Monti metta la fiducia sul provvedimento, come gli ha consigliato lo stesso Berlusconi, che sembra essersi ritagliato il ruolo di premier occulto: tant'è vero che Monti, con un clamoroso lapsus freudiano, lo ha appellato in aula "il presidente del Consiglio Berlusconi". Anche la segretaria della CGIL, Camusso, pur respingendo la manovra, appare incerta sulla risposta da dare, continuando a inseguire a destra i due leader sindacali collaborazionisti Bonanni e Angeletti per implorare da loro "un'iniziativa comune". I quali, per coprirsi, non hanno potuto fare a meno di criticare la manovra, ma più che respingerla chiedono di "discuterla" col governo, e intanto continuano con le azioni scissioniste contro la CGIL e provocatorie contro la FIOM in sede di trattativa con la Fiat, e si limitano a proclamare uno sciopero di facciata di due ore per conto proprio. Perciò solo scendendo immediatamente in piazza, come hanno fatto subito i metalmeccanici della FIOM e gli operai della Piaggio, la classe operaia, i pensionati, gli studenti e tutte le masse lavoratrici e popolari, possono fermare il massacro sociale che il governo del tecnocrate borghese Monti intende portare avanti in perfetta continuità con quello di Berlusconi. La CGIL ha proclamato uno sciopero di 4 ore per il 12 dicembre. Non basta, occorre proclamare subito uno sciopero generale nazionale di 8 ore, se possibile unitario altrimenti anche della sola CGIL, con manifestazione a Roma sotto Palazzo Chigi, per sturare le orecchie a Monti e fargli ben capire che i pensionati e i lavoratori non accettano di pagare la crisi dei capitalisti. Queste le misure contenute nella superstangata di Monti da affossare con la lotta: PENSIONI Aumento dell'età pensionabile Dal prossimo anno l'età pensionabile minima per le lavoratrici nel settore privato aumenta di due anni in un colpo solo, dagli attuali 60 a 62 anni. È vero che, come ha detto la ministra Fornero, l'aumento ingloba quello di un anno già previsto col vecchio meccanismo e anche le finestre mobili (abolite per tutti), per cui l'incremento effettivo sarebbe pari a zero. Ma ammesso che sia una consolazione, ciò si può dire solo per il 2012. Per gli anni successivi sono previsti infatti altri aumenti, per cui si raggiungeranno i 66 anni già nel 2018: ossia la parità con gli uomini e le donne del settore privato, che attualmente vanno in pensione di vecchiaia a 66, si raggiungerà con ben 8 anni di anticipo rispetto al meccanismo attuale già penalizzato dai tagli di Berlusconi, che prevedeva tale parificazione nel 2026, a 67 anni. Tutto ciò fermo restando gli aumenti che saranno calcolati in base all'aspettativa di vita calcolata dall'Istat, che per il 2013 incrementerà di altri tre mesi l'età pensionabile. Per le donne è prevista una "fascia di flessibilità" per il pensionamento tra 63 e 70 anni, mentre per gli uomini (e le donne del settore pubblico) tale fascia è prevista tra i 66 e i 70 anni. Da notare che con questa controriforma l'Italia sorpassa di gran lunga la tanto decantata "virtuosità" dei maggiori paesi europei, visto che in Germania, per esempio, l'età pensionabile arriverà a 65 anni nel 2013 e a 66 e sei mesi solo nel 2027, quando invece in Italia ci arriveremo già nel 2013. Abolizione delle pensioni di anzianità A sancire la loro abolizione di fatto in quanto tali il governo le ha volute perfino ribattezzare: si chiameranno "pensioni anticipate", a sottolineare la loro eccezionalità e transitorietà rispetto a quelle uniche di vecchiaia controriformate. Sparisce infatti il meccanismo delle quote, età anagrafica più anni di contribuzione, che attualmente valeva 96 (60 anni di età + 36 di contributi, oppure 61+35 e così via), e che si ipotizzava di elevare fino a 100. Qui siamo andati oltre tutte le peggiori ipotesi avanzate negli ultimi mesi, in quanto è stato abolito anche il diritto sacrosanto di andare in pensione al raggiungimento di 40 anni di anzianità contributiva, indipendentemente dall'età. Dal 2012 si potrà andare in "pensione anticipata" (rispetto all'età minima di 66 per gli uomini e 62 per le donne) solo con 42 anni e un mese di contributi per gli uomini e di 41 e un mese per le donne (6 mesi in più per gli autonomi), e a salire di un mese all'anno fino al 2014. Inoltre l'importo dell'assegno verrà decurtato del 2% per ogni anno di anticipo rispetto all'età minima. E senza nemmeno uno straccio di meccanismo compensativo per i lavori usuranti. Va aggiunto che gli anni di lavoro in più non porteranno neanche significativi vantaggi sull'importo della pensione, perché saranno calcolati col metodo contributivo. Contributivo per tutti Sparisce il sistema retributivo (pensione calcolata sulla media delle retribuzioni degli ultimi anni di lavoro), che valeva finora per i lavoratori che avevano almeno 18 anni di contributi all'epoca della controriforma Dini (1995). Dal 2012 varrà solo il sistema contributivo per tutti (calcolo della pensione esclusivamente in base ai versamenti effettuati). Per i lavoratori che usufruivano interamente del vecchio sistema retributivo si passerà quindi, ad esaurimento, ad un sistema misto retributivo (per gli anni fino al 2011), e contributivo pro-rata (per gli anni dal 2012), come quello già in vigore per i lavoratori che nel 1995 avevano meno di 18 anni di contributi. Si tratta della classica perequazione al trattamento più basso, cioè quello fornibile da qualunque assicurazione speculativa privata in base al mercato capitalistico, dopo essere stati strizzati come limoni, che la Fornero ha la faccia tosta di presentare come una misura di "giustizia" sociale per tutti i lavoratori. A partire dall'anno prossimo saranno inoltre aumentati progressivamente i contributi previdenziali a carico di artigiani, commercianti e agricoltori. Blocco dell'indicizzazione delle pensioni Per i prossimi due anni ci sarà la sterilizzazione totale della rivalutazione rispetto all'inflazione per le pensioni al di sopra del doppio delle pensioni minime, cioè per gli assegni superiori a 935 euro mensili. Si tratta di una misura sfacciatamente iniqua e vampiresca, una vera "tassa sulla povertà", come l'ha giustamente chiamata la CGIL, per fare immediatamente cassa sulla pelle delle masse popolari più deboli e svantaggiate. Un'estorsione che le lacrime di coccodrillo della Fornero e la furbata di Monti nel sottolineare che le risorse per "graziare" le pensioni sotto il doppio delle minime arriveranno "dai proventi derivanti dal bollo sullo scudo fiscale", hanno reso ancor più disgustosa e ipocrita. Soddisfatta la Marcegaglia: "Ora abbiamo il miglior sistema pensionistico europeo". CASA Anche la stangata sulla casa, tramite il ripristino dell'Ici sulla prima abitazione, è andata al di là delle ipotesi peggiori circolate nei giorni scorsi. Si parlava infatti di una rivalutazione "secca" delle rendite catastali (la base su cui viene applicata l'Ici) intorno al 10-20%, e invece il governo ha applicato un aumento indiscriminato di ben il 60%. Tanto che dai 3-5 miliardi di euro di gettito ipotizzati siamo arrivati addirittura a 11, interamente trattenuti dallo Stato, circa il 60% dei 18 miliardi di nuove entrate previste dall'intera manovra. La nuova imposta, che incorpora la vecchia Ici e si chiamerà Imu (Imposta municipale unica, già prevista dal federalismo fiscale e anticipata al 2012), sarà del 4 per mille, e costerà in media almeno 400 euro l'anno ai proprietari di prime case: circa il doppio della vecchia imposta comunale sugli immobili, proprio grazie alla massiccia rivalutazione degli estimi; che oltretutto, essendo generalizzata, non fa distinzioni tra case effettivamente popolari ed ex popolari ristrutturate a case di lusso, dato che per una revisione veramente equa degli estimi occorrerebbero diversi anni. Anche questo, quindi, è un provvedimento per fare subito cassa sulla pelle dei lavoratori e delle masse popolari. Esclusa naturalmente la chiesa, che continua ad essere esentata dall'Ici anche dopo questo provvedimento: "È una questione che non ci siamo posti", ha dichiarato impassibile Monti ai giornalisti stranieri che glielo avevano chiesto. L'"equità" è affidata unicamente ad una detrazione di 200 euro per le prime case, mentre per le seconde case e oltre l'aliquota sarà del 7,6 anziché del 4 per mille. Non c'è quindi nessuna progressività in base al reddito e al numero di case possedute. Ai comuni sono riservati i proventi dell'eventuale applicazione di un aumento dell'aliquota fino al 2 per mille. Potranno anche variare la detrazione di 200 euro "fino a concorrenza dell'ammontare", e considerato i tagli che hanno subito è scontato che vi faranno tutti ricorso, aggravando il peso della nuova tassa sulle famiglie. REGIONI ED ENTI LOCALI Regioni, Province e Comuni subiranno tagli ai trasferimenti per 5-6 miliardi, di cui 3 miliardi circa a carico delle Regioni tagliati alla spesa sanitaria, 1,5 miliardi a carico dei Comuni e 415 milioni alle province. A compensazione le Regioni potranno aumentare l'addizionale Irpef dallo 0,9 all'1,23%. Potranno anche applicare un'accisa sulla benzina di 1 centesimo al litro per sostenere il trasporto pubblico. Le Province subiranno un drastico ridimensionamento, in attesa della loro soppressione con legge costituzionale, con l'abolizione delle giunte e la riduzione del Consigli provinciali a solo 10 membri, per di più non eletti direttamente dal popolo ma nominati dai Consigli comunali: rimarrebbe cioè in carica solo un presidente con pieni poteri e un Consiglio nominato dai neopodestà comunali. Un'assurdità anticostituzionale. MISURE PER LA COSIDDETTA "EQUITA'" Mentre in ossequio al veto del neoduce Berlusconi in questa manovra è sparito del tutto il ventilato aumento delle aliquote Irpef del 41 e del 43% sui redditi rispettivamente sopra i 55 e i 75 mila annui, così come non c'è neanche l'ombra della patrimoniale, e men che meno il recupero di 16 miliardi dall'asta (gratuita) sulle frequenze televisive, il governo ha introdotto alcune irrisorie misure di facciata per far ingoiare a Bersani il rospo dei tagli alle pensioni e il ripristino dell'Ici sulla prima casa. Tra queste una ridicola imposta dell'1,5% sui capitali esportati illegalmente all'estero e già scudati al 5% con garanzia di anonimato, una tassa "sul lusso" su auto di potenza superiore a 170 KW, sulle barche oltre i 10 metri di lunghezza e sugli aerei privati, e l'aumento dell'imposta di bollo su conti correnti, titoli, assicurazioni sulla vita e altri strumenti finanziari, che Monti ha avuto la faccia tosta di chiamare "piccola patrimoniale". Quanto alla lotta all'evasione fiscale ci si riduce ad abbassare a 1.000 euro il limite per l'utilizzo del contante nei pagamenti, senza però prevedere l'abolizione o la riduzione delle commissioni sull'uso delle carte di credito. Quanto ai tagli agli scandalosi privilegi della "casta" dei politicanti borghesi, tutto quel che Monti è stato capace di fare, oltre al taglio alle province e ai componenti delle Authority, è la rinuncia al proprio doppio appannaggio di premier e di ministro dell'Economia, e la "trasparenza" nelle dichiarazioni patrimoniali dei propri ministri. LIBERALIZZAZIONI, GRANDI OPERE, IVA Si inizia con la liberalizzazione delle farmacie. I farmaci a pagamento della fascia C potranno essere venduti anche nelle parafarmacie. Saranno modificate, per una liberalizzazione totale, anche le regole per l'apertura di nuove farmacie e negozi. Liberalizzati anche i trasporti e gli orari e i giorni di apertura di negozi e supermercati. Rafforzati i poteri dell'Antitrust per imporre ai Comuni, entro i prossimi 90 giorni, le liberalizzazioni forzose dei servizi pubblici. Sarà dato immediatamente il via ad una nuova ondata di cementificazione del territorio, attraverso lo sblocco dei finanziamenti per 5 miliardi destinati alle grandi opere, TAV e nuove autostrade in primis. Da settembre 2012 le aliquote Iva del 10 e del 21% saranno aumentate rispettivamente al 12 e al 23%. Una clausola di salvaguardia nel caso non dovessero entrare in vigore i tagli lineari alle detrazioni ed agevolazioni fiscali previsti dalla delega fiscale della manovra Tremonti dello scorso luglio. Con il blocco delle indicizzazioni delle pensioni questa misura stringerà una tenaglia micidiale alla gola degli strati più poveri della popolazione. 7 dicembre 2011 |