Con il regalo dello scorso natale del governo aumentate le tariffe pagate dai passeggeri e i profitti della società di gestione Monti sblocca le tariffe a Fiumicino per favorire i padroni dei cieli e della terra Conflitto d'interesse e nuove cementificazioni nel principale scalo capitolino Lo scorso 21 dicembre, su proposta del ministro delle Infrastrutture e Trasporti Corrado Passera e del ministro dell'Economia Vittorio Grilli, il presidente del Consiglio dei ministri Monti ha emanato un decreto che approva l'Atto unico costituito dalla Convenzione con Aeroporti di Roma SpA - che esercisce gli scali romani di Fiumicino e di Ciampino - per la gestione totale fino al 2044 e del Contratto di programma in deroga per il sistema aeroportuale di Roma Capitale. Si tratta, come si vedrà, di un vero e proprio regalo ingiustificato a potenti consorterie affaristiche evidentemente intrallazzate con esponenti del dimissionario governo Monti, uno scandalo che probabilmente non ha precedenti nella storia italiana per la spregiudicatezza con cui è stato condotto e che per i motivi che saranno spiegati, è un'opera inutile e dannosa per le popolazioni che vivono attorno allo scalo di Fiumicino e vessatoria ovviamente per i passeggeri che transitano negli aeroporti romani. Il governo in parole povere ha autorizzato la realizzazione dell'opera infrastrutturale più grande nella storia italiana che prevede 12 miliardi di euro per raddoppiare, tra l'altro, la superficie dell'area aeroportuale di Fiumicino espandendola a nord, e le opere saranno, almeno per la metà della spesa, finanziate con l'aumento delle tasse aeroportuali a carico dei passeggeri di ben 10,5 euro a passeggero, così da portarle da 15,5 a 26 euro. Grazie al governo Monti ora Aeroporti di Roma potrà fare investimenti, in buona parte pagati dai passeggeri, per 2,5 miliardi di euro nei prossimi 10 anni solo per l'ammodernamento ed un primo ampliamento dello scalo di Fiumicino: e i conti di quanto la società incasserà sono presto fatti, dato che 10,5 euro di aumento tariffe a passeggero per 38 milioni di passeggeri fatti registrare nel 2011 produce la cifra di 400 milioni di euro l'anno e 4 miliardi in 10 anni, ovvero oltre 12 miliardi nei prossimi trenta anni fino al termine della concessione nel 2044. Ecco però il retroscena che fa ben comprendere il gigantesco affare che ingrasserà gli affaristi legati al potere politico: la società che gestisce lo scalo capitolino, Aeroporti di Roma SpA, presenta nel 2009 all'ENAC (Ente nazionale per l'aviazione civile) e all'allora in carica governo Berlusconi un piano di sviluppo per passare da 36 milioni di passeggeri l'anno a 70 milioni ed infine a 100 milioni. Naturalmente Aeroporti di Roma non mancò di elencare i benefici economici che si sarebbero prodotti a cascata, come maggiori posti di lavoro diretti e indiretti e l'acquisizione da parte di Fiumicino del ruolo di maggiore scalo aereo dell'intero Mediterraneo, in grado di confrontarsi alla pari con gli aeroporti di Londra nell'Europa settentrionale e di Atlanta negli Stati Uniti. Ma le bugie di Aeroporti di Roma SpA, evidentemente interessate, hanno le gambe corte, perché il traffico di Fiumicino potrebbe essere ampliato sicuramente fino a raddoppiarlo anche senza alcun ingrandimento dell'area aeroportuale, e lo dimostra proprio l'aeroporto londinese di Heathrow che ha le stesse dimensioni di quelle attuali di Fiumicino pur avendo un numero di passeggeri annui più che doppio. Non è quindi un interesse giustificato da ragioni tecniche che spinge Aeroporti di Roma a richiedere ai governi Berlusconi prima, e Monti poi, l'autorizzazione a costruire un mostro di cemento e acciaio che ingoierà quel poco che rimane del litorale romano, ma è soltanto un giro di squallidi interessi affaristici ai quali evidentemente esponenti del dimissionario governo Monti non sono estranei, altrimenti si sarebbero opposti a tale folle opera: infatti ben mille dei 1.300 ettari coinvolti nell'operazione sono della Maccarese SpA, la più grande azienda agricola d'Italia, interamente coltivata, della quale è titolare la famiglia Benetton che fu assai rapida ad accaparrarsela nel 1998 acquistandola dall'IRI svenduta dal governo di "centro-sinistra" per 93 miliardi di lire con l'impegno di mantenere la destinazione agricola e l'unitarietà del fondo, come testualmente recita l'accordo di vendita. Ora però il governo ha autorizzato Aeroporti di Roma all'espropriazione per pubblica utilità dell'area di proprietà della Maccarese SpA, e le norme di diritto pubblico in tema di espropriazione prevalgono sugli accordi e contratti privati, per cui oltre mille ettari di terreno agricolo verranno legalmente cementificati e sottratti per sempre alla loro naturale vocazione. Se quindi consideriamo che la Maccarese SpA è della famiglia Benetton, famiglia che possiede anche una partecipazione rilevante nella società finanziaria Gemina SpA, la quale possiede il 95% di Aeroporti di Roma SpA, e se infine consideriamo che la stessa famiglia Benetton è per quota posseduta (8,85% di capitale azionario) il quarto azionista della CAI SpA, che guarda caso è la società che gestisce la nuova Alitalia, comprendiamo sicuramente che il gruppo capitalistico Benetton sta dietro sia alla società espropriante (Aeroporti di Roma SpA) sia al terreno da espropriare (Maccarese SpA) sia alla società che gestisce la compagnia aerea più interessata all'operazione (CAI SpA) con un evidente e macroscopico groviglio capitalistico di interessi. I Benetton insomma cederebbero nuovamente al patrimonio pubblico (Aeroporti di Roma SpA è a prevalente capitale pubblico) quello che dallo stesso patrimonio pubblico hanno acquistato (perché lo acquistarono dall'IRI, che era un ente pubblico) per poi ottenere i finanziamenti (che pagheranno in buona parte i passeggeri con l'aumento delle tasse aeroportuali) utili a realizzare un qualcosa da loro gestito: si consideri che dall'esproprio i Benetton potrebbero incassare almeno 200 milioni di euro (20 euro al metro quadro), ai quali andranno aggiunti i danni riconosciuti in caso di strutture già presenti. E gli interessi coinvolti non si fermano ai Benetton: il costruttore romano Silvano Toti, editore del quotidiano romano Il Messaggero, è il secondo azionista di Gemina SpA (che controlla Aeroporti di Roma) con il 12,80% di capitale azionario, sa fin troppo bene che oltre all'aeroporto verranno realizzati palazzi, centri commerciali e varianti stradali, con evidente groviglio di interessi anche in tale caso. L'editore de Il Messaggero - giornale che ha condotto una sistematica campagna giornalistica per sostenere la necessità del faraonico progetto di Fiumicino - ha anche una piccola quota azionaria nella compagnia assicurativa Generali che a sua volta possiede un pacchetto azionario in Mediobanca. A questo punto è chiaro anche l'interesse delle banche in tutta l'operazione (in Gemina SpA c'è anche Unicredit) perché finanzieranno parte del progetto, mentre il resto del capitale necessario deriverà dall'aumento delle tasse aeroportuali. Il governo Monti quindi - nell'autorizzare quest'opera - patrocina un'infrastruttura assolutamente inutile, consente un vero e proprio furto dalle tasche dei passeggeri aerei, permette che oltre mille ettari di ottimo terreno agricolo vengano per sempre cementificati, condanna i residenti del litorale romano ad essere letteralmente assediati da mostruose infrastrutture di cemento ed acciaio, e tutto questo soltanto per ingrassare una cricca di capitalisti senza scrupoli. 17 aprile 2013 |