All'assemblea del Palacongressi di Roma Mussi lancia "Sinistra democratica" per l'unità della "sinistra riformista" Angius guarda più verso il partito socialista di Boselli Sabato 5 maggio, al Palazzo dei congressi dell'Eur, si è svolta l'assemblea di fondazione di Sinistra democratica, il nuovo movimento nato dall'assemblaggio dei diversi spezzoni dell'ex partito della Quercia che non hanno accettato di sciogliersi nel PD. Un coacervo di forze tra cui l'ex correntone della "sinistra" interna dei DS, i cui principali esponenti sono Fabio Mussi, Cesare Salvi e Giovanni Berlinguer, il riformista ex dalemiano e ora filo socialista Gavino Angius, l'ex dalemiano di destra Peppino Caldarola, il socialista Valdo Spini, il leader dell'Arcigay Franco Grillini. La manifestazione ha avuto un notevole successo di pubblico, con circa 4.000 persone provenienti da tutta l'Italia, che hanno partecipato con calore all'evento, cantando anche "Bella ciao" e "L'Internazionale" e salutando a pugno chiuso. Segno che nonostante tutto una non trascurabile parte di iscritti e di elettori di sinistra dell'ex partito della Quercia ne aveva le tasche piene dei pianti da funerale del congresso di Firenze, e ha voluto cogliere questa occasione per mostrare di esserci ancora e di non essersi arresa ai democristiani e ai liberali come i loro ex leader rinnegati. In platea erano presenti tutti i leader dei partiti e dei raggruppamenti che si muovono alla sinistra del nascente PD, tra cui Giordano, Diliberto, Folena, Tortorella, Curzi, Parlato, Occhetto, Cossutta, la radicale Bernardini, il verde Bonelli, il socialista Boselli, nonché molti sindacalisti, tra cui Cremaschi e Rinaldini. All'attenzione di tutti, anche se non ufficialmente, la costruzione di un "nuovo soggetto della sinistra" che con lo scioglimento dei DS e la comparsa sulla scena del nuovo movimento di Mussi, Salvi e Angius è salito rapidamente all'ordine del giorno. Sul tavolo c'erano infatti la proposta di Bertinotti di aprire un "cantiere" tra tutte le forze della "sinistra antagonista" per costruire una "massa critica", e quella di Diliberto, appena lanciata dalla tribuna del 4° Congresso del PdCI, di una "sinistra senza aggettivi", da assemblare tramite un percorso federativo. Si trattava quindi di verificare che tipo di accoglienza queste proposte avrebbero trovato da parte di Sinistra democratica. Ma i nodi non sono stati tutti sciolti, e anzi per molti aspetti si è assistito a una certa frenata rispetto alle crescenti aspettative delle ultime settimane. Se è vero che Salvi, il quale capeggerà una dozzina di senatori di SD, si è confermato il più convinto assertore dell'unità tra tutte le forze della "sinistra radicale", tanto da proporre di fare subito un coordinamento parlamentare con Rifondazione, Verdi e PdCI, viceversa Angius si è mostrato molto freddo verso questa prospettiva unitaria, e non ha fatto mistero di rivolgere invece tutta la sua attenzione allo SDI di Boselli: "io cerco l'unità delle forze del riformismo, laiche, ambientaliste e socialiste. Questo processo per ora esclude Rifondazione, i Comunisti italiani e i Verdi. Siamo due cose diverse. Da quella parte si riaggregano le forze più estreme della sinistra, da questa i soggetti che si richiamano al socialismo", aveva dichiarato a "La Repubblica" l'ex diessino alla vigilia dell'appuntamento al Palacongressi. E aveva aggiunto: "Io e Fabio abbiamo sottoscritto un documento che parte dall'adesione al PSE. Ecco: per me lì siamo e lì rimaniamo". D'altra parte anche Mussi, che tra queste due posizioni svolge il ruolo di mediatore, si è mostrato assai cauto circa le mosse future del neonato movimento: "Sarebbe bello - ha detto dalla tribuna - un big bang della sinistra, una Epinay italiana (riferimento alla riunificazione socialista di Mitterrand, ndr), ma la strada si fa un passo alla volta, ripartiamo dai contenuti, dall'ambiente e dal lavoro". Insomma, per ora il nuovo movimento non si sbilancia sulla direzione da prendere, perché le forze che lo compongono tirano in maniera contrastante, e bisognerà vedere chi ne prenderà la testa e per andare con chi. Quel che si può dire già da ora, però, è che questo nuovo raggruppamento nasce su basi decisamente riformiste e come copertura a sinistra del Partito democratico. Lo ha dichiarato lo stesso Mussi, quando ha sottolineato che SD sarà "a disposizione dell'unità della sinistra. Una sinistra nuova, plurale, laica, autonoma, critica, larga e di governo". In altre parole si propone di riunire tutta la sinistra riformista. Per fare cosa? "La Sinistra democratica - ha chiarito a questo proposito Mussi - guarderà al PD non come a un nemico ma come un alleato, e il centro-sinistra è il nostro spazio. Noi non saremo mai quelli delle mani libere nell'alleanza". Quindi è chiaro che siamo di fronte a un nuovo inganno per tenere i voti degli elettori di sinistra disgustati dalla squallida fine del partito dei rinnegati all'interno del recinto del "centro-sinistra". Tant'è vero che Mussi ha già annunciato che alle amministrative di maggio i candidati di SD saranno nelle liste dell'Ulivo e perfino dei DS. E questo senza alcun imbarazzo, perché "l'obiettivo comune è far vincere il centrosinistra. E daremo una mano, visto che abbiamo una nostra forza anche elettorale". D'altra parte, il nome stesso Sinistra democratica, che cos'è se non la variante speculare di Democratici di sinistra? Infatti, non a caso quando Mussi annunciò in congresso che non sarebbe entrato nel PD disse "io mi fermo qui". Cioè si fermava ai DS, al partito che aveva liquidato il PCI revisionista e i simboli stessi del comunismo, come la falce e martello. "A quella ho rinunciato nel 1989", ha dichiarato infatti l'ex dalemiano a "La Repubblica" del 24 aprile. Ed è verissimo, dato che Mussi, come gli ha ricordato maliziosamente D'Alema in congresso, fu tra i più decisi ad appoggiare la "svolta della Bolognina" di Occhetto, al punto da dileggiare sprezzantemente "quei compagni che si tengono stretto come un pelouche il loro comunismo". Uno di questi, l'allora arcirevisionista filosovietico Cossutta, gli fa ora degna compagnia, avendo alla fine anch'egli buttato alle ortiche la falce e martello e abbracciato il riformismo, tanto da essersi meritato un'accoglienza trionfale al Palacongressi. La stessa tributata anche al suo ex nemico, il liquidatore del PCI Occhetto, che ha commentato significativamente l'evento con queste parole: "Ritorno a casa, è il mio PDS". 9 maggio 2007 |