Il giorno dopo il via libera all'arresto di Papa e mentre fioccano nuove inchieste anche su esponenti del PD Napolitano bacchetta i magistrati sullo scontro con i politici e sulle intercettazioni Un altro "aiutino" del nuovo Vittorio Emanuele III al nuovo Mussolini Berlusconi ringrazia Il 21 luglio, all'indomani delle votazioni in parlamento sull'arresto di Alfonso Papa (il deputato PDL coinvolto nell'inchiesta napoletana sulla cosiddetta P4) e di Alberto Tedesco (senatore PD travolto dallo scandalo della sanità in Puglia) e nel bel mezzo di una nuova bufera giudiziaria che investe in pieno anche il vertice del PD, Napolitano, in qualità di presidente della Repubblica e del Consiglio superiore della magistratura (Csm) ha sferrato un nuovo e violento attacco contro i giudici e i Pubblici ministeri (Pm) che "osano" indagare i politici e che con le loro "esposizioni mediatiche" e "l'abuso" delle intercettazioni telefoniche e ambientali fomentano lo scontro istituzionale in corso fra potere politico e potere giudiziario. "Come già ebbi modo di constatare negli incontri precedenti con i vostri colleghi, nel maggio del 2008 e nell'aprile dello scorso anno - ha esordito il nuovo Vittorio Emanuele III durante l'incontro con i magistrati in tirocinio svoltosi al Quirinale - debbo purtroppo tornare oggi a denunciare il funzionamento gravemente insufficiente del 'sistema giustizia' e la crisi di fiducia che esso determina nel cittadino" provocata da "un offuscamento dell'immagine della magistratura, sulla quale non mi stanco di sollecitare una seria riflessione critica". "Fin dal 2007 - ha chiosato Napolitano - ho invitato i magistrati a ispirare le proprie condotte a criteri di misura e riservatezza, a non cedere a fuorvianti 'esposizioni mediatiche', a non sentirsi investiti di 'improprie ed esorbitanti missioni', a non indulgere in atteggiamenti protagonistici e personalistici che possono mettere in discussione la imparzialità dei singoli, dell'ufficio giudiziario cui appartengono, della magistratura in generale". "Vanno perciò evitate - ha ammonito l'inquilino del Quirinale - condotte che comunque creino indebita confusione di ruoli e fomentino l'ormai intollerabile, sterile scontro tra politica e magistratura" su cui anche "il Csm e la sua Sezione disciplinare hanno recentemente espresso la necessità di un urgente intervento legislativo". Perciò, ha intimato ancora Napolitano: "Nell'avvio e nella conduzione delle indagini, sappiate applicare scrupolosamente le norme e far uso sapiente ed equilibrato dei mezzi investigativi bilanciando le esigenze del procedimento con la piena tutela dei diritti costituzionalmente garantiti. Il discorso vale, in specie, per le intercettazioni cui non sempre si fa ricorso - come invece insegna la Corte di Cassazione - solo nei casi di 'assoluta indispensabilità' per le specifiche indagini e delle quali viene poi spesso divulgato il contenuto pur quando esso è privo di rilievo processuale, ma può essere lesivo della privatezza dell'indagato o, ancor più, di soggetti estranei al giudizio. In via più generale, non posso che ribadire con forza l'invito che ho formulato già negli scorsi anni a evitare l'inserimento nei provvedimenti giudiziari di riferimenti non pertinenti o chiaramente eccedenti rispetto alle finalità dei provvedimenti stessi, così come l'invito a usare il massimo scrupolo nella valutazione degli elementi necessari per decidere l'apertura di un procedimento e, a maggior ragione, la richiesta o l'applicazione di misure cautelari". Altro che "arbitro" e "garante" dell'equilibrio dei poteri dello Stato! Il messaggio di Napolitano ai nuovi uditori giudiziari legittima e rilancia al massimo livello istituzionale tutti gli attacchi sferrati quotidianamente alla magistratura dal neoduce e dai suoi scagnozzi Alfano, Ghedini, Cicchitto e Gasparri che non a caso hanno espresso "grande apprezzamento per le parole del capo dello Stato". Soprattutto quando Napolitano ha fornito un altro bel "aiutino" al nuovo Mussolini che siede a Palazzo Chigi dettando di fatto l'agenda politica dei prossimi mesi che prevede al primo posto una rapida approvazione della controriforma della giustizia, che deve essere "organica" e sostenuta da una "ampia condivisione". Una controriforma che prevede la separazione delle carriere e la sottomissione dei pubblici ministeri (Pm) al governo proprio come vuole il neoduce Berlusconi e come prevedeva il piano della P2. Così i Pm la smetteranno di indagare sulle malefatte dei politici e i magistrati non irreggimentati saranno messi in condizione di non poter più perseguire i reati commessi dalle cosche parlamentari e dagli amministratori locali. Non una parola contro le leggi ad personam, contro la caccia al magistrato, i drastici tagli di risorse e personale ai Tribunali e alle procure o contro la nuova legge che di fatto vanifica la confisca dei beni alla mafia e tutti gli altri odiosi provvedimenti varati da questo governo e che Napolitano ha sempre firmato con la massima rapidità avallandoli con le proprie mani. Insomma il rinnegato Napolitano è preoccupato non degli attacchi contro i magistrati che anzi condivide in pieno, ma dallo spettro di una nuova "Tangentopoli", ora che le più recenti inchieste giudiziarie coinvolgono i massimi vertici del PD e del PDL a cominciare da Bersani e Berlusconi. 27 luglio 2011 |