Nel discorso di fine anno a reti unificate Il nuovo Vittorio Emanuele III dà via libera al piano piduista e fascista del nuovo Mussolini Napolitano promuove a pieni voti il governo e la controriforma costituzionale Berlusconi subito applaude: "Bravo, bravissimo" La bufera economica è passata e la crisi è alle nostre spalle, grazie al governo del neoduce Berlusconi che ha ben operato. Ora bisogna fare con urgenza le "riforme istituzionali" e per questo occorre abbassare i toni e creare un clima di dialogo e di unità nazionale che il Quirinale è impegnato a favorire in tutti i modi possibili. Questo il succo del tradizionale messaggio di fine anno a reti unificate con cui Napolitano ha fatto il bilancio dell'anno appena trascorso e ha tracciato le linee da seguire per i prossimi mesi. Un messaggio, quindi, che promuove a pieni voti il governo del nuovo Mussolini, gli augura ancora lunga vita e gli apre davanti una comoda autostrada per mandare in porto il suo piano piduista e fascista di controriforma della Costituzione. "Un anno fa, molto forte era la nostra preoccupazione per la crisi finanziaria ed economica da cui tutto il mondo era stato investito", ha esordito infatti il capo dello Stato, ma "oggi, a un anno di distanza, possiamo dire che un grande sforzo è stato compiuto e che risultati importanti sono stati raggiunti al livello mondiale". E per quanto ci riguarda, "l'Italia - sempre restando ancorata all'Europa - ha dato il suo apprezzato contributo, con il grande incontro del luglio scorso a L'Aquila, e ha per suo conto compiuto un serio sforzo". Perciò, ha concluso Napolitano, "guardiamo con fiducia, con più fiducia del 31 dicembre scorso, al nuovo anno". Con ciò il nuovo Vittorio Emanuele III non solo avalla la propaganda "ottimistica" e zuccherosa fino alla nausea del neoduce: mentre le masse lavoratrici e popolari masticano amaro, dovendo stringere sempre più la cinghia e far fronte a una disoccupazione dilagante, egli promuove sul campo il suo governo neofascista, i cui unici "meriti" sono stati i provvedimenti a favore delle banche, degli speculatori edilizi e degli evasori fiscali, e nei riguardi della crisi se ne sta alla finestra ad aspettare che passi da sé. Crisi "risolta", governo promosso Questa è la sostanza del suo discorso, dopodiché lasciano il tempo che trovano le ipocrite osservazioni con cui il rinnegato del Quirinale ha cercato poi di smorzarne il tono trionfalistico, per non rischiare di apparire troppo appiattito sul governo. Stando comunque ben attento a non sbilanciarsi troppo nemmeno in senso contrario: "Non posso tuttavia fare a meno di parlare del prezzo che da noi, in Italia, si è pagato alla crisi e di quello che ancora si rischia di pagare, specialmente in termini sociali e umani", azzarda infatti cautamente Napolitano. Per poi riattaccare subito con la solfa dell'"ottimismo" berlusconiano: "C'è stata una pesante caduta della produzione e dei consumi"? Però "ce ne stiamo sollevando". "Ci sono state aziende, soprattutto piccole e medie imprese, che hanno subito colpi non lievi e a rischio, nel 2010, è soprattutto l'occupazione"? Ma "si è fatto non poco per salvaguardare il capitale umano, per mantenere al lavoro forze preziose anche nelle aziende in difficoltà, e si è allargata la rete delle misure di protezione e di sostegno". E ancora: "Hanno pagato, in centinaia di migliaia, i lavoratori a tempo determinato"? "Indubbia è oggi la tendenza a un aumento della disoccupazione, soprattutto di quella giovanile"? "Elevato è in Italia il livello della disuguaglianza e della povertà"? "Le condizioni più critiche si riscontrano nel Mezzogiorno e tra i giovani"? Niente paura, continua a rassicurare il capo dello Stato, perché la crisi può essere "un'occasione". Anzi, dalla crisi "deve e può uscire un'Italia più giusta". E come, di grazia? "Ponendo mano a quelle riforme e a quelle scelte che non possono essere più rinviate, e facendoci guidare da grandi valori: solidarietà umana, coesione sociale, unità nazionale", pontifica retoricamente Napolitano, ma solo per introdurre il tema che più gli sta a cuore: quello delle "riforme", sia economiche che istituzionali, ma soprattutto queste ultime. Ponti d'oro al nuovo Mussolini Neanche un mese prima aveva dovuto dirsi "rammaricato" e "preoccupato" per il "violento attacco" alle istituzioni lanciato dal neoduce col suo discorso golpista al congresso europeo del PPE. Dopo l'aggressione a Berlusconi, che ne ha fatto un martire e ha riaperto il "dialogo" con PD e UDC (e pensare che fino al giorno avanti Casini parlava di fare un "CLN" per liberarsi di Berlusconi!), neanche Napolitano vede più come un pericolo il programma piduista di Berlusconi di rovesciare la Costituzione come un calzino, e ora gli fabbrica ponti d'oro affinché il neoduce possa realizzarlo senza ulteriori ostacoli, alla sola condizione di coinvolgere anche l'"opposizione" per farlo in maniera "condivisa". "E vengo alle riforme istituzionali, e alla riforma della giustizia, delle quali tanto si parla", ha cominciato infatti Napolitano andando al punto. "Ho detto più volte quale sia il mio pensiero; sulla base di valutazioni ispirate solo all'interesse generale, ho sostenuto che anche queste riforme non possono essere ancora tenute in sospeso, perché da esse dipende un più efficace funzionamento dello Stato al servizio dei cittadini e dello sviluppo del paese. Esse dunque non sono seconde alle riforme economiche e sociali e non possono essere bloccate da un clima di sospetto tra le forze politiche, e da opposte pregiudiziali. La Costituzione può essere rivista - come d'altronde si propone da diverse sponde politiche - nella sua Seconda Parte. Può essere modificata, secondo le procedure che essa stessa prevede". Niente pregiudiziali, pare quindi di capire, alle leggi ad personam per salvare il premier dai processi, come anche alla controriforma della Giustizia targata Alfano per assoggettare la magistratura al governo, e come anche alla controriforma presidenzialista della Costituzione per dare al nuovo Mussolini quei pieni poteri che invoca da sempre, completando così il "piano di rinascita democratica" della P2 di Gelli e dello stesso Berlusconi. Su questo il nuovo Vittorio Emanuele III è pronto a spendere tutte le sue energie e il suo potere di mediazione, bacchettando i magistrati affinché non si oppongano alla controriforma piduista della giustizia e convincendo il PD a scaricare Di Pietro e a riporre ogni diffidenza nei confronti del neoduce. Non disturbare il manovratore Il clima idilliaco tra la destra e la "sinistra" del regime neofascista che si è instaurato dopo la provvidenziale aggressione a Berlusconi lo ha fatto tornare improvvisamente ottimista sul futuro della legislatura e la possibilità di approvare la controriforma costituzionale prima della sua scadenza: "In realtà - dice infatti Napolitano - non è vero che il nostro paese sia diviso su tutto: esso è più unito di quanto appaia se si guarda solo alle tensioni della politica. Tensioni che è mio dovere sforzarmi di attenuare. È uno sforzo che mi auguro possa dare dei frutti, come è sembrato dinanzi a un episodio grave, quello dell'aggressione al Presidente del Consiglio: si dovrebbero ormai, da parte di tutti, contenere anche nel linguaggio pericolose esasperazioni polemiche, si dovrebbe contribuire a un ritorno di lucidità e di misura nel confronto politico". Con ciò ha anche sposato di fatto la tesi propagandistica del "clima di odio" sbandierata dal neoduce e i suoi tirapiedi per intimidire e zittire chiunque osi attaccarlo. E pochi giorni dopo, in tandem con il presidente della Camera alla cerimonia per il cinquantenario della morte del primo presidente della Repubblica, Enrico De Nicola, il rinnegato del Quirinale ha battuto ancora sul tasto della "necessità di un clima di unità nazionale" per favorire le riforme, portando ad esempio l'ex presidente catto-monarchico-liberale, che "in momenti di serie prove per il paese" riuscì "ad assicurare una transizione condivisa" della nascente Repubblica verso il nuovo assetto costituzionale. Non c'è da stupirsi, perciò, se il neoduce gli ha subito telefonato alla fine della trasmissione per dirsi entusiasta del suo discorso e lodarlo con un "bravo, bravissimo", esprimendo poi pubblicamente l'auspicio che "il presidente Napolitano si faccia garante del percorso per le riforme", e che "riesca a convincere lui i dirigenti del PD a superare le resistenze". Se a ciò si aggiunge l'unanimismo con cui il messaggio di Napolitano è stato accolto ed esaltato anche da quasi tutte le altre forze politiche, da Fini a Casini, da Bersani ad Epifani (il solo Di Pietro, attaccato da destra e più ancora da "sinistra", lo ha criticato perché "ha messo il vento in poppa alla barca dei pirati" che vogliono "distruggere e mortificare" le istituzioni), si comprende bene quale preziosissimo appoggio abbia dato Vittorio Emanuele Napolitano al nuovo Mussolini per toglierlo dai pasticci e rimetterlo sulla cresta dell'onda. E con molte più possibilità di prima di ottenere tutto quello che vuole. Il clima tornato nuovamente idilliaco tra il capo dello Stato e il premier è stato riconfermato anche nell'incontro tra i due dell'11 gennaio, che per il primo è stato un "sereno scambio di opinioni", e anche per il secondo "è andato tutto bene". E questo mentre il nuovo Mussolini è tornato a Roma strombazzando che "il 2010 sarà l'anno delle riforme" e rilanciando subito in grande stile la raffica di provvedimenti (tra cui si preannuncia addirittura un decreto) per bloccare i suoi processi. 13 gennaio 2010 |