Per "evitare tensioni" col governo Berlusconi Napolitano blocca il Csm sulla pratica a tutela dei giudici Sembra proprio che Napolitano stia facendo di tutto per spianare il terreno al neoduce Berlusconi in vista del voto di fiducia del 14 dicembre, bloccando o rinviando qualunque iniziativa possa far alzare la tensione e rischiare di far cadere il governo anzitempo. Clamorosa è stata la decisione di chiudere la Camera fino al 13 dicembre, giorno in cui Berlusconi si recherà in parlamento a chiedere la fiducia al suo governo, decisione sollecitata dal Quirinale al presidente di Montecitorio Fini accogliendo prontamente la richiesta presentata dal capogruppo del PDL Cicchitto. Si è voluto con ciò evitare che la maggioranza andasse sotto ancor prima del 14, cadendo sulla votazione di qualche provvedimento o mozione, come quella presentata dal gruppo finiano di FLI sulla mancanza di pluralismo in Rai o quella della "opposizione" sulla sfiducia al ministro dei Beni culturali Sandro Bondi, o sulla conversione del decreto rifiuti, e così via. Subito dopo il nuovo Vittorio Emanuele III ha fatto un altro grave intervento per fare scudo a Berlusconi, bloccando in Consiglio superiore della magistratura (CSM), di cui è il presidente, una pratica istruita dalla prima Commissione a tutela di un giudice pesantemente insultato e calunniato dal neoduce. Si tratta di Fabio De Pasquale, magistrato che rappresenta l'accusa nei processi Mills, Mediaset e Mediatrade, che in ottobre in un intervento a una festa del PDL a Milano il neoduce aveva appellato come un "famigerato pm". Lo stesso, aveva aggiunto, "che disse a Cagliari (Gabriele Cagliari, coinvolto in tangentopoli, morto suicida in carcere nel '93, ndr) che il giorno dopo l'avrebbe messo in libertà e poi è andato in vacanza", e "il giorno dopo Cagliari si è tolto la vita". Subito l'intera maggioranza dei consiglieri togati del CSM avevano chiesto l'istruzione di una pratica a tutela del giudice e da quasi un mese la prima Commissione, definendo "infondate e false" le accuse di Berlusconi, aveva completato la pratica chiedendo che fosse discussa e approvata dal Plenum del Consiglio. Nel frattempo i cinque membri "laici" in quota PDL (Marini, Palumbo, Romano, Zanon) e Lega (Brigandì) hanno scritto una lettera al vicepresidente, l'UDC Vietti ma diretta a Napolitano, per sollecitare un suo intervento per stoppare la pratica a tutela, in quanto a loro dire frutto di "indebite iniziative individuali" e di "notizie non corrispondenti a verità", e capace di "attirare l'attenzione dei mass-media e di gettare il CSM nel mezzo del perenne conflitto tra politica e giustizia". E Napolitano ha subito risposto cogliendo l'occasione per bacchettare ancora una volta i consiglieri togati del CSM come ormai fa regolarmente tutte le volte che essi tentano di reagire agli attacchi forsennati e impuniti del nuovo Mussolini. La sua risposta, indirizzata al vice presidente Vietti, si apre infatti definendo subito "temi delicati e controversi" quelli delle pratiche a tutela e le relative anticipazioni di stampa. Dopodiché, ricordando che per quanto riguarda il secondo tema già il Consiglio precedente sotto Mancino se ne era occupato prendendo apposite contromisure, auspica la "introduzione, nel regolamento interno, di ulteriori, specifiche previsioni che modifichino l'attuale disciplina, al fine di scongiurare questo grave inconveniente". Ossia vuole che sia messa ai magistrati ancor di più la sordina a ogni loro lamentela e protesta contro le arroganti intemerate del neoduce e dei suoi gerarchi, chiedendo per di più agli stessi consiglieri di mettersi da sé la mordacchia. "Quanto alle pratiche a tutela - aggiunge poi ancor più velenosamente il rinnegato del Quirinale andando allo specifico della questione - ho già avuto occasione di esprimere perplessità sulla natura e sulla efficacia di un istituto che si risolve in una dichiarazione unilaterale esposta al rischio di una ulteriore polemica". Napolitano mette cioè in dubbio il principio stesso del diritto dei magistrati a difendersi dagli attacchi del governo con la pratica a tutela, mettendo sullo stesso piano chi attacca e chi reagisce agli attacchi. Al punto non solo di ricordare in proposito un suo precedente intervento del 2009 che portò all'adozione di un'apposita norma per limitare il ricorso alle pratiche a tutela, ma dal suggerire agli stessi consiglieri berlusconiani firmatari della lettera che essi "potranno eventualmente proporre di sottoporre a revisione" quella norma. Infine Napolitano richiama l'attenzione sulla "delicatissima fase della vita istituzionale", e invita tutti al "riserbo" e ad abbassare i toni per "evitare il verificarsi di situazioni che possono creare inopportune tensioni". In pratica si è trattato di un brusco stop alla pratica con rinvio quantomeno a dopo il voto di fiducia al governo, se non di un congelamento vero e proprio dell'iniziativa. In attesa di abolire del tutto questo "inutile" e "superato" diritto a tutela dei magistrati, come auspicato dallo stesso capo dello Stato. Scontate le reazioni trionfalistiche all'intervento censorio del Quirinale da parte dei firmatari della lettera, secondo i quali "Napolitano fa sue le nostre considerazioni", e della maggioranza di governo, che con il piduista Cicchitto plaude alla lettera del capo dello Stato perché "contiene considerazioni molto ragionevoli sulle pratiche a tutela". Silenzio di copertura invece da parte della "sinistra" borghese, che ha fatto finta di non accorgersi dell'entrata a gamba tesa del Quirinale per stoppare il CSM. Il suo quotidiano ufficioso La Repubblica ha riportato la notizia della lettera in un trafiletto nascosto nelle pagine interne accennando nel titolo solo a "perplessità" di Napolitano sulle pratiche a tutela dei giudici. Naturalmente il nuovo Vittorio Emanuele III giustifica il suo grave intervento con la necessità di evitare ogni fattore di instabilità che possa "turbare i mercati" e altre scuse del genere, ma intanto grazie anche alla sua copertura il nuovo Mussolini è libero di impazzare quotidianamente con insulti, minacce di golpe istituzionali e dichiarazioni bellicose a destra e a manca, infischiandosene allegramente della suscettibilità dei "mercati". 9 dicembre 2010 |