Ricevendo al Quirinale i nuovi magistrati in tirocinio Napolitano chiede una "seria autocritica" ai magistrati ANM: Difficile fare autocritica quando si viene insultati I magistrati vengono attaccati e insultati ormai quotidianamente dal neoduce Berlusconi e dai suoi gerarchi, il parlamento sta approvando la legge che impedisce le intercettazioni e imbavaglia la stampa ed è già pronto il nuovo lodo Alfano che metterà il nuovo Mussolini definitivamente al riparo dai processi; e il rinnegato Napolitano che fa? Ammonisce i magistrati a fare autocritica. Sembra incredibile ma è proprio quel che è successo il 27 aprile al Quirinale, col discorso da lui pronunciato al ricevimento offerto ai nuovi magistrati in tirocinio in cui, parlando a nuora perché suocera intenda, ha bacchettato duramente i magistrati accusandoli in pratica di conservatorismo e di chiusure corporative di fronte alla furia "riformatrice" del governo, nonché di eccessivo "protagonismo mediatico", esortandoli a fare una "seria autocritica". Tant'è che il berlusconiano Belpietro non credeva alle sue orecchie per la piacevole sorpresa ed esprimeva il suo giubilo titolando "Miracolo Napolitano" l'editoriale di commento sul fogliaccio neofascista Libero. Affiancato dal ministro della Giustizia Alfano, visibilmente compiaciuto per il contenuto e i toni del discorso, Napolitano ha subito esortato il Consiglio superiore della magistratura, rappresentato dal suo vicepresidente Mancino, a mettere "il massimo impegno nel dare attuazione alle norme sul trasferimento nelle sedi 'disagiate' e nel procedere tempestivamente, con il 'concerto' del Ministro, al conferimento di uffici direttivi di grande importanza: in primo luogo, quelli di Primo Presidente della Corte di cassazione e di procuratore della Repubblica di Milano". Si è cioè schierato decisamente dalla parte di Alfano nel lungo braccio di ferro che lo oppone al CSM nel tentativo di trasferire i magistrati più "scomodi" per il governo e di normalizzare l'odiata procura di Milano. Dopodiché, avendo messo subito in chiaro da che parte tirava il vento, ha fatto suo uno dei cavalli di battaglia più sfruttati dal governo per giustificare le leggi vergogna pro Berlusconi e il suo progetto di "riforma" della giustizia: quello della "crisi di fiducia nel Paese", insorta a suo dire "sia per il funzionamento insoddisfacente dell'amministrazione della giustizia sia per l'incrinarsi dell'immagine e del prestigio della magistratura". E questo solo per poter pontificare subito dopo che "occorre adoperarsi per recuperare l'apprezzamento e il sostegno dei cittadini e a tal fine la magistratura non può sottrarsi a una seria riflessione critica su se stessa, ma deve proporsi le necessarie autocorrezioni, rifuggendo da visioni autoreferenziali. È un percorso non facile al quale può darsi positivo inizio se si stemperano le esasperazioni e le contrapposizioni polemiche che da anni caratterizzano il nodo, 'delicato e critico', dei rapporti tra politica e giustizia". Lavorare e zitti Insomma per Napolitano i problemi di inefficienza della macchina della giustizia e della conseguente esasperazione dei cittadini non nascono dal perverso intreccio tra la cronica mancanza di risorse e il sovraccarico di processi spesso generato da leggi e procedimenti iniqui e contraddittori, bensì dai magistrati stessi, che si opporrebbero a qualsiasi cambiamento e che invece devono autocriticarsi e abbassare i toni nelle polemiche con il potere politico. Se la giustizia non funziona la colpa è tutta loro, anche perché Napolitano dà "atto al governo, al Consiglio Superiore, alla magistratura e all'avvocatura di aver dato, nell'ambito delle rispettive competenze, concreto impulso all'accelerazione delle procedure giudiziarie". Cioè per lui il governo ha già fatto tutto quel che doveva fare per far funzionare la macchina della giustizia, ora tocca i magistrati. Neanche Alfano avrebbe potuto dire di più e meglio. Ma non basta ancora: "Fate attenzione - ha insistito il rinnegato del Quirinale con un chiaro riferimento a quelle associazioni di magistrati, come l'ANM, che non accettano di subire passivamente gli attacchi e gli insulti di Berlusconi e del governo - a non cedere a 'esposizioni mediatiche' o a sentirvi investiti - come ho detto più volte in questi anni - di missioni improprie ed esorbitanti oppure ancora a indulgere ad atteggiamenti impropriamente protagonistici e personalistici che possono offuscare e mettere in discussione la imparzialità dei singoli magistrati, dell'ufficio giudiziario cui appartengono, della magistratura in generale". E dopo aver lodato l'imminente risoluzione del CSM, da lui personalmente sollecitata, per censurare le candidature politiche di magistrati, ha voluto ribadire ulteriormente che "i valori costituzionali dell'autonomia e indipendenza si difendono tutelando i magistrati dai comportamenti che creano nei loro confronti un clima di ingiusta delegittimazione, ma anche adottando risoluzioni consapevoli - quale quella che ho prima richiamato -. Né vanno assecondate chiusure corporative, dissimulate insufficienze professionali, tollerati casi gravi di inerzia o cattiva conduzione degli uffici". Chi delegittima e intralcia la giustizia? La frase sul "clima di ingiusta delegittimazione" è l'unica in mezzo a tante critiche, censure e bacchettate, con cui il nuovo Vittorio Emanuele III finge un'ipocrita difesa dei magistrati dagli attacchi forsennati del nuovo Mussolini e dei suoi scherani. Un po' poco per definire "incoraggianti" le sue parole da parte del presidente dell'Associazione nazionale dei magistrati, Luca Palamara. Che tuttavia, all'accusa di "troppa esposizione mediatica" lanciata dall'inquilino del Quirinale, si è sentito di ribattere a buon diritto in un'intervista a La Repubblica che "se si viene continuamente aggrediti, è inevitabile che si debba rispondere. Anche se, data la frequenza degli insulti, noi stessi spesso abbiamo taciuto per evitare l'effetto stillicidio". Quanto al presunto "potere di veto" di cui i magistrati sono accusati dal governo (e ora anche da Napolitano), Palamara ha ribattuto: "Non l'abbiamo mai esercitato. L'ANM ha un preciso dovere, segnalare i guasti che si produrrebbero con leggi, alcune di dubbia costituzionalità, come intercettazioni, processo breve, blocca processi (di cui Napolitano aveva appena firmato una sua variante detta "legittimo impedimento", ndr), ddl sul processo penale, trasferimenti d'ufficio". Che l'intervento di Napolitano sia esattamente l'opposto di una difesa della magistratura dagli attacchi e dagli insulti del governo è dimostrato dal giubilo con cui è stato accolto e commentato da Alfano e dai pennivendoli dei media filogovernativi. Abbiamo già accennato a Libero, che lo ha definito "miracolo Napolitano" perché - scrive - "dopo aver tolto il 25 Aprile alla sinistra il Colle fa un altro regalo al Cav" invitando i magistrati a "lavorare e fare autocritica". Se ciò ancora non bastasse si veda, sulla sponda "opposta" (si fa per dire) l'intervista dell'ex magistrato e senatore del PD Felice Casson al Quotidiano Nazionale del 28 aprile, in cui non solo si dice d'accordo con l'invito di Napolitano ai magistrati a fare autocritica, ma sottolinea altresì che "In alcuni casi l'eccesso di autodifesa ha creato problemi nei rapporti con le altre istituzioni. Il corporativismo non aiuta, quando si aprono fasi dialettiche con altri corpi dello Stato". Insomma, anche per il PD liberale di Bersani, come per il governo e per il rinnegato Napolitano, i magistrati debbono tacere e accettare senza fare resistenza l'inevitabile sottomissione al potere esecutivo che si sta apparecchiando per loro nella terza repubblica neofascista e presidenzialista. 12 maggio 2010 |