Napolitano equipara il crollo del muro di Berlino alla vittoria sul nazismo Questa non si era ancora sentita: il crollo del muro di Berlino è stata una "vittoria" del tutto simile a quella sul nazismo e sul fascismo. Lo ha affermato Napolitano nel suo intervento in occasione della "Giornata dello spettacolo", ricevendo il 9 novembre al Quirinale una delegazione di attori, cineasti e operatori dello spettacolo. Nel dare il benvenuto agli ospiti, infatti, non si è fatto sfuggire l'occasione per esordire con un sermoncello sull'anniversario della "data storica" della caduta del muro di Berlino, lanciandosi in un gratuito quanto spericolato parallelo con un'altra data storica, quella del 9 maggio 1945 che segnò la fine della seconda guerra mondiale e la sconfitta del nazi-fascismo. Le due date, secondo l'inquilino del Quirinale, segnerebbero entrambe "uno spartiacque nella storia europea e mondiale del XX secolo". E questo perché a suo dire "si aprì allora la strada in Germania dell'Est - ma il cambiamento era già cominciato in Polonia - e in tutti i paesi dell'Europa centrale e orientale all'affermazione di diritti di libertà che erano già stati sanciti con l'adozione della Costituzione subito dopo la II guerra mondiale, in particolare a Roma e Bonn, nei paesi in cui erano stati sconfitti il nazismo e il fascismo". Una frase contorta e involuta come tante delle sue, da cui però traspare chiarissima la sua intenzione capziosa di istituire un'equivalenza tra il crollo del muro di Berlino (e implicitamente "del comunismo") con la sconfitta del nazismo. E di conseguenza tra il comunismo e il nazismo tout court. Finora la propaganda imperialista si era concentrata sullo spacciare la caduta del muro come la "sconfitta del comunismo", invece che del revisionismo, come è nella realtà. Ci voleva un rinnegato del comunismo di antico pelo come Napolitano, per andare addirittura oltre nella menzogna e nella contraffazione della storia paragonando il 9 novembre 1989 al 5 maggio 1945, cioè in pratica il comunismo al nazismo. Pur sapendo egli benissimo che la sconfitta del nazismo fu merito soprattutto dell'Urss socialista guidata da Stalin, dal momento che a quell'epoca anche lui, come giovane dirigente del PCI, esaltava e difendeva ciò che ora condanna con tanta altezzosa supponenza. Tant'è vero che dovette - subito dopo la sua elezione al Quirinale - abiurare pubblicamente le posizioni che aveva ancora nel 1956, quando nel CC del PCI si espresse a favore dell'intervento sovietico per stroncare la controrivoluzione in Ungheria, dichiarando che "l'intervento sovietico ha non solo contribuito a impedire che l'Ungheria cadesse nel caos e nella controrivoluzione, ma alla pace nel mondo". E come tutti i rinnegati e traditori di una causa, anche stavolta Napolitano è stato persino più zelante, in fatto di revisionismo storico anticomunista, della borghesia e del liberalismo ai quali si è venduto, tanta evidentemente è la sua ansia di mostrarsi degno della dorata poltrona che ha ricevuto per premio. 18 novembre 2009 |