Il governo prende a pretesto il sabotaggio al cantiere Tav per militarizzare il territorio, blindare e accelerare l'opera e varare nuove misure fasciste Napolitano e il governo Letta-Berlusconi temono come la peste le rivolte popolari Vertice Letta Alfano sulla "criticità sociale": il governo affila le armi per combattere le masse in lotta Soffiamo sul fuoco alzando la bandiera anticapitalista per il socialismo Ecco come il governo Letta-Berlusconi intende affrontare l'emergenza economica e sociale: mettendo a punto la macchina repressiva dello Stato per essere pronto a fronteggiare e stroncare con la forza la ribellione sociale che sta montando nel Paese! Perché mai, altrimenti, tra i primissimi atti dopo il suo insediamento, avrebbe convocato il 7 maggio al Viminale una riunione del Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica, presieduto dal ministro dell'Interno Alfano e alla presenza del presidente del Consiglio Letta, del vice ministro dell'Interno Bubbico (PD) e dei vertici della polizia e dei servizi segreti? Un vertice dedicato, come recita il comunicato ufficiale ad "un'ampia e approfondita analisi sullo stato della sicurezza nel Paese, con particolare riguardo alle situazioni di criticità sociale connesse all'attuale congiuntura economica", e nel quale si è sottolineato "la necessità di tenere alto il livello di attenzione anche per i riflessi sotto il profilo dell'ordine pubblico"? Parlando ai microfoni del Tg1 Alfano ha poi riassunto le conclusioni del vertice con una formula ipocrita carica di minacce sottintese: "La crisi economica e la povertà sono un motore del disagio che può suscitare violenza. Ma la situazione dell'ordine pubblico nel nostro Paese è assolutamente serena e tranquilla". E mentre lo diceva a Napoli la polizia ai suoi ordini manganellava "serenamente" gli studenti che manifestavano davanti alla prefettura all'arrivo della ministra dell'Istruzione, Carrozza, contro i tagli alla scuola pubblica e anche in solidarietà con gli occupanti della Statale di Milano sgombrati il giorno prima con la forza dalla Digos. Il giorno successivo al vertice del Viminale anche il rinnegato Napolitano, commemorando al Senato l'anniversario dell'uccisione di Aldo Moro, aveva voluto aggiungere la sua voce a quella del governo nel suonare l'allarme sui pericoli per l'ordine pubblico, invitando a "fermare la violenza prima che si trasformi in eversione". Intendendo per violenza qualsiasi manifestazione di dissenso politico, anche solo a parole: "In questo momento non possiamo essere tranquilli davanti a esternazioni anche solo sul piano verbale o sul piano della propaganda politica", aveva avvertito infatti il nuovo Vittorio Emanuele III, bollando automaticamente come seminatore di violenza terroristica chiunque osi dissentire dal governo dell'inciucio Letta-Berlusconi, o si provi a denunciare il golpe istituzionale con cui lo ha imposto con piglio presidenzialista al Paese. È solo una coincidenza fortuita se pochi giorni dopo, su autorizzazione a procedere della ministra della Giustizia Cancellieri, sono state sbloccate 22 denunce alla procura di Nocera inferiore per il reato di vilipendio al capo dello Stato? Scenario di guerra sociale Il governo dunque affila le armi in previsione di rivolte popolari, dando già per scontato che queste ci saranno inevitabilmente: perché sa benissimo di non avere nulla da offrire alle masse se non le fumose promesse demagogiche fatte da Letta in parlamento, mentre in realtà non potrà che continuare a scaricare su di loro la crisi economica e finanziaria del capitalismo, attraverso la politica di lacrime e sangue e di macelleria sociale imposta dall'Unione europea imperialista e già applicata con cinico accanimento dai governi Monti e Berlusconi che l'hanno preceduto. A prospettare al governo questo scenario di guerra sociale era stato anche il presidente della Banca centrale europea, Draghi, che di questa politica spietatamente antipopolare è uno dei massimi ispiratori e controllori. Parlando il 6 maggio in occasione della laurea honoris causa conferitagli dall'Università Luiss presieduta dalla capitalista ed ex n. 1 di Confindustria, Emma Marcegaglia, Draghi aveva avvertito infatti che la disoccupazione giovanile, che "ha raggiunto livelli che incrinano la fiducia in dignitose prospettive di vita", può innescare "forme di protesta estreme e distruttive". Ma pur esortando a parole il governo a costruire "una società più solidale", il guardiano della Bce aveva ammonito che non si deve "tornare indietro dagli obiettivi già raggiunti", ossia occorre insistere con la politica di "rigore" nei conti pubblici. Il che equivaleva a consigliargli di prepararsi a fronteggiare le inevitabili rivolte sociali da lui stesso paventate. Un pretesto per collaudare la linea anti-rivolte Ma la prova generale della strategia di guerra alle masse adottata dal governo Letta-Berlusconi contro le rivolte sociali è avvenuta con le misure da stato d'assedio varate dal Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica di Torino, convocato il 14 maggio da Alfano, con la presenza del ministro delle infrastrutture Lupi, del vicecapo della Polizia, del comandante generale dei carabinieri, dei magistrati Caselli e Maddalena, del governatore del Piemonte Cota, del neopodestà torinese Fassino e di alcuni sindaci della Val di Susa, con il pretesto del sabotaggio al cantiere Tav di Chiomonte, avvenuto nella notte tra il 13 e 14 maggio. In quell'azione, condotta da ignoti al cantiere a quell'ora deserto, erano state lanciate delle bombe Molotov che avevano prodotto solo danni materiali alle attrezzature, e tuttavia Alfano ha subito proclamato ai media di regime, che lo hanno servilmente amplificato e rilanciato, che "lo Stato non si fa fermare da alcuni delinquenti che potevano uccidere e che forse volevano davvero farlo". E la procura di Torino diretta da Caselli ancora una volta si è fatta docile strumento di questa tesi volutamente esagerata aprendo un'inchiesta per il reato di "tentato omicidio". "Se pensano di intimorirci con le loro dichiarazioni roboanti - denuncia il Comunicato stampa del Movimento NO TAV del 16 maggio - si sbagliano. Noi a Chiomonte continueremo ad andarci e inizieremo da venerdì con l'inizio della tre giorni di campeggio, che è un anticipo della lunga estate di lotta che il movimento NO TAV sta organizzando". Ciò ha fornito inoltre il pretesto per prendere quattro gravissime decisioni mirate ad intensificare e allargare la già intollerabile militarizzazione del territorio, blindare e accelerare la realizzazione dell'opera e varare nuove misure fasciste, che sono rispettivamente: il "rafforzamento della vigilanza a tutela dei lavoratori del cantiere", l'"ampliamento dell'area di rispetto", l'"accelerazione della ratifica del trattato Italia-Francia" e l'istituzione di una "task force governo-enti locali presso il ministero delle Infrastrutture e Trasporti", che col pretesto di "facilitare il dialogo con le comunità locali e le altre componenti del territorio", ha in realtà lo scopo di commissariare di fatto le amministrazioni locali e facilitare l'imposizione della volontà del governo alla popolazione locale. Soffiare sul fuoco della lotta Questo è ciò che bolle veramente nella pentola del governo Letta-Berlusconi, e pertanto non si può che respingere al mittente la predica del rinnegato e presidenzialista Napolitano ad "abbassare i toni" e cucirsi la bocca davanti ad esso in nome dell'"emergenza" e della "salvezza del Paese", poiché l'Italia si può salvare e cambiare veramente solo abbattendo il capitalismo e instaurando la società dei lavoratori, ossia il socialismo. Di fronte a questo governo che proclama a parole di essere "al servizio del Paese", ma che nei fatti è al servizio del capitalismo e dichiara guerra a chiunque gli si oppone, e di fronte a chi come il trotzkista neoliberale Vendola gli offre un'"opposizione costruttiva", noi dobbiamo invece soffiare sul fuoco della lotta di classe alzando la bandiera anticapitalista per il socialismo, e ribadire che esso "va combattuto a viso aperto, attraverso una dura opposizione di classe e di massa nelle fabbriche, in tutti i luoghi di lavoro, nelle scuole, nelle università, nelle piazze, nelle organizzazioni di massa, specie sindacali. Contiamo in particolare sull'apporto della classe operaia, dei disoccupati, dei precari e dei giovani. Si alzi alto e forte il grido: Abbasso il capitalismo e i suoi servi! Viva il socialismo, il potere del proletariato!" (Documento dell'Ufficio politico del PMLI del 30 aprile 2013: "Opponiamoci al governo Letta-Berlusconi, che affossa il cambiamento democratico borghese e ufficializzerà il regime neofascista, presidenzialista e federalista. Lottiamo per cambiare l'Italia col socialismo e col potere del proletariato"). Avendo ben chiaro e fermo questo obiettivo, noi dobbiamo quindi - come ha indicato il compagno Giovanni Scuderi nell'editoriale per il 36° Anniversario della fondazione del Partito marxista-leninista italiano - "soffiare su ogni vento di rivolta anticapitalista, antigovernativa e antistituzionale. Dobbiamo incoraggiare le masse a usare tutti i metodi di lotta, legali e illegali, pacifici e violenti, che ritengono utili e necessari per raggiungere i loro giusti obiettivi. La lotta di classe per noi è insostituibile. L'unica che possa far avanzare l'emancipazione del proletariato e il progresso sociale". 22 maggio 2013 |