Ignorando la componente dei partigiani comunisti ed esaltando quella dei socialdemocratici, nonché il ruolo dell'esercito italiano Napolitano celebra la Resistenza in chiave liberale Il nuovo Vittorio Emanuele III cita il discorso del nuovo Mussolini a Onna Col discorso celebrativo del 24 aprile alla Scala di Milano, Giorgio Napolitano ha fatto fare un altro passo al progressivo snaturamento della Resistenza a cui assistiamo anno dopo anno. Un discorso tutto in chiave liberale, in cui è stato completamente cancellato il ruolo preponderante e decisivo dei partigiani comunisti e il merito della Liberazione dal nazi-fascismo è attribuito invece alla componente socialdemocratica delle formazioni partigiane, agli alleati e al ricostituito esercito italiano; in cui si dà fiato alle falsità e alle calunnie del revisionismo storico sulle presunte "atrocità" commesse dai partigiani e si ripropone l'intollerabile equivalenza tra "tutti i caduti"; e in cui la Liberazione è tramutata in festa della libertà borghese e della riconciliazione nazionale, per spingere, in sintonia col discorso televisivo del neoduce Berlusconi, la destra e la "sinistra" del regime neofascista a dialogare e ad unirsi per fare le "riforme istituzionali" da terza repubblica. In tutta la metà del suo lungo discorso dedicata alla rievocazione storica della Liberazione, Napolitano non ha nominato nemmeno una volta i partigiani comunisti, come se non fossero mai esistiti in tutta la Resistenza. Mentre è stato prodigo di citazioni e riferimenti a protagonisti monarchici badogliani come il generale Raffaele Cadorna, liberali come Leo Valiani, Carlo Azeglio Ciampi e Benedetto Croce, democristiani come Paolo Emilio Taviani, e soprattutto socialdemocratici come Sandro Pertini, Giuseppe Saragat e Giuliano Vassalli. A sentire l'inquilino del Quirinale sembra che il movimento resistenziale sia stata composto prevalentemente da queste forze borghesi; mentre invece sui partigiani egli proietta subdolamente l'accusa di comportamenti riprovevoli, come fa rievocando Piazzale Loreto, dove finirono giustamente appesi i corpi fucilati di Mussolini e dei suoi gerarchi a chiusura della liberazione di Milano, lo stesso luogo in cui mesi prima i fascisti repubblichini avevano massacrato degli antifascisti e dei partigiani. Napolitano lo cita appositamente per definirlo ipocritamente "uno scenario di orrore che replicò altri orrori inscenati nello stesso luogo di Piazzale Loreto", così da unire la sua autorevole voce al coro dei neofascisti, rinnegati, liberali e revisionisti storici che strumentalizzano questo episodio simbolico per infamare la Resistenza e i partigiani e far passare Mussolini e i suoi boia repubblichini da agnelli sacrificali. E che questo sia un passaggio attentamente studiato dal rinnegato del Quirinale è confermato più avanti nel suo discorso, quando ne riprende il filo affermando orgogliosamente di aver più volte personalmente ribadito "come non ci si debba chiudere in rappresentazioni idilliache e mitiche della Resistenza e in particolare del movimento partigiano, come non se ne debbano tacere i limiti e le ombre, come se ne possano mettere a confronto diverse letture e interpretazioni": un chiaro invito ai tanti denigratori a continuare fino in fondo il loro sporco lavoro di riscrittura della storia della Resistenza in chiave liberale. 25 Aprile "festa della riunificazione d'Italia" Da parte sua egli ne fornisce loro un esempio autorevole, cogliendo l'occasione per riprendere e portare ancor più avanti l'opera iniziata dal suo predecessore Ciampi, che per primo cominciò a rivalutare il ruolo dell'esercito regio nella Resistenza rispetto alle formazioni partigiane e a celebrare la festa della Liberazione in chiave liberale e patriottarda, incitando anche alla riconciliazione nazionale tra fascisti e antifascisti in nome di una memoria e di una patria "condivise": "Quando parlo di tutte le forme e le espressioni della Resistenza, attraverso le quali si è compiuta una vera e propria riscoperta del senso della patria e della nazione, mi riferisco in special modo alla rilevantissima componente costituita dal concorso dei militari al moto di liberazione, di riconquista della libertà e dell'indipendenza del paese", dice infatti Napolitano a questo proposito. E cita tra gli altri gli esempi di Cefalonia e delle nuove forze armate monarchiche badogliane, ricordando che a queste ultime dedicò la celebrazione del 25 Aprile lo scorso anno a Mignano Montelungo, luogo di una battaglia che costituì - sottolinea l'inquilino del Quirinale citando il discorso che fece in quell'occasione - "il battesimo di sangue del rinato Esercito italiano". Tutto ciò gli serve per sostenere la tesi che "il 25 Aprile è non solo Festa della Liberazione: è festa della riunificazione d'Italia". Col che egli cancella ogni riferimento al suo naturale e storico carattere antifascista e getta invece un ponte verso il patriottismo e il nazionalismo e la riconciliazione nazionale. E a sostegno di questa operazione chiama addirittura il nuovo Mussolini, presente alla cerimonia milanese quasi in veste di ospite d'onore, citando il suo discorso tenuto lo scorso 25 Aprile a Onna in cui esaltando "quei tanti giovani che sacrificarono la vita per riscattare l'onore della patria" invitava a "ricordare con rispetto tutti i caduti". A cancellare cioè la discriminante antifascista in nome dell'unità nazionale a sostegno del regime neofascista. Unità nazionale per fare la terza repubblica Unità nazionale che per l'ipocrita Napolitano si sposa benissimo col federalismo secessionista della Lega, visto che secondo lui "non contrasta ma si consolida e arricchisce con il pieno riconoscimento e la concreta promozione delle autonomie, come d'altronde vuole la Costituzione repubblicana : quelle autonomie regionali e locali, di cui si sta rinnovando e accrescendo il ruolo secondo un'ispirazione federalistica". Ed è proprio qui che voleva arrivare il rinnegato del Quirinale, col suo lungo discorso sulla Liberazione come "festa della riunificazione d'Italia": alle "riforme istituzionali" per la terza repubblica che gli stanno sommamente a cuore, e per realizzare le quali non cessa di raccomandare alla destra e alla "sinistra" borghese, "un grande sforzo collettivo, una comune assunzione di responsabilità". Uscendo fuori - secondo il nuovo spirito resistenziale liberale da lui appena annunciato - "da una spirale di contrapposizioni indiscriminate, che blocca il riconoscimento di temi e impegni di più alto interesse nazionale, tali da richiedere una limpida e mirata convergenza tra forze destinate a restare distinte in una democrazia dell'alternanza". "Le condizioni sono ormai mature - ha concluso Napolitano - per sbarazzare il campo dalle divisioni e incomprensioni a lungo protrattesi sulla scelta e sul valore della Resistenza, per ritrovarci in una comune consapevolezza storica della sua eredità più condivisa e duratura". Una conclusione, la sua, che come in un gioco di squadra ha fornito la base di partenza al discorso "ecumenico" del nuovo Mussolini, Berlusconi, diffuso abusivamente il giorno successivo su tutte le reti televisive, macchiando purtroppo di nero questa bella ricorrenza antifascista. 28 aprile 2010 |