Alla commemorazione del giuslavorista assassinato dalle "BR" Napolitano sposa la linea Biagi ed esorta i partiti del regime e la Cgil a metterla in pratica Il presidente della Repubblica: Basta arroccamenti attorno a visioni e conquiste del passato Un discorso ipocrita e antisindacale, contro i lavoratori e i loro interessi, contro i giovani precari o disoccupati e a favore del grande padronato e dei suoi interessi, quello pronunciato dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, a Modena il 19 marzo scorso in occasione del 7° anniversario dell'uccisione del giuslavorista Marco Biagi. Un discorso il suo che in modo strumentale e vigliacco confonde e mette sullo stesso piano le azioni criminali dei terroristi "rossi" e il giusto e legittimo diritto di dissentire e contestare, anche duramente, la politica del governo e le posizioni della Confindustria. Napolitano si schiera, oggettivamente, con Berlusconi (capo del governo anche all'epoca dei fatti) e il padronato e condanna, di fatto, la Cgil la quale al tempo in cui fu assassinato Biagi dalle sedicenti "BR" ebbe la "colpa" di criticare il suo "libro bianco" sul "mercato del lavoro", di opporsi alla precarizzazione del lavoro, alla cancellazione dell'art.18 dello "Statuto dei lavoratori"; come oggi si oppone al nuovo modello contrattuale padronale e corporativo e alla soppressione del diritto di sciopero. Napolitano celebra Biagi come un "servitore dello Stato e della democrazia", consulente privato e pagato dell'allora ministro del lavoro, Maroni, e dell'allora sottosegretario, Sacconi. Incensa le elaborazioni teoriche del giuslavorista assassinato senza dire che esse furono il fondamento della legge 30 chiamata non a caso "legge Biagi" che deregolamentò in senso neoliberista tutto il lavoro e produsse negli anni milioni di precari, supersfruttati, senza diritti e senza futuro. Predica la "pace sociale" e la collaborazione padroni e operai, invita i sindacati e le associazioni padronali ad instaurare relazioni di stampo corporativo in nome degli interessi "supremi" dell'Italia capitalista che deve competere nel mondo. La parola chiave su cui fa leva tutto l'intervento del presidente della Repubblica è "faziosità". Per Napolitano "lo spirito di faziosità" avvelena il Paese e impedisce di portare avanti nelle condivisione di forze politiche e sociali alcune "riforme" ineludibili per lo sviluppo dell'Italia. Biagi "pagò per lo spirito di fazione", sostiene Napolitano ed aggiunge che egli "fu vittima della criminale aggressività del terrorismo brigatista ma anche e prima pagò per lo spirito di fazione che da tempo avvelena la lotta politica e sociale del nostro paese". Come a dire che le critiche sulle proposte del giuslavorista e gli scioperi e le manifestazioni dei lavoratori armarono la mano delle "BR". Da qui l'invito a lavoratori, padroni, sindacati e partiti politici parlamentari della destra e della "sinistra" a mettersi d'accordo "di fronte a mutamenti inarrestabili della società. È necessario - afferma - uno sforzo comune, cui nessuna delle parti in causa si deve sottrarre, per riconoscere e coltivare elementi di continuità e le possibili convergenze... di fronte a problemi ancora attuali e nuovi, come quelli che Marco Biagi ha affrontato suggerendo lungimiranti ipotesi di soluzione e prospettive di sviluppo". Poi una stoccata che sembra indirizzata alla Cgil quando sostiene che "bisogna uscire dalle logiche puramente difensive e non farsi guidare da vecchi riflessi di arroccamento attorno a visioni e conquiste del passato rispetto a mutamenti obiettivi innegabili e a scelte ineludibili di riequilibri e rinnovamento nel sistema delle garanzie e delle tutele". Insomma, sembra dire Napolitano, è tempo di dire basta alla difesa del posto di lavoro a tempo indeterminato e di accettare serenamente la condizione del precariato perché è ciò che la situazione che si è venuta a determinare richiede. Basta con l'opposizione ai licenziamenti perché la mobilità della "forza lavoro" sia in entrata che in uscita è la necessità dell'oggi. Basta con il contratto nazionale e con il diritto di sciopero perché non favoriscono rapporti sindacali sereni e collaborativi sia in fabbrica, sia nella società e producono conflitti sociali dannosi per l'economia e la competitività dell'Italia. Basta con la contrapposizione capitale e lavoro. Entusiasta il giudizio sul discorso del capo dello Stato espresso dal ministro del welfare, Maurizio Sacconi, che nel 2003 fu coautore della legge 30 insieme a Maroni e che nel suo attuale "libro verde" ha ripreso il grosso delle teorizzazioni di Biagi sul lavoro. "Ho apprezzato moltissimo il suo intervento - afferma -perché richiamando la vicenda di Marco Biagi ucciso in un contesto di scontro politico segnato da pregiudizi e faziosità, invita anche oggi e sempre a rimuovere ogni pregiudizio e faziosità che non aiutano la coesione nazionale di cui abbiamo bisogno". D'accordo con Napolitano anche la presidente della Confindustria, Emma Marcegaglia: "in un momento come questo bisogna avere il coraggio di fare quelle riforme che in momenti normali non si ha la forza di fare". La segretaria dell'Ugl (la fascista ex Cisnal) Polverini chiosa: dobbiamo "completare il lavoro di Biagi". 1 aprile 2009 |