Nasce in Iraq il governo che piace a Bush e Blair Anche Prodi si felicita con il premier Al-Maliki. I sunniti abbandonano l'aula per protesta Ci sono voluti più di cinque mesi dalle elezioni del nuovo parlamento per dare vita al governo iracheno varato il 20 maggio. Un governo per la verità zoppo senza i ministri dell'Interno, della Difesa e della Sicurezza, tre ministeri chiave sui quali le formazioni parlamentari non hanno trovato un accordo e che saranno tenute ad interim dal premier sciita Al-Maliki e dai due vicepresidenti, il curdo Barham Salam e il sunnita Salam Al Zobaie; non votato da un partito sunnita i cui deputati hanno abbandonato l'aula per protesta. Un esecutivo "di unità nazionale" che piace agli occupanti Bush e Blair. Nel discorso dopo l'investitura il premier Al-Maliki ha illustrato il programma in 33 punti che prevede tra l'altro un miglior "coordinamento delle forze di sicurezza in modo da ridurre gli attacchi della guerriglia" e la definizione di un calendario "per far terminare la missione delle forze multinazionali". Un programma avallato dall'ambasciatore americano a Baghdad Zalmay Khalilzad, il regista dietro le quinte delle trattative per la composizione del nuovo governo, che ha confermato: "possono esserci aumenti tattici delle truppe Usa qui e là ma da un punto di vista strategico ci stiamo muovendo nella direzione della riduzione delle nostre forze". Ovviamente è vera solo la prima parte della dichiarazione. Infatti nello stesso momento il Pentagono stava discutendo la possibilità di inviare altre migliaia di marines in Iraq per far fronte alle sempre maggiori richieste dei comandanti operativi impegnati dagli attacchi della resistenza; secondo dati americani tra il 2004 e il 2005 gli attacchi della resistenza irachena sono aumentati di un quarto mentre mese dopo mese sale il numero delle province considerate "instabili". E il numero dei marines morti nell'occupazione del paese si avvicina ai 2.500. L'insediamento del governo è stato salutato con soddisfazione dal segretario dell'Onu Kofi Annan e da Blair; con enfasi da parte di Bush, che in un messaggio scritto ha sottolineato l'apertura "di un nuovo capitolo nella storia del paese" che prende "il suo posto fra le democrazie mondiali e fra gli alleati nella guerra al terrorismo". Non mancano le congratulazioni di Romano Prodi che mentre farfuglia sul ritiro del contingente di occupazione italiano è certamente contento, in sintonia con Bush, per l'importante passaggio "verso la ricostruzione di un Iraq democratico" e garantisce che "l'Italia sosterrà l'Iraq in tale direzione". 31 maggio 2006 |