Dopo 22 giorni di bombardamenti e cannoneggiamenti Gli aggressori nazi-sionisti cominciano a ritirarsi. Il governo di Gaza: è una grande vittoria 1.353 morti di cui 418 bambini, 5.320 feriti, oltre 4 mila case distrutte. Il vertice imperialista in Egitto dà il pieno appoggio al boia Olmert e al capitolazionista Abu Mazen Berlusconi pronto a inviare carabinieri e due navi contro Hamas Gli aggressori nazi-sionisti il 19 gennaio hanno iniziato il ritiro dalla striscia di Gaza lasciandosi dietro cumuli di rovine e più di 1.300 morti, in gran parte civili, ponendo al momento fine alla criminale offensiva "Piombo fuso" scatenata il 27 dicembre scorso. "Missione compiuta" aveva esclamato il boia Olmert il 17 gennaio annunciando l'avvio di una tregua decisa dal regime di Tel Aviv. Il 18 gennaio Hamas annunciava una tregua condizionata dal ritiro degli agggressori entro una settimana, definita una decisione "saggia e responsabile" dal premier palestinese Ismail Haniyeh che sottolineava la "grande vittoria" ottenuta dalla resistenza: "il nemico non ha raggiunto gli obiettivi che si era prefissato. I nostri militanti hanno fermato l'aggressione armata e il nemico non ha ottenuto nulla". Una posizione appoggiata dal presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad che ha telefonato al leader di Hamas in esilio a Damasco, Khaled Meshaal, congratulandosi per la "vittoria contro Israele nella Striscia di Gaza". "Questo è solo l'inizio", ha detto, sottolineando la necessità di "esercitare pressioni per il ritiro completo" delle truppe israeliane da Gaza e per l'apertura dei valichi. E ha chiesto che "i criminali sionisti siano perseguiti". Secondo l'ultimo bilancio stilato dal ministero della Sanità palestinese e comunicato dall'Onu ci sono stati a Gaza 1.353 morti, in gran parte civili e fra i quali vi sono 418 bambini, 5.320 feriti di cui almeno 1.855 sono bambini e 725 donne, decine di migliaia di sfollati nel tentativo di sfuggire ai bombardamenti. Nel bilancio delle distruzioni sono da considerare almeno 5 mila case, 16 edifici governativi e 20 moschee distrutti e altri 20 mila palazzi danneggiati. Un bilancio che sottolinea come l'obiettivo dei nazi-sionisti fosse tutt'altro che quello sbandierato di porre fine al lancio di razzi da parte della resistenza, lancio che è proseguito durante tutto il periodo dell'aggressione, quanto quello di colpire Hamas e il suo legittimo governo uccidendo dirigenti politici e militari e di terrorizzare il popolo palestinese a colpi di massacri per "convincerlo" a ritirare il sostegno a Hamas. Un progetto messo a punto da tempo con l'avallo degli Usa che sarebbe comunque scattato, magari con altre scuse, anche se Hamas avesse rinnovato la tregua di sei mesi scaduta lo scorso 19 dicembre. Una tregua rispettata solo dalla resistenza mentre il boia Olmert assassinava dirigenti di Hamas e rafforzava l'assedio al lager di Gaza. Il progetto dei nazi-sionisti contro la resistenza palestinese e il legittimo governo di Hamas continua con il sostegno dei paesi imperialisti che hanno fatto da criminali spettatori al massacro di Gaza. Salvo presentarsi il 18 gennaio al vertice di Sharm el Sheik, convocato dal presidente egiziano Hosni Mubarak per offrire aiuti al popolo palestinese ma gestiti dalla screditata Autorità nazionale palestinese (Anp) del presidente capitolazionista Abu Mazen e dal suo governo fantoccio; un modo come un altro per rafforzarlo e aiutarlo a scalzare il legittimo governo di Hamas. Altro impegno assunto da Usa, Francia, Gran Bretagna, Germania, Spagna, Italia e Turchia è stato quello di aiutare l'Egitto a blindare il confine con la striscia di Gaza per impedire rifornimenti militari alla resistenza palestinese. Il giorno precedente Sarkozy, Merkel, Brown e Berlusconi avevano inviato una lettera a Mubarak e ad Olmert per esprimere "l'appoggio agli sforzi dei due governi a raggiungere una tregua" e per offrire la disponibilità a "prendere delle misure concrete per fermare il contrabbando di armi verso Gaza" fra le quali l'invio di un flotta dedicata allo scopo in Medio Oriente. Gli imperialisti europei rincorrevano il concorrente Usa che aveva già sottoscritto un accordo ancora più ampio nell'incontro del 16 gennaio tra il ministro degli Esteri israeliano Tzipi Livni e dal Segretario di Stato americano Condoleezza Rice. L'intesa Usa-Israele prevede operazioni militari per controllare il traffico marittimo dal Mediterraneo al Golfo Persico, al Mar Rosso e allo spazio marittimo di fronte alle coste dell'Africa Orientale. L'Egitto non sarà lasciato da solo a fare il cane da guardia alla frontiera di Gaza. Un posto in prima fila lo ha reclamato anche Silvio Berlusconi, invitato al vertice in quanto presidente di turno del G8, che si è detto pronto a inviare carabinieri per il controllo dei valichi tra Egitto e striscia di Gaza e due navi per il pattugliamento marittimo per evitare il "contrabbando di armi" via mare. Il neoduce ha assicurato che il suo governo fornirà altri aiuti e sottolineato che l'Italia imperialista "vuole essere capofila per l'avvio di un Piano Marshall a sostegno dell'economia palestinese". Il 16 gennaio si era svolto a Doha in Qatar un vertice della Lega Araba, boicottato da Egitto, Arabia Saudita e Anp. Al vertice era intervenuto il leader di Hamas in esilio a Damasco, Khaled Meshaal, che aveva spiegato che fra le condizioni per una tregua vi doveva essere anche la fine dell'embargo sionista sulla striscia di Gaza. "Non possiamo vivere tra due fuochi, quello del nemico e quello dell'embargo, l'embargo per noi è una dichiarazione di guerra" denunciava Meshaal che chiedeva "la fine degli attacchi, che si ritiri il nemico da Gaza, che tolga l'embargo e che si aprano tutti i valichi e il primo è il valico di Rafah, che è palestinese ed egiziano e gli arabi possono accordarsi sulla sua apertura con gli egiziani". Il vertice si chiudeva con una dichiarazione che esprimeva una "forte condanna di Israele per l'aggressione atroce a Gaza", denunciava Israele per i crimini di guerra commessi a Gaza, chiedeva che fossero perseguiti i responsabili israeliani perché paghino indennizzi e siano sottoposti a processi, chiedeva "la fine dell'aggressione ed al ritiro immediato, globale e incondizionato dell'esercito israeliano" e invitava "tutti i paesi arabi alla sospensione dell'iniziativa di pace araba del 2002, alla cessazione di qualsiasi forma di normalizzazione dei rapporti con Israele e alla revisione di tutti i rapporti economici" con Tel Aviv. Chiedeva l'apertura "immediata e permanente" di tutti i passaggi della striscia di Gaza per "l'eliminazione del blocco illegittimo e l'annullamento di tutte le restrizioni sul movimento delle persone, con l'immediata riapertura del porto e dell'aeroporto di Gaza". Negli ultimi giorni dell'attacco militare a Gaza gli aggressori nazi-sionisti si sono resi responsabili dell'illegale assalto in acque internazionali a una nave di pacifisti carica di aiuti umanitari costretta a rientrare a Cipro; del bombardamento dell'edificio dove ha sede il quartier generale dell'Unrwa, l'agenzia dell'Onu che assiste i profughi palestinesi e dove erano rifugiate altre 700 persone. Nel corso del bombardamento i soldati sionisti hanno fatto di nuovo uso delle proibite armi al fosforo bianco. Sotto gli occhi del Segretario generale dell'Onu, Ban ki moon, che era in missione in Israele e si è limitato a una flebile protesta. Altro atteggiamento da parte di Venezuela e Bolivia che negli stessi giorni rompevano le relazioni diplomatiche con Israele. Mentre cominciava a farsi sentire il boicottaggio delle merci israeliane, in particolare in Gran Bretagna, Giordania e paesi scandinavi, accompagnato da una serie di manifestazioni di solidarietà al popolo palestinese che il 17 gennaio si erano ripetute in tutto il mondo, dal Cairo a Buenos Aires, da Parigi, Marsiglia, Londra e Berlino a Atene, Ankara, Ginevra e Roma. 21 gennaio 2009 |