Campagna diffamatoria che definisce "fannulloni" e "nullafacenti" i dipendenti pubblici Il ministro Nicolais: "i lavoratori subiranno un controllo poliziesco e saranno messi in mobilità" Mentre i vertici Cgil, Cisl e Uil mostrano disponibilità, per i sindacati extra-confederali è un piano liberista da contrastare con la lotta La tattica è sempre la stessa. Prima si lancia una campagna strombazzata sui grandi mass-media per denunciare la spesa pubblica esagerata, gli sprechi, l'inefficienza della pubblica amministrazione, la improduttività dei dipendenti, definiti senza giri di parole lavativi e parassiti e poi di seguito arriva il provvedimento legislativo da parte del governo e/o del parlamento che introduce misure finalizzate a peggiorare le condizioni di lavoro e ridurre, di fatto, lo stipendio dei lavoratori, senza per questo migliorare i servizi ma piuttosto peggiorarli. È una tattica che va avanti da anni e che viene riproposta dal governo Prodi. Alfiere di queste campagne diffamatorie e criminalizzanti, il famigerato professore diessino Pietro Ichino, docente di Diritto del lavoro all'università di Milano ed editorialista del Corriere della Sera. Proprio dalle pagine del principale quotidiano del grande capitale, il professore ha sciorinato le sue teorie insulse, arroganti, oltre che iperliberiste sullo stato della pubblica amministrazione, sui problemi di gestione e sui "rimedi" riunite in un libro intitolato provocatoriamente "I Nullafacenti" dove descrive i dipendenti pubblici come "fannulloni" e ne propone il licenziamento; arrivando a sostenere la necessità di licenziarne uno su 100 per mettere a posto le cose. Ma Ichino, peraltro iscritto alla Cgil (sic!), nel suo libello che sta portando a giro per l'Italia non dice nulla su tanti altri aspetti: per esempio che con la privatizzazione del rapporto di lavoro e l'aziendalizzazione dei servizi la flessibilità, la precarietà e il licenziamento per "giusta causa" hanno fatto ingresso e hanno dilagato anche nel pubblico impiego; il blocco del turn-over decretato dai governi che si sono succeduti non ha permesso le sostituzioni con contratti a tempo indeterminato; i "privilegi" previdenziali sono stati azzerati; i contratti di lavoro sono rinnovati con uno-due anni di ritardo. Non dice nulla sulla crescita esponenziale delle esternalizzazioni, sulle consulenze milionarie, spesso inutili, nonché sui privilegi elargiti al supermanager che, quelli sì, portano in alto la spesa pubblica. Non ci vuole molto a collegare gli attacchi di Ichino alle rivendicazioni della Confindustria circa il taglio della spesa pubblica, la privatizzazione dei servizi e la mano libera sulla "forza lavoro" in termini di flessibilità oraria e di licenziabilità. C'è invece da segnalare un silenzio assordante da parte dei vertici sindacali confederali facenti capo a Epifani, Angeletti e Bonanni, che potrebbe essere interpretato come sostanziale consenso. A parte il segretario generale della Fp Cgil, Carlo Podda, che ha definito la proposta di Ichino iniqua, inefficace e perciò inaccettabile perché non distingue tra i settori alcuni dei quali ancor oggi sotto organico e in difficoltà ad assicurare i servizi, e cita gli infermieri, i vigili del fuoco, le maestre d'asilo, il personale impiegato nel vigilare sul lavoro, sull'evasione fiscale e contributiva e altro. Di ben altro tono la reazione dei sindacati non confederali. Una delegazione delle Cub-Rdb ha contestato il 10 gennaio scorso il professore mentre presentava il suo libro in una libreria romana. Durante la protesta, Ichino è stato apostrofato come buffone e fascista. Un dirigente delle Rdb presente ha dichiarato che: "È in atto una campagna diffamatoria e criminalizzante dei dipendenti pubblici che mira a raccogliere il consenso sociale per raggiungere il vero obiettivo che è la devastazione della pubblica amministrazione attraverso una riforma che vuole colpire la sua funzione sociale per sostituirla con un modello subordinato alle esigenze delle imprese e alle scelte politiche del governo, non più garante di uno stato sociale affidato al mercato. Così - ha aggiunto - si recuperano le risorse erogate alla pubblica amministrazione e si trasformano in profitto diritti e garanzie sociali". Non è vero che i dipendenti pubblici in Italia siano più numerosi rispetto alla media europea. Non è vero che guadagnano di più, percepiscono invece stipendi più bassi. Non è vero che la spesa per l'amministrazione pubblica sia maggiore delle percentuali Ue. Se vi sono delle disfunzioni, dei disservizi, delle arretratezze, e ci sono, non è certo colpa dei lavoratori che sono l'ultima ruota del carro, ma delle politiche neoliberiste attuate dagli esecutivi di ambo gli schieramenti politici parlamentari, dalla dirigenza, da una gestione clientelare e corrotta. Il governo Prodi si muove in questa direzione. Il ministro dell'Economia, Padoa Schioppa lo disse subito, al momento della redazione del Dpef (Documento di programmazione economica), che uno dei grandi quattro capitoli dove far cadere la mannaia del taglio della spesa pubblica era proprio il pubblico impiego. E in buona parte, questo proposito è stato attuato con l'approvazione della legge finanziaria 2007, oltretutto senza risolvere minimamente il problema della stabilizzazione dei 350 mila lavoratori pubblici precari. Quest'azione prosegue ora col Memorandum messo a punto dal ministro della Funzione pubblica, Luigi Nicolais, da sottoporre e far sottoscrivere a Cgil, Cisl e Uil. Punti centrali di esso: il primo, un processo di ampia mobilità del personale tra comparti diversi, anche a livello interprovinciale, superando gli attuali vincoli. Ciò al fine di poter spostare i dipendenti dai ministeri agli enti locali e da una provincia all'altra, nell'ambito, bontà loro, della stessa regione. Non solo ma anche esodi incentivati, che è un licenziamento in cambio di un indennizzo in denaro. Il secondo, l'istituzione di un'"Authority", cioè di un organismo esterno, non è chiaro come composto, per la valutazione delle strutture del personale "fannullone". Terzo punto, il trasferimento del Tfr, che per il pubblico impiego si chiama Trattamento di fine servizio (Tfs), nei fondi pensione complementari privati. Il quarto riguarda gli aumenti stipendiali più legati alla meritocrazia. Non sono le stesse soluzioni "estremiste" indicate da Ichino-Confindustria, ma quasi. Apprezzate pubblicamente dal segretario della Cgil Epifani secondo cui "si deve avere il coraggio di affrontare la mobilità territoriale con politiche di incentivazione"; e dal segretario della Uil Angeletti pronto a firmare il Memorandum (mentre per quello della Cisl, Bonanni, il problema è il salario legato alla produttività). Proposte che peggiorano radicalmente la normativa della pubblica amministrazione, dando ad essa sempre più un indirizzo di tipo privatistico, con tutte le conseguenze immaginabili sui servizi e sulle condizioni di lavoro del personale. Dunque inaccettabili e da respingere con forza. 17 gennaio 2007 |