No al nuovo sacco di Milano dell'Expo2015 Come un cancro il nuovo eco-mostro si estenderà in una vasta area del capoluogo lombardo compromettendone gravemente la vivibilità delle masse Redazione di Milano Milano ospiterà l'Expo2015. L'hanno deciso la maggioranza dei 98 Stati aderenti al Bureau International des Expositions (BIE), che l'hanno preferita alla città turca di Smirne. Il titolo dell'Expo sarà "Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita'' (un titolo di copertura in netto contrasto con le sue reali conseguenze e finalità) e il suo sito è stato scelto in una vasta area di più di un milione di metri quadri adiacente alla Nuova Fiera tra i comuni di Milano, Bollate, Rho e Pero. Sarà un affare enorme, un grande evento commerciale simbolo dell'economia capitalistica "globalizzata": 4 miliardi di euro d'investimenti di cui 1,4 pubblici; milioni di mq di nuove aree cementificate; 160.000 visitatori attesi ogni giorno per 180 giorni; realizzazione del Tav e di nuove autostrade (Brebemi, Pedemontana, 2 nuove tangenziali a Milano, Broni-Casale e Boffalora-Malpensa); terzo terminal a Malpensa; alberghi, parcheggi, poli logistici di servizio. Una macroregione che va da Torino a Verona, già oggi tra le più inquinate e congestionate al mondo, alterata in maniera "permanente". Sarà un gran business per le speculazioni sulle aree, la costruzione e la gestione dell'evento; un affare per i soliti pochi noti (immobiliari, multinazionali, imprese di costruzioni); un guadagno effimero, precario, magari in nero per chi vi lavorerà (o meglio chi vi verrà supersfruttato). Un territorio sacrificato al sogno capitalista di rilanciare il prestigio di Milano nel mondo a scapito di chi vive (e sopravvive), lavora, studia su un territorio così vasto e già compromesso. Imbrogli e realtà Il tema proposto "Nutrire il Pianeta, energia per la vita" è un titolo vuoto senza critica al modello agro-alimentare imposto dalla globalizzazione neoliberista e imperialista, fatto di OGM, monocolture, sementi ibride, cibi massificati e plastificati; un modello che affama 3/4 della popolazione mondiale, inquina e distrugge la bio-diversità e arricchisce solo le grandi aziende monopolistiche del settore. Nessun accenno al totale fallimento del capitalismo nelle sue decantate politiche alimentari e delle campagne su questo tema dei suoi organismi internazionali. L'Expo2015 risponde in realtà essenzialmente a enormi interessi ed affari capitalistici che peggioreranno la situazione ambientale e sociale già compromessa del vasto territorio di Milano e del suo hinterland, proprio laddove, invece, urgono interventi strutturali pubblici di opposto indirizzo finalizzati a garantire un miglioramento della qualità della vita dei lavoratori e delle masse popolari che vi abitano. Oltre al lato ambientale ed economico della questione, la candidatura di Milano è stato l'ennesimo esempio di come vengono prese le decisioni in regime neofascista: d'arbitrio dal governo del dittatore democristiano Prodi - senza interpellare nemmeno le assemblee legislative borghesi nazionali e locali, tantomeno previa una consultazione referendaria con la popolazione della città interessata - ha proposto Milano come candidatura italiana al BIE con l'entusiastica approvazione a cose fatte del dittatore ciellino della Lombardia, Roberto Formigoni, dell'autocrate del PD alla guida della provincia di Milano, Filippo Penati, e della neopodestà berlusconiana di Milano, Letizia Moratti. Come al solito "grandi progetti" e "grandi opere" vengono portati avanti senza chiedere nulla al proletariato e alle masse lavoratrici e popolari coinvolti dalle loro conseguenze, mentre viene rigorosamente curato il beneficio della sempre più famelica borghesia immobiliare e finanziaria interessata a trarne lauti profitti a breve e medio termine. Al posto di agire in direzione di una tutela del bene pubblico (a cominciare da aria, acqua, suolo, energia) nell'interesse della maggioranza degli abitanti, l'amministrazione comunale nel presentare il progetto per l'Expo2015, ha confermato invece il suo credo neoliberista nel rinunciare ad avere un piano di controllo, procedendo piuttosto per singoli progetti, separati e derivanti dalle proposte di forti poteri contrattuali in vista di grandi interessi privati. Si prevede che l'intervento verrà attuato con l'adozione del General Contractor, un sistema di Appalto regolato dalla vigente legge 443/01, la Legge Obiettivo introdotta dall'allora ministro dei Lavori Pubblici del governo Berlusconi, Piero Lunardi, che presuppone l'individuazione di un Concessionario - il Contraente generale - cui sono delegati tutti i compiti di vigilanza, controllo, collaudo, contabilità e subappalto. Non è da escludere una richiesta di poteri speciali assoluti conferiti alla neopodestà Moratti per portare avanti i lavori in sfregio a qualsivoglia norma di salvaguardia ambientale, sistema di controllo e di garanzia. L'Expo sarà l'occasione per attirare, concentrare e spartire decine di miliardi di euro (si parla di un volume complessivo di 34 mld di business vari), consolidando quel sistema affaristico e di potere che da qualche anno sta coprendo Milano e provincia di quartieri esclusivi, centri commerciali e operazioni immobiliari che niente hanno a che vedere con i bisogni delle masse popolari. Un sistema trasversale agli schieramenti politici del regime neofascista, che detta lo sviluppo urbanistico della metropoli suddividendosi gli interventi relativi a tutte le grandi trasformazioni urbanistiche che stanno interessando la città sulle ex aree industriali e sui terreni agricoli della cintura metropolitana. La spartizione della torta A spartirsi la torta milanese dell'Expo2015 ci saranno i soliti noti: Ente Fiera, LegaCoop, gruppi della Grande Distribuzione, Cabassi, Pirelli, Zunino, Caltagirone, le grandi banche, Ligresti, Compagnia delle Opere, Assolombarda, Camera di Commercio. Ognuno di questi, coinvolto a vario titolo nell'operazione Expo, è parte di una nuova mappa del potere, di una nuova stratificazione sociale, culturale, economica, che porta avanti il disegno di un nuovo modello di città unicamente funzionale a logiche di profitto finanziario e assolutamente antitetico a valutazioni di impatto ambientale, sociale o lavorativo. La vasta area interessata all'Expo2015 si estende su un territorio già massacrato dai lavori per la nuova Fiera e per la viabilità circostante (viabilità in corso di realizzazione per opera dell'impresa Grassetto di Gavio e Ligresti). Un'area organizzata in un sistema complesso, composto da 3 autostrade (Milano-Torino, Milano-Varese, Tangenziale Ovest), dall'Alta Velocità, dalla ss. 33 del Sempione, da aree industriali dismesse e da aree abitate contese tra Milano, Pero e Bollate, che meriterebbero interventi di riqualificazione, non certo 10 anni di cantieri, 6 mesi di Expo, altri 10 anni di cantieri ed alla fine una bella speculazione edilizia a vantaggio di pochi immobiliaristi, con terreni la cui destinazione d'uso è stata come per magia cambiata per ospitare strutture residenziali, commerciali, uffici per supportare interessi di natura tutt'altro che pubblica e sociale. L'accordo tra Ente Fiera, Cabassi e Comune di Milano, in cui vengono definiti i termini per l'uso e la trasformazione del territorio, è stato infatti siglato il 19 luglio 2007 a Malpensa. Il Gruppo Cabassi e l'Ente Fiera hanno ceduto il diritto di superficie al Comune di Milano l'area (in totale: due milioni di metri quadri di intervento): in cambio, hanno ottenuto la nuova destinazione d'uso. previsto che la costruzione e la demolizione dell'Expo sarà a spese del Comune. L'accordo prevede che il diritto di superficie concesso al Comune si estingua dopo l'Expo e che le aree tornino ai privati, finalmente edificabili. L'indice di edificabilità concesso è ricco, mentre non risultano vincoli per le proprietà, a parte il divieto di "installare attività produttive insalubri". Anche se quello presentato è un progetto di massima che verrà ampiamente ricontrattato nei suoi dettagli, è evidente l'impatto che l'Expo avrà sul territorio. Grandi interventi urbanistici trasformeranno molte zone di Milano (CityLife, Santa Giulia, "Città della moda" Repubblica-Garibaldi, per esempio) secondo una logica che prescinde dalla gestione della manifestazione e da una riqualificazione urbanistica per garantire maggiori e migliori "servizi ai cittadini": si tratta di interventi pesanti che muteranno il carattere sociale, culturale ed economico della città. Quartieri esclusivi, case per manager e società multinazionali. Niente a che vedere con i bisogni delle masse lavoratrici e popolari milanesi. Per tutti questi motivi i marxisti-leninisti milanesi danno il loro pieno appoggio alla lotta già intrapresa dal Comitato No-Expo per opporsi all'ulteriore aggravamento di traffico, cementificazione, sfruttamento del lavoro nero e precario (con conseguenti omicidi "bianchi"); per opporsi a un nuovo gigantesco sacco di Milano perpetrato dal capitale finanziario e immobiliare che sviluppa un modello economico-sociale capitalistico neoliberista capace solo di creare ancor più mostruose e intollerabili disuguaglianze sociali. 23 aprile 2008 |