A causa delle modalità del voto che hanno tagliato fuori i delegati che hanno votato contro il "documento unitario" Non c'è stata democrazia nei congressi di base della Cgil Oscuri rimangono i motivi del grave ritardo per conoscere i risultati. Non si capisce l'improvviso boom di voti nei congressi del Mezzogiorno Comunque il 16% dei congressisti ha rifiutato il consenso al "documento unitario" Noi l'avevamo denunciato per tempo e con forza: lo svolgimento e le conclusioni del XV Congresso nazionale della Cgil rischiano seriamente di essere precostituite, monopolizzate e, quindi falsate. Ciò a causa del famigerato patto precongressuale tra i 12 segretari confederali capeggiati da Epifani per la corrente maggioritaria di destra, e da Patta per la corrente minoritaria "Lavoro e società", della mancata presentazione di un documento congressuale alternativo da parte della "Rete 28 aprile" di Cremaschi, e quindi della impostazione del congresso sulla base di un solo "documento unitario" votato anche da Rinaldini, e soprattutto come conseguenza di un regolamento congressuale che taglia fuori i delegati che votano contro il suddetto "documento unitario" dalla partecipazione ai congressi di livello superiore e dall'elezione dei comitati direttivi territoriali. La conclusione dei congressi di base, chiusi il 10 dicembre scorso, e i risultati resi noti con grave ritardo il 7 gennaio 2006 hanno dato, in questo senso, una conferma eclatante. Ma prima di aggiungere altro, vediamoli questi dati. La partecipazione e le votazioni Secondo la Commissione nazionale di garanzia al 31 dicembre 2004 gli iscritti alla Cgil risultavano essere 5.587.204 tra lavoratori e pensionati. Le assemblee di base svolte ammontano a 54.817 alle quali hanno partecipato, tra lavoratori attivi e pensionati, 1.605.701 iscritti. Mentre i votanti sono risultati un po' meno, 1.433.624. Questo l'esito delle votazioni registrato dalla stessa Commissione: 1.425.112 voti, pari all'84% dei votanti (non del complesso degli aventi diritto) sono andati al documento di Epifani appoggiato da Patta. In modo strano e scorretto non sono stati precisati i voti contrari e le astensioni che a rigor di logica, sommati tra loro, dovrebbero aggirarsi attorno al 16%. Un risultato questo molto significativo, se confermato in sede ufficiale, valutando le condizioni estremamente difficili in cui esso è maturato. Queste invece le votazioni sulle tesi alternative sui punti 8 e 9 delle tesi congressuali riguardanti rispettivamente la politica contrattuale e la democrazia sindacale. La tesi 8, primo firmatario Guglielmo Epifani, ha raccolto 1.179.896 voti (84,64% dei votanti); la tesi A, primo firmatario Gianni Rinaldini, ha raccolto 214.176 voti (15,36%). Inoltre, la tesi 9 patrocinata da Epifani ha preso 1.053.487 voti (75,43% dei votanti); la tesi 9A sostenuta da Giampaolo Patta, 140453 voti (10,06%); infine la tesi 9B, presentata da Rinaldini, ha raccolto 202.670, pari a 14,51% dei votanti. Dubbi e sospetti A una prima e superficiale lettura, questi dati potrebbero apparire chiari e inequivocabili. Invece hanno suscitato dubbi, quesiti, polemiche non solo per le limitazioni antidemocratiche sopracitate ma per varie stranezze che si sono verificate in corso d'opera. La prima riguarda il ritardo di quasi un mese non motivato, tra la chiusura dei congressi di base e la pubblicazione dei risultati relativi. Questo aspetto deve essere chiarito da chi di dovere in modo convincente per sgombrare il campo da ogni dubbio sulla correttezza dei risultati. Ci deve essere la certezza che non vi siano stati brogli. Accanto vi è un altro dato sospetto che deve essere adeguatamente spiegato e fugato dalla Commissione di garanzia del congresso che riguarda l'improvviso e inaspettato boom della partecipazione al voto nei congressi del Mezzogiorno e in quelli di categoria, coma la Filcams-Cgil, notoriamente frammentati e difficili da riunire. Non si spiega infatti, come mai nelle regioni del Sud, meno sindacalizzate rispetto al Centro e al Nord del Paese, le percentuali dei votanti siano risultate più alte e più a favore delle tesi di Epifani; tanto da abbassare la media nazionale almeno di 5 punti dei consensi alle tesi di Rinaldini. Ecco alcuni esempi: se in Piemonte, a fronte di 380 mila iscritti hanno votato 88 mila persone, in Calabria su 175 mila tesserati si sono espressi in 92 mila (in pratica la metà degli iscritti). In Sicilia hanno votato in 110 mila persone su 370 mila iscritti, mentre in Veneto solo 77 mila su un numero più alto di tessere (375 mila). Lo stesso scarto emerge se si mettono a confronto i risultati delle province del Sud con le altre. Dubbi e perplessità su questi dati sono stati espressi anche da Rinaldini e da Patta. Ambedue, sia pure per ragioni diverse, hanno chiesto la verifica delle votazioni e, nel caso del segretario della Fiom, un resoconto dettagliato per regioni e per categoria. Patta ha addirittura ingaggiato un avvocato per contestare le conclusioni del congresso della Fiom di Milano. L'accertamento puntuale e preciso dei fatti e la denuncia di eventuali irregolarità è importante anche perché le percentuali di consenso emerse nei congressi di base sulle tesi alternative nei capitoli 8 e 9, sopra riportate, non possono essere rimesse in discussione nei successivi congressi; non essendo più prevista la votazione su di esse. Una gestione faziosa C'è stata insomma una evidente mancanza di democrazia nello svolgimento nella prima parte del congresso essenzialmente per una ragione d'impostazione generale del congresso, blindata in partenza. Ma vi è stata anche una gestione faziosa delle assemblee di base, quasi tutta nelle mani dei sostenitori di Epifani, i quali si ben guardati dall'illustrare correttamente le tesi alternative di Rinaldini e ancor di più hanno fatto muro contro il dissenso di sinistra. Lo stesso è avvenuto nella formulazione delle liste dei candidati per i congressi superiori e per i direttivi. In molti casi lo svolgimento dei congressi è stata una pura formalità con le conclusioni già precostituite a tavolino. Non per caso si sono moltiplicate le denunce di violazione dello stesso regolamento congressuale e di irregolarità procedurali. Tutto ciò non ha favorito una vera partecipazione dei lavoratori e lo sviluppo di un vero dibattito su come affrontare gli anni a venire su come definire la linea della Cgil. Nonostante questo, un 16% dei votanti non si è piegato al diktat contenuto nel regolamento congressuale e ha negato lo stesso il consenso ad Epifani. Da sottolineare inoltre il risultato negativo del leader di "Lavoro e società" Patta, che ha visto ridurre le percentuali di voto della metà, rispetto al precedente congresso, dal 20 al 10%. Costui, essendosi spostato sulle posizioni di Epifani e della destra della Cgil era prevedibile che perdesse i consensi di una parte consistente della sinistra sindacale. Quest'ultima in parte (16% dei votanti) si è riunita attorno alle tesi di Rinaldini, pur votando complessivamente il "documento unitario. Mentre un'altra parte (16% dei votanti), tra cui le nostre compagne e i nostri compagni impegnati nei congressi, ha mantenuto una posizione di dissenso più netto e coerente verso la proposta riformista e concertativa del segretario generale uscente della Cgil. 18 gennaio 2006 |