Il rimpasto e la composizione della giunta capitolina dividono i capibastone del PDL Sommerso da scandali e parentopoli Alemanno rifà la giunta di Roma Travolto dagli scandali su "parentopoli" e "fascistopoli" (centinaia di amici, generi, nipoti, figli, mogli, ex cubiste e soprattutto vecchi camerati assunti nelle aziende municipalizzate Ama e Atac a chiamata diretta e senza concorso), lacerato dalla guerra per bande esplosa all'interno del PDL in seguito alla rottura con i finiani, relegato agli ultimi posti nella classifica di gradimento degli amministratori locali pubblicata di recente da Il Sole 24 Ore, tra il 10 e il 14 gennaio il sindaco ex fascista di Roma, Gianni Alemanno, dopo neanche tre anni, non solo è stato costretto a operare un sostanzioso rimpasto di governo della città e a varare in tutta fretta una nuova giunta ma, pur di conservare la poltrona in Campidoglio e salvare se stesso da una difficile situazione, l'ex mazziere di Almirante e genero di Pino Rauti ha accettato i diktat e i ricatti dei capicosca del PDL che hanno preteso la testa di cinque assessori, "capri espiatori" del fallimento della giunta in camicia nera, fra cui l'ex missino e ora finiano di ferro Umberto Croppi cacciato dall'assessorato alla Cultura su ordine diretto del neoduce Berlusconi. Eloquenti a tal proposito le parole di Alemanno che ha così "giustificato" l'esclusione di Croppi dalla giunta: "La sua non conferma alla Cultura" ha detto "è legata ai numeri e al peso in consiglio comunale". E alla domanda se fosse, a questo punto, più importante il peso politico rispetto alle competenze, Alemanno ha aggiunto: "Non è in discussione la competenza ma i numeri contano, in democrazia è così". Il travaglio di consultazioni per il varo della nuova giunta è durato 5 giorni (prima in via dell'Umiltà presso l'ex sede di Forza Italia coi vertici nazionali e territoriali del partito e poi in Campidoglio con i capigruppo di Camera e Senato Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri). A tenere banco sono stati i veti incrociati, gli accordi sotto banco, gli intrighi, i doppi giochi, i tradimenti, gli incontri notturni e soprattutto un volgare mercimonio di consiglieri contesi dalle varie fazioni che compongono la maggioranza in camicia nera al Campidoglio. Tant'è vero che alla fine non c'è stato, come auspicava Alemanno, nessun allargamento della maggioranza a UDC e alla Destra di Storace, nessun aumento del numero di assessori (che da 11 avrebbero potuto arrivare a 15, come previsto, secondo lo stesso Alemanno, "con l'approvazione del secondo decreto su Roma capitale") e non c'è stato nessun coinvolgimento di personalità di spicco, tipo Guido Bertolaso o Francesco Giro, che invece Berlusconi tiene pronti sulla rampa di lancio per la poltrona di sindaco in caso di elezioni anticipate. Fra i nomi che compongono la nuova giunta Alemanno ci sono cinque novità e sette conferme: al Bilancio, al posto di Maurizio Leo, arriva il "tecnico" Carmine Lamanda, ex dirigente della Banca d'Italia e di Capitalia e ora Unicredit. Alla Cultura Croppi, ex missino e grande artefice della scalata di Alemanno in Campidoglio, è sostituito dall'attuale delegato al Centro storico, Dino Gasperini, transfugo dell'UDC, che avrà anche la delega al Centro Storico e Politiche culturali. Lasciano la giunta anche Fabio De Lillo, che cede l'Ambiente a Marco Visconti, Sergio Marchi, sostituito ai Trasporti e Mobilità da Antonello Aurigemma, e Laura Marsilio, che passa il testimone a un altro "tecnico", Gianluigi De Palo, presidente delle Acli romane, che avrà la delega alla Famiglia e Scuola. A Sveva Belviso, inizialmente destinata al posto della Marsilio, resta la delega ai Servizi sociali. Visconti e Aurigemma fanno parte del cosiddetto gruppo dissidente "Laboratorio Roma". Per il resto la squadra in camicia nera di Alemanno non cambia e conferma: Marco Corsini (Urbanistica), Fabrizio Ghera (Lavori pubblici e Periferie), Davide Bordoni (Commercio e Attività produttive), Alfredo Antoniozzi (Casa e patrimonio), Enrico Cavallari (Personale) e il vicesindaco Mauro Cutrufo, che continuerà ad occuparsi del Turismo. Il varo della nuova giunta non ha però chiuso il valzer delle poltrone in Campidoglio né il fuoco delle polemiche che continua tutt'oggi con il toto-deleghe. Per cui: Alessandro Cochi dovrebbe mantenere la delega allo Sport visto che, almeno per il momento, è svanito il "sogno" di un assessorato specifico. Anche per Giorgio Ciardi nessuna novità: l'ha spuntata su Dario Rossin de La Destra e terrà la Sicurezza. Capitolo a parte per la delega alla Comunicazione che è stata scorporata dall'assessorato alla Cultura acquisito da Dino Gasperini: il compito di essere interfaccia con l'esterno tanto per i grandi eventi quanto per il portale internet e per tutte le informazioni relative a Roma capitale potrebbe andare al portavoce del sindaco Simone Turbolente oppure rimanere al sindaco stesso. Potrebbe restare vacante anche quella al Tevere che Francesco De Micheli pare voglia abbandonare, mentre Gasperini si è portato con sé nel nuovo ufficio di assessore quella del Centro Storico. Rimangono le due deleghe lasciate vacanti da Marco Visconti e da Antonello Aurigemma e cioè quella alla casa e quella al piano parcheggi. Quest'ultima, sarebbe stata proposta a Fabio De Lillo, escluso dalla giunta ma che non avrebbe intenzione di accettare la "bocciatura". Insomma, più che di un "rimpasto" per "dare avvio alla fase due" e "accelerare sul programma", si è trattato di un vero e proprio regolamento di conti fra i boss che guidano le varie fazioni del PDL. Non a caso, appena annunciata la nuova squadra di governo, sono letteralmente cominciati a volare gli stracci. La Destra di Storace ha tappezzato Roma di manifesti che raffigurano un Alemanno-burattino a cui il sindaco ha replicato secco: "Storace ha la bava alla bocca". Emblematica la protesta dell'ex assessore Croppi secondo cui: "Alemanno ha dovuto accettare un compromesso al ribasso". Anche se il rapporto di amicizia con il sindaco "non è mai venuto meno tranne in alcuni momenti in cui la sua fiducia nei miei confronti ha vacillato tornando come prima nel momento in cui ho manifestato pubblicamente la mia volontà di passare a FLI". Il senatore del PDL Stefano De Lillo, fratello di Fabio cacciato dall'assessorato all'Ambiente, in una conferenza stampa è sbottato: "Mio fratello Fabio è stato eliminato dal fuoco amico... Sono nauseato, amareggiato... Avevo due candidati alla Regione, ma sono stati eliminati dalle liste per le ultime elezioni. Avevo un candidato primo degli eletti da tre consigliature e lo stanno eliminando dopo che già si era dimesso da consigliere per fare l'assessore. Non so se potrò fare ancora politica: dovrò chiederlo al fuoco amico che mi sta sbarrando la strada". Infine, secondo il coordinatore del Lazio di FLI Antonio Buonfiglio: "Dire - come ha fatto Alemanno - che un assessore di merito non viene riconfermato solo per i numeri politici mette in evidenza il deficit morale di una amministrazione pubblica. Insomma è stata fatta fuori gente che aveva i numeri per mettere dentro chi non ne ha". 19 gennaio 2011 |