Il nuovo faraone dell'Egitto dà all'esercito poteri eccezionali contro la piazza Il 28 gennaio la Camera alta egiziana, che con l'entrata in vigore della Costituzione ha assunto i pieni poteri legislativi, ha approvato un decreto presidenziale che assegna all'esercito poteri eccezionali contro le manifestazioni di piazza. Il presidente Morsi, il nuovo faraone dell'Egitto, a fronte del moltiplicarsi delle manifestazioni di protesta contro il suo governo affida ai militari il compito di stroncare le manifestazioni col pugno di ferro, salvo ricorrere all'invito al dialogo alle opposizioni una volta verificato che le proteste non erano affatto diminuite. Già nel giugno dello scorso anno Morsi aveva dato all'esercito pieni poteri di polizia, all'indomani della cancellazione della legge di emergenza promulgata dal regime di Mubarak e che era rimasta in vigore per trenta anni. La legge era stata abrogata dalla Corte costituzionale dopo dure proteste di piazza delle opposizioni laiche, liberali e socialiste organizzate nel Fronte di salvezza nazionale. Ripristinata temporaneamente nel dicembre scorso alla vigilia del referendum che approvava la nuova costituzione, contestato dalla opposizioni è di nuovo rilanciata dal presidente con la motivazione che si renderebbe necessaria per permettere al ministero dell'Interno di "usare la forza necessaria contro chi attacca la sicurezza del popolo, chi usa armi, blocca le strade, lancia pietre". Contro la piazza che lo contesta. Le manifestazioni erano ripartite il 25 gennaio per le celebrazioni di quelle che il 25 gennaio del 2011 avevano dato il via alla vittoriosa rivolta che ha portato alla caduta del regime di Mubarak. Allora centinaia di migliaia di manifestanti occuparono per 18 giorni consecutivi piazza Tahrir, nel centro del Cairo, che divenne il cuore della rivolta. Questo 25 gennaio le piazze dell'Egitto sono state di nuovo riempite dalle opposizioni. A Suez migliaia di manifestanti partiti da piazza Arbaeen hanno raggiunto la sede centrale del governatorato e lanciato pietre gridando "Pane, libertà e giustizia sociale", "I Fratelli musulmani (il partito del presidente Morsi, ndr) hanno rinunciato, la rivoluzione continua". A Alessandria i manifestanti hanno assaltato il tribunale e alcune sedi della polizia. Al Cairo il corteo organizzato dal Fronte di salvezza nazionale, i cui principali leader sono il liberale Baradei, il nasserista Sabbahi e l'ex diplomatico Amr Moussa, è sfilato per le strade accusando Morsi di agire in continuità con le politiche dell'ex dittatore Mubarak. Le organizzazioni dell'opposizione chiedono la formazione di un governo di unità nazionale, l'assunzione di responsabilità da parte del presidente Morsi per la repressione poliziesca e la formazione di un comitato per la revisione della Costituzione. In molti casi la polizia interveniva per stroncare la protesta; negli scontri si registravano almeno 4 morti e oltre 250 feriti. Morsi dava all'esercito poteri eccezionali contro le manifestazioni di piazza ma proteste e scontri continuavano nei giorni successivi. Il 30 gennaio il presidente egiziano in visita a Berlino affermava che "l'Egitto sarà uno stato di diritto, né militare né teocratico" e garantiva che i poteri straordinari conferiti all'esercito erano "limitati e temporanei". L'1 febbraio i manifestanti erano di nuovo a assediare il palazzo presidenziale al Cairo, tentavano di scavalcare le mura che proteggono il palazzo e si scontravano con la polizia. 6 febbraio 2013 |