17 morti, 11 dispersi, 350 feriti e 8.000 sfollati Nuovo terremoto in Emilia-Romagna e nuova strage di operai Almeno questa volta potevano essere evitati A soli 9 giorni dal precedente sisma, il 29 maggio la terra è tornata a tremare in Emilia-Romagna seminando ancora morte, distruzione, terrore soprattutto fra gli operai che erano tornati a lavoro. Sono già 17 i morti accertati, almeno undici i dispersi, trecentocinquanta i feriti e ottomila gli sfollati, che aggiunti ai precedenti 6.000 fanno salire a 14.000 mila i senzatetto. La fortissima scossa di magnitudo 5.8 ha colpito in particolare il modenese, nei comuni di Medolla, tra Parma e Ferrara, Mirandola e Cavezzo, ma è stata avvertita in tutto il Centro-Nord d'Italia, dalla Lombardia al Veneto, alla Toscana. La terra ha tremato a Modena, Ravenna, Bologna, Milano, Mantova, Torino, Padova e Treviso e anche in Valle d'Aosta e Trentino-Alto Adige e persino in Austria. Alla scossa principale ne sono seguite altre di cui due particolarmente forti intorno alle ore 13, di magnitudo 5.1-5.3. Non si tratta, avvertono gli esperti, di semplici scosse di assestamento, ma di un vero e proprio nuovo terremoto, indipendente da quello che si è verificato il 20 maggio sempre in Emilia. È come se la situazione si fosse azzerata e ripartita da capo con la rottura di una nuova faglia. Intanto sale a 16 il bilancio provvisorio dei morti accertati, con tre vittime a Medolla, cinque a Mirandola, tre a San Felice, tre a Cavezzo, una a Rovereto e una a San Possidonio. Delle sedici nuove vittime dieci sono morte mentre stavano lavorando, uccise dal crollo dei capannoni che erano stati dichiarati agibili nonostante lo sciame sismico derivato dal terremoto del 20 maggio. Un ingegnere e due operai sono morti nel crollo dell'industria metalmeccanica Meta a San Felice sul Panaro. Anche a Medolla sono morti tre operai, che stavano lavorando nella Haemotronic, azienda del biomedicale, e tre sono i morti alla Bbg di San Giacomo Roncole, mentre una donna è rimasta uccisa sotto le macerie del mobilificio Malavasi di Cavezzo dove lavorava. Qui il capannone si è piegato su se stesso, dopo che la terra ha tremato per 15 secondi. È stata poi confermata la morte del parroco di Rovereto sulla Secchia. Una delle vittime, infine, risulta essere un lavoratore di origine cinese. Giù case, capannoni industriali, edifici pubblici. Nella zona epicentro del sisma l'80% delle fabbriche o sono crollate o sono inagibili. Stessa sorte per il patrimonio artistico e culturale. Crolli significativi si sono registrati a Mantova e provincia e persino a Padova e Venezia. Saltati i collegamenti telefonici dei centralini e dei cellulari. Evacuati scuole e edifici pubblici anche a Milano, Firenze, Reggio Emilia, Bologna, Torino, Aosta. Paura e disperazione fra le popolazioni colpite che oltre al lutto per le vittime subiscono il dolore di veder allontanarsi il ritorno alle proprie case e alla propria vita letteralmente sconvolta dal terremoto. A ciò si aggiungono i disagi provocati da una macchina dei soccorsi che stenta a dispiegarsi a causa dei mezzi e del personale insufficiente, con migliaia e migliaia di persone costrette a dormire in macchina e ad arrangiarsi da sole. È questo il risultato del progressivo e continuo smantellamento della protezione civile mirato alla prevenzione delle catastrofi e alla salvaguardia del territorio. Ancora una volta solo la generosità dei volontari accorsi sul posto riesce a sopperire ai bisogni più elementari e immediati delle popolazioni. Ma per quanto riguarda le politiche e gli investimenti per monitorare le condizioni dell'ambiente, per mettere in sicurezza gli edifici pubblici e quelli privati, per informare e formare la popolazione, per programmare gli interventi e la ricerca, per potenziare mezzi e attrezzature destinate al soccorso e alla protezione della popolazione, si può dire che siamo ancora all'anno zero persino nella culla del "buon governo" della "sinistra" borghese come l'Emilia-Romagna. Colpisce in particolare come possano essere stati sbriciolati capannoni industriali di recente e recentissima costruzione destinati a ospitare decine e decine di operai e lavoratori. Eppure il sisma, seppur forte, non ha raggiunto livelli che gli esperti giudicano catastrofici. Niente, insomma, che un'attenta politica di prevenzione non potesse evitare. E poi perché si è permesso che riaprissero le fabbriche e le aziende pur sapendo che i rischi di nuove scosse erano ancora molto elevati? Almeno questa ennesima strage di operai poteva essere evitata. Di fronte a questo ennesimo disastro, che oltre tutto rischia di lasciare senza occupazione migliaia e migliaia di lavoratori e gettare nella miseria le loro famiglie, appaiono scandalosamente insufficienti le misure assunte dal governo del tecnocrate liberista borghese Monti nel consiglio dei ministri di martedì 22 maggio che si è limitato a stanziare appena 50 milioni di euro per i soccorsi e forse a prorogare le scadenze fiscali. E mentre scriviamo ancora il governo non ha assunto nessun nuovo provvedimento per andare incontro a questa nuova tragedia. Una lentezza e un agghiacciante e inspiegabile immobilismo che ferisce quanto e forse più della forza devastante della natura le martoriate popolazioni dell'Emilia-Romagna che hanno almeno il diritto nell'immediato di essere curate e soccorse adeguatamente e di avere una speranza per il proprio futuro. 30 maggio 2012 |