Il capo della Casa Bianca sulle orme del predecessore Bush Gigantesca offensiva dei marines di Obama contro la resistenza afghana Auto kamikaze contro un blindato italiano La Russa: "pronti a partire 400 soldati ed elicotteri" In campagna elettorale Barack Obama aveva promesso di concentrare l'attenzione dell'imperialismo americano sulla soluzione della questione afghana per garantire una stabilità finora solo illusoria al governo fantoccio installato a Kabul dal suo predecessore Bush. Una promessa mantenuta proprio seguendo le orme di Bush col rafforzamanto del contingente di occupazione in Afghanistan e col lancio di una gigantesca offensiva contro la resistenza afghana. All'appuntamento delle elezioni afghane previste per la fine di agosto, Obama vorrebbe arrivare col pieno controllo di una parte consistente del paese, per poterle tenere non solo nelle principali città e tentare di mascherare quella che nelle condizioni attuali sarebbe ancora di più una farsa elettorale. L'azione è scattata nella notte dell'1 luglio nel distretto di Garsmir, nella provincia meridionale dell'Helmand, la più estesa del paese, dove i soldati americani cercano di strappare il controllo di una zona strategica finora in mano alla resistenza, eccetto la capitale Lashkargah; una operazione che gli stessi ufficiali Usa hanno descritto come la più grande operazione aerotrasportata mai compiuta dai marines dopo la guerra nel Vietnam. E che ci auguriamo finisca nello stesso modo, con una bruciante sconfitta dell'imperialismo americano. All'attacco, che ha il nome in codice di "Khanjar" (colpo di spada), partecipano quasi 4.000 fra marines e altri militari Usa assieme a circa 650 soldati e agenti di polizia afgani e almeno 800 soldati britannici, appoggiati da una cinquantina di aerei, dai velivoli senza pilota e da un numero imprecisato di elicotteri impiegati soprattutto nelle prime fasi col compito di sbarcare velocemente i soldati in varie zone con blitz per sorprendere le forze della resistenza, distruggerle e occupare in forze le postazioni conquistate. "Dove andremo, resteremo", ha annunciato il responsabile della brigata "Afghanistan" dei marines, sottolineando che questa volta non sarà come alla fine del 2006 quando dopo una analoga offensiva le truppe inglesi avevano conquistato il distretto di Musa Qala ma dopo pochi mesi erano state costrette a ritirarsi a causa degli attacchi quotidiani della resistenza. Negli ultimi due mesi Obama ha inviato nella provincia dell'Helmand oltre 8.000 marines, il maggiore dispiegamento di forze nell'ambito dell'annunciato aumento delle truppe Usa dai 32 mila soldati presenti a inizio 2009 fino ai 68 mila previsti per la fine dell'anno, quale mossa preparativa dell'offensiva che nella prima fase è diretta alla conquista delle città di Nawa, Garsmir e Khan Neshin. Dai primi resoconti dell'attacco, le consuete veline dei comandi militari americani, risulta che i guerriglieri talebani si sarebbero ritirati senza ingaggiare battaglie frontali contro un esercito senza dubbio superiore in mezzi. Appena iniziato l'attacco ordinato da Obama un portavoce della resistenza ha dichiarato che "gli Stati Uniti hanno fretta di riprendere il controllo di Helmand prima delle elezioni, mentre i talebani sono pronti a combattere fino alla liberazione del loro paese. Quindi non affronteranno i marines frontalmente, ma si ritireranno, daranno loro il tempo di occupare i distretti contesi e poi inizieranno ad attaccarli secondo le più classiche tattiche di guerriglia: imboscate, attentati, eccetera. Tempo fa un comandante talebano mi ha detto: gli americani hanno l'orologio, ma noi abbiamo il tempo". L'offensiva nella provincia dell'Helmand è accompagnata da una analoga operazione condotta congiuntamente con gli alleati pachistani nella regione di confine del Waziristan, uno dei distretti del Pakistan, dove la resistenza afghana ha delle sue basi. Il 2 luglio un raid aereo statunitense nella zona avrebbe ucciso almeno 15 "militanti" della resistenza, anche se quelli che sui bollettini dei generali americani sono definiti membri della resistenza, spesso sono vittime civili. L'offensiva è appoggiata inoltre da azioni di supporto in altre zone del paese sotto la competenza degli alleati imperialisti, fra i quali l'Italia. Il 3 luglio alcune centinaia di soldati della Folgore hanno compiuto un blitz nella valle di Musahi, vicino Kabul. La partecipazione sempre più attiva del contingente di italiano all'occupazione del paese è confermato anche dai sempre più numerosi attacchi subiti da parte della resistenza. Non ultimo quello del 3 luglio quando una macchina è esplosa al passaggio di un blindato della Folgore sulla strada tra Farah e Shindand, a circa 200 km a sud di Herat. Due soldati sono rimasti feriti. Nell'annunciare l'attacco suicida il ministro della Difesa Ignazio La Russa ha anche ribadito che il contingente di occupazione italiano potrebbe essere aumentato oltre quanto previsto. In vista delle elezioni del 20 agosto dovrebbero arrivare a Kabul altri 500 militari, i primi 400 sono già pronti a partire assieme a due aerei da trasporto C-27J e tre elicotteri AB-212, ufficialmente destinati a operazioni di soccorso medico. Attualmente l'Italia è il quarto contribuente della missione imperialista Isaf, dopo gli Usa che hanno quasi 30 mila militari schierati, la Gran Bretagna con 8.300 e la Germania con 3.380. Con gli ultimi rinforzi il contingente italiano raggiungerà le 3.200 unità, che probabilmente resteranno anche dopo le elezioni, sempre disponibili a intervenire in qualunque zona dell'Afghanistan lo richiedano i comandi Nato e Usa. 8 luglio 2009 |